(divagazioni agro-alimentari)

Sono passata da mia madre.

Mia madre ha il suo modo di annunciarsi coi profumi di cibo buono lungo le scale.
Si incontrano condomini dall’area beata quando cucina la peperonata: l’agrodolce rende ipnoticamente gentili, azzera l’aggressività. Si diventa solo palato e desiderio.
E, quando lo stracotto è intento a sobbollire, capisci che il paradiso, se non ha chiodi di garofano sposati col barolo, sicuramente è esperienza poco mistica e, pertanto, trascurabile.

Mia madre stamattina era intenta in uno dei suoi riti: stava chiudendo i tortelli di zucca, con la regola assoluta di non aprire porte e finestre per non far seccare i quadratini di pasta in attesa del mucchietto arancio che odora di noce moscata, di grana crosta nera e amaretto.
Non aveva tempo per me: giusto se chiudevo qualche formella gialla a triangolo e la facevo girare con grazia, sollevandole la coda e stringendola appena ad anello (il nido di tela bianca già approntato nel cesto di vimini, in attesa della pentola)…

Uscendo, mi veniva da sorridere perché pensavo che nel cibo si legge sempre qualcosa, aldilà della lettera, aldilà della cura da cui nasce.
La pasta, per dire… Nell’immaginario è un piatto fumante di spaghetti, che trasuda sugo e piacere, ma, qui da noi, non è sempre così sfacciata, solo talvolta fa sfoggi di superficie, col ragù che trionfa e s’accende di rosso.
No.
Il meglio sta dentro, per pudore o malizia, chissà…
Cova sotto croste brunite e croccanti di forno, si nasconde, l’infame, nel ripieno di sfoglie sottili sottili e pallide, rigonfie, lucide solo di burro fuso o biancoruvide di parmigiano, ammorbidite da rapidi passaggi d’acqua.

Viene da pensare che sei dentro un gioco: la pelle di sfoglia che copre, trattiene, rallenta e promette promette…
Come se dicesse … fra un po’… fra un po’…  il piacere fra un po’.

La pasta ha capito tutto.
Si chiude, intalpa, nasconde, forse come le storie che gorgogliano sotto la vita e spostano agnizioni, svelamenti, saperi più in là, più in là…
Per tenerne (o allungarne) il sapore. A plus tard.