Le tremule foglie dei pioppi/ trascorre una gioia leggera.
Conosco questa gioia.
In giorni d’assedio.
Non abito lontano da una barriera di pioppi cipressini, bordo di un giardino per bambini e di un argine d’incipiente calvizie.
Qui ho imparato che la gioia leggera dei pioppi ha un solo nome: piumini.

Levatrice il vento, mezzo di trasporto l’aria tiepida, i piumini raccontano di un altrove che sa di alto, di caduta siderale da un silenzio di cotone.
Nessuno li ha visti nascere.

Planati a sparpaglio, diventano un’attonita peluria fra i tentativi rosa della tamerice.
Lungo la strada s’intalpano in interstizi terra di nessuno: l’orlo infossato fra l’asfalto e il marciapiede.
Ho ben da rincorrerli in casa: rotolano galleggiano rotolano galleggiano e vanno a trovare nicchie, cavità irraggiungibili sotto i mobili.

Per questo mi son fatta un’idea.
Chi può dire che la loro traiettoria non abbia una direzione…
I piumini forse seguono una logica amorosa: vanno a colmare i vuoti d’esistenza delle cose.
Volatili, delicate presenze.
Risatine di pioppo.