(dedicato a Clelia del lenzuolo)

Che LIBeccio sia furia e tempesta nessuno nega.
Ma chi lo vide toccare la ROsa e saggiarne la tenera carne e giocarne il profumo… sa il suo desiderio di stare.
Fu, il fiore, un invito alla quiete.
La fatica di coste e deserti disciolta in grembo alla rosa (sussurrofremitobrivido?)
L’aperto nel chiuso, fra petalo e petalo carezza sinuosa che sfoglia, che segna, che scrive.
E in questo sostare/sfiorare fu il LIBRO.