….ciaoooo :)
25 mercoledì Ago 2004
Posted Uncategorized
in25 mercoledì Ago 2004
Posted Uncategorized
in….ciaoooo :)
23 lunedì Ago 2004
Posted Uncategorized
inI terrazzi fra muri non danno per scontati i prestiti di sole.
No.
Si accendono anche di cieli incerti, belli di attesa, ma, quando la luce arriva e si apre come una pesca, …. allora è la festa. I terrazzi fra muri la fermano, la stampano sulle pietre e ne accudiscono il tepore.
I terrazzi fra murisi affezionano alle cose.
Tengono i segni, per tanto tempo: macchia d’umido o zampine di cyssus, non importa.
Lo sa l’edera, che ha radici nell’aria e tenta, sarmentosa, un’improbabile fuga.
Torni pure il grigio, torni pure il freddo: la luce in conserva sarà cristallo, nel tempo.
I terrazzi fra muri abbracciano la pigrizia di certi risvegli d’estate, la domenica,quando il tempo fa come il lumino: resta lì, impaludato nella cera sciolta, a girare su se stesso.
I terrazzi fra muri accolgono colazioni e passaggi: pensieri spalmati col burro, sul pane, risatine quiete e assaggi d’uva fragola e melagrana.
I terrazzi fra muri s’incantano delle voci e dei ricordi: li nascondono fra le fessure.
Chi parte si accorge che dovrà tornare, per riprenderseli.
Sta mica bene lasciare parole e memorie in giro, come corallini scappati dal filo…
Neh?
14 sabato Ago 2004
Posted accompagnamenti, Uncategorized
inAmo questa poesia di Walcott.
La amo tanto, perché disegna un tratteggio rosso fra necessità e ineluttabilità.
Dice come si può essere scelti dalle cose, dagli affetti, dalle passioni.
Dice come si può essere raggiunti dalla vita e, di colpo, leggerne la richiesta che dà voce a un bisogno.
Dice come si può essere raggiunti dalla poesia, ad esempio, che, palafitta o cuneo, si inchioda dentro.
E mi viene da pensare che davvero ciò che prende e cattura non galleggia lieve sui giorni, non è occasionale schiuma, ma va al fondo, ad occupare bisogni cavi.
Davvero il tempo non toglie il “bisogno d’ingombri”, né il bisogno di sentire.
Regalo grande, l’ingombro.
Regalo grande, il sentire.
Concludendo
Vivo sull’acqua,
solo. Senza moglie o figli.
Ho aggirata ogni possibilità
per approdare a questo:
una casa bassa presso l’acqua grigia,
con finestre sempre aperte
sul vieto mare. Certe cose non si scelgono;
noi, siamo quel che abbiamo fatto.
Soffriamo, gli anni passano,
ci liberiamo di tante zavorre, ma non del bisogno
d’ingombri. L’amore è una pietra
che si è posata sul fondo del mare
sotto l’acqua grigia. Ora, non chiedo niente
alla poesia, se non vero sentire,
non pietà, non fama, non sollievo. Sposa silenziosa,
possiamo sederci a fissare l’acqua grigia,
e nella vita che tracima
mediocrità e rifiuti
vivere come roccia.
Dimenticherò il sentire,
disimparerò il mio dono. E’ più grande
e arduo questo, di quanto là passa per vita.
(Derek Walcott, Prima luce, Adelphi,2001)
07 sabato Ago 2004
Posted pareti
inEppure c’erano giornate lunghe, senza capo né coda, col tempo che non lasciava un segno, solo quello struggimento che viene verso sera, quando pare di non aver niente da trattenere, neanche per dire “domani invece…”
C’è che il tempo ha bisogno di sussulti per essere ricordato, sassi a tradimento per il salto dal prima al poi: basta il poco di una cavalletta appollaiata sull’armadio, insensibile alla scopa, o la ricerca del grillo che ipnotizza, chissà in quale angolo della casa, chissà…
I giorni lisci, invece, non hanno nulla, neppure un crespo che faccia inciampare: sono insaponati e opachi.
I giorni lisci facevano paura, anche allora…li avvertivi nell’aria, quando la telefonata di chi era lontano non arrivava, quando il budino sanmartino (gusto vaniglia) appariva per quel che era e non bastavano i quadretti bianchi e rossi della tovaglia a fare famiglia.
Allora la Rosa miamamma tirava fuori i tesori.
C’era un cassetto largo.
Gerarchie di scatoline di latta, impilate.
Molti bagliori di vecchie catenine e anelli orfani di pietra e orecchini scompagnati.
Nel cassetto dormiva il rito della prova.
Al centro del letto, insieme.
Bisognava crederci.
E indossare, paziente nel gioco del passamano e degli stupori, geografia della provenienza, storia delle storie…
“Mettilo, il pendente con la perla piatta, col vellutino nero, che è della nonna d’Este. Dai mettilo, che ‘ciài’ la faccia di una volta, te,… ti sta bene sai …E varda le clipes con gli zirconi, che quando sarai grande, te le metti su una cintura..”
Lo odiavo, io, il pendente e anche le clipes, ma aveva un modo la Rosa miamamma che a dirle ‘no’ pareva di romperle i sogni.
Poggiavo il collarino sulla pelle chiara, e pure il giro di ingranate, e passavo e ripassavo gli anelli per le dita e dicevo …sì…sì…bello bello.
E la Rosa miamamma aveva guizzi negli occhi a guardare e carezzare le sue cose, quasi a pregustare quella che sarebbe arrivata ultima, per il gioco dei desideri.
Una specie di guscio bianco: dentro, due grosse pietre senza colore, due pietre di luce, senza montatura…
“Valgono tanto queste”
“Come una casa?”-diceva il bambino.
“Anche come due case”- la Rosa mia mamma si allungava un poco di più sul letto.
“Ma chi è che lo dice?”- tentavo io, perché la parte della cattiva qualcuno la deve pur fare.
“Si sentono queste cose, si sentono. E poi son vecchie e una volta mica facevano le pietre finte…”
“Allora siamo ricchi”- insisteva il bambino.
“Ah sì sì… se le vendiamo, siam ricchi… Mettiamo su il termosifone, però è bello l’odore della legna, non ce n’è un altro… Magari compriamo la cucina svedese, ma son così fredde le cucine svedesi… Meglio un tappeto… veh così poi la zia Leda ci inciampa…”
In pochi minuti sfilavano davanti agli occhi tutte le magie del possibile, come lampi di cose raggiungibili e poi rifiutate, senza fatica.
Si usciva appagati dal gioco dei desideri, dopo essere entrati in negozi con grandi specchi, in case calde senza stufe, piene di tappeti azzurri.
Si riponeva il guscio con le pietre di luce, per una felicità da spendere un’altra volta, da ritardare, come una pesca un poco dura, ma che sarà dolce domani, matura di attesa.