I ritorni si portano dietro l’odore di un luogo, come le maglie infittite.
Mela e cannella scaldano l’aria, nella crosta che sa di forno, e il colore diventa dolcezza (o dolzura). E resina, anche, e legno, che immagini verde sul fuoco, a tossire di schiuma.
I ritorni si portano dietro i profili, chè le cose si percorrono ai bordi (confine o deriva?): rocce, volti, non fa differenza. Si conosce, si ruba, per spigoli e sbiechi.
Torna il sogno di cucire il mondo in sagome di matita, su quaderni segreti.
I ritorni si portano dietro la musica della fisarmonica che è paese, ovunque.
E latte materno.
(Battono le mani, battono battono e indovinano facile il tempo. Poi si nascondono in tasca: bastano gli occhi alla musica e il colore sul viso…)
I ritorni si portano dietro una nuvola.
Si slarga, si slabbra, si slenta, si stringe, si stinge… Bianca.
Come un addio.