• Pesci di nebbia

colfavoredellenebbie

~ I racconti non finiti, le schegge di parole, le arie che si fischiano, le conte e gli scongiuri, che non hanno padri né nomi, sono pesci di nebbia dolce: nuotano e svaniscono.

colfavoredellenebbie

Archivi Mensili: settembre 2005

Tortelli&Differimenti

25 domenica Set 2005

Posted by colfavoredellenebbie in passaggi

≈ 86 commenti

(divagazioni agro-alimentari)

Sono passata da mia madre.

Mia madre ha il suo modo di annunciarsi coi profumi di cibo buono lungo le scale.
Si incontrano condomini dall’area beata quando cucina la peperonata: l’agrodolce rende ipnoticamente gentili, azzera l’aggressività. Si diventa solo palato e desiderio.
E, quando lo stracotto è intento a sobbollire, capisci che il paradiso, se non ha chiodi di garofano sposati col barolo, sicuramente è esperienza poco mistica e, pertanto, trascurabile.

Mia madre stamattina era intenta in uno dei suoi riti: stava chiudendo i tortelli di zucca, con la regola assoluta di non aprire porte e finestre per non far seccare i quadratini di pasta in attesa del mucchietto arancio che odora di noce moscata, di grana crosta nera e amaretto.
Non aveva tempo per me: giusto se chiudevo qualche formella gialla a triangolo e la facevo girare con grazia, sollevandole la coda e stringendola appena ad anello (il nido di tela bianca già approntato nel cesto di vimini, in attesa della pentola)…

Uscendo, mi veniva da sorridere perché pensavo che nel cibo si legge sempre qualcosa, aldilà della lettera, aldilà della cura da cui nasce.
La pasta, per dire… Nell’immaginario è un piatto fumante di spaghetti, che trasuda sugo e piacere, ma, qui da noi, non è sempre così sfacciata, solo talvolta fa sfoggi di superficie, col ragù che trionfa e s’accende di rosso.
No.
Il meglio sta dentro, per pudore o malizia, chissà…
Cova sotto croste brunite e croccanti di forno, si nasconde, l’infame, nel ripieno di sfoglie sottili sottili e pallide, rigonfie, lucide solo di burro fuso o biancoruvide di parmigiano, ammorbidite da rapidi passaggi d’acqua.

Viene da pensare che sei dentro un gioco: la pelle di sfoglia che copre, trattiene, rallenta e promette promette…
Come se dicesse … fra un po’… fra un po’…  il piacere fra un po’.

La pasta ha capito tutto.
Si chiude, intalpa, nasconde, forse come le storie che gorgogliano sotto la vita e spostano agnizioni, svelamenti, saperi più in là, più in là…
Per tenerne (o allungarne) il sapore. A plus tard.

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Freddo&Sugoli

19 lunedì Set 2005

Posted by colfavoredellenebbie in passaggi

≈ 44 commenti

I freddi non sono tutti uguali.

Ad andare in bicicletta si riconoscono bene, nelle gambe nude.
C’è quello del mattino di settembre che formicola nell’aria: cerca  la pelle, per il gusto di sentirla fresca, ma basta il riparo di una strada  a imbuto fra le  case. Si stempera ed è ancora sole.

Poi ad ottobre c’è quello frizzantino che conosce le rotte del vento: batte insinuante a media altezza, giusto per infilarsi nelle maniche. Prende in giro i bottoni (che non difendono) e li umilia. Si ferma sulla schiena, come una placca d’argento. O una mano d’acqua di Po.

Ma quando sale dal basso, a novembre, e sembra un fiato di terra e di buio, allora il freddo punge gli occhi e porta li putini, lacrime bambine, amiche di magoni (mai risolti in pianto) e raffreddori, trucioli di lucciconi che non scendono, non scorrono, ma si arricciano ai bordi. Vetrini frantumati a orlare gli occhi.

Per un gioco di anticipi e rivalse, oggi è tempo di putini. Un novembre sospinto indietro dal calendario.

In casa, dopo una giornata di porte e finestre in dialogo sonoro (“prima sbatto io, poi sbatti tu“, “no, insieme insieme“), con un cielo tisico prostrato nelle pozzanghere, si saluta il freddo con l’uva americana.
Il succo scoppia dai grani, a bollire nella pentola grande. Nell’odore rumore ti senti bambina col nastro di traverso e l’emozione che scende per le guance. Il tuo compito è ascoltare la pentola: guai alzare il coperchio. C’è da sentire la voce dell’uva che picchia picchia contro le pareti di rame. Bussa e poi si affeziona alle mani che schiacciano le graspe.

E’ bello il mosto rosso: è l’anima calda dell’uva.
S’incarnerà o si farà sublime?
Accoglierà la farina e lo zucchero per cuocere piano? Sarà dunque un sugolo di breve vita, dolce scacciamali, scacciapensieri, scacciadolori solo per stasera?
O si innamorerà del fuoco di un lumino, resterà ore e ore a stringersi nel rame per essere saba che aspetta la neve, vincotto che sa di secco e di umido, di radice e di corteccia, giulebbe capace di perdurare?

Chi vuol esser lieto sia.
Il sugolo scotta, stasera, nelle ciotole blu.

Modiche quantità

15 giovedì Set 2005

Posted by colfavoredellenebbie in Uncategorized

≈ 42 commenti

(divagazioni inutilmente numeriche)

Ho sempre avuto la fissa delle dosi giuste.
O meglio, ho sempre avuto dei dubbi sulla entità delle modiche quantità.
Ancora adesso ho pensieri che mi prendono all’improvviso: sul come, sul quando, sul quanto, sulla frequenza, sull’assenza….
A volte mi piacerebbe che tutto avesse un numero, ben specificato, così uno sa a che punto della sua vita si trova.
Esempio.
Nasci e ti dicono: ti toccano n. 17 dispiaceri grossi, n. 32 bugie subìte, n. 22 praticate con successo + n. 1 con sputtanamento, n. 43 dispiaceri di media entità, n. 11 amicizie formato grande, n.… amori bellissimi… (beh, lì, pure in alto ci vanno piano a dare i numeri)
Uno saprebbe regolarsi. Terrebbe in ordine le sue quote e dopo saprebbe come sta andando il suo conto corrente con la vita.
Solo cifre indicative, intendo, non i contenuti di cui sono rappresentazione contabile.
A volte, invece, mi dico che forse è meglio così.
Meglio non sapere niente e vivere tutto come una sorpresa, come un rotolarti addosso della vita che, in questo tourbillon, fissa quanto di appiccicoso incontra nel suo percorso.
Rassegnata ormai a questo vivere “cieco”, rinunciato al conto di ogni cosa e soprattutto al computo  complessivo della dotazione dei grandi eventi, vorrei che almeno la vita mi orientasse sulle misure della decenza.
In sintesi:
– quanti secondi posso espormi (priva di qualsivoglia intento balneare) ai raggi solari senza assumere un colore vermiglio e ricoprirmi di una coltura (per altro irregolare) di puntolini esibizionisti?
– quanto è possibile lamentarsi della suddetta inconsapevole esposizione e del conseguente (acceso e aggressivo) vermiglio, senza diventare domesticamente indesiderabile?
– a quante decine di persone posso telefonare/scrivere/mandare segnali di fumo per condividere tale disagio, senza rinunciare alla misura della discrezione e senza rischiare l’invadenza?
– quanti anni di carcere dovrei serenamente affrontare se decidessi di eliminare fisicamente il mio dermatologo che incamera cento euro per dirmi “passerà… intanto non si stressi, si lasci scivolare addosso le cose…e stia serena, soprattutto stia serena…”?
(Esistono corsi saponifici per imparare a farsi scivolare addosso le cose? Ditemelo che mi iscrivo..)
:)

Leggerezze

06 martedì Set 2005

Posted by colfavoredellenebbie in passaggi

≈ 83 commenti

Arrivano alle sette, nel tramonto che diventa breve (un cielo a violacciocca, appena rosato e mosso).
La parete di fronte, coi mattoni scoperti, intanto, prende la luce, la tiene sulla pelle per qualche minuto, ancora. La vite americana è già sfumata in rosso.

Arrivano di colpo, da direzioni diverse: cento o più, per una mappa segreta o un qualche orologio o batticuore.
Si annunciano con cinciamenti, squittii da cielo, un vociare cigolante e prolungato, come certi cavatappi a ricciolo, quando, a lavoro compiuto, son chiamati a risalire dal sughero e lo fanno con un gemito pieno di ci ci ci.
Arrivano, i passeri.
Turbinanti.

Entrano a volo secante (o a tuffo) nella vite americana, che li invita, ruffiana, con certe bacche nuove. All’improvviso si gonfia, si sgonfia, si scompone, se li riprende e dopo li nasconde.
E’ tutto un dire un dirsi un fare; una gioia smodata, gridata, chiacchierona, mentre l’estate sgocciola più lenta.

In questi minuti di frontiera senti la vita che respira.
Si allarga e si stringe, si allarga e si stringe, come la vite un po’ accesa e un po’ ramarra.

Il mondo è prestato ai passeri e coi passeri “canta e ride”.
Un mondo parallelo, fra un muro e un panno di foglie.
Scorre e rinasce, per appuntamento.

Così gratuita, questa gioia, che niente niente resta come prima.

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