Vorrei una pince.
Uno degli indizi, che gli scrutini seminano per casa, è la sparizione precoce del divano. Dalla camera da letto. Piccolo e gentile. Blu Cina. Sparito, sotto i vestiti. A strati, come le ere geologiche.
Quello di oggi è stato il primo pomeriggio di commiato dalle schede di valutazione: lasciarle è sempre un po’ così; ti perseguitano fantasmi di scritture frettolose, di furtive fughe di accenti, d’invasione di cellette altrui…, tutte umane imperfezioni che vengono alla luce solo sotto gli occhi dei genitori.
Giusto per non pensarci più e per punirmi in anticipo, ho cominciato a rimettere i vestiti negli armadi, per rivedere il divano, di cui, dopo un po’, sento la nostalgia.
Piegato cose su cose.
E poi una rapida realizzazione: io non possiedo vestiti.
Possiedo calzoni gonne sciarpe maglie magliette sciarpe golfini camicie sciarpe gilé giacche sciarpe giacconi giacchette sciarpe guanti cappotti sciarpe.
E scarpe.
Ma, d’inverno, io non ho quelle cose che si chiamano “vestiti”.
Cose tutte d’un pezzo.
Intere.
Grave discontinuità col passato, quando frequentavo l’università della moda nella cucina di casa mia: donne e donne che si muovevano come api attorno alla zia, sarta ufficiale di paese.
Luogo in cui tutto, dalle maniche alla raglan al plissé, ruotava attorno al vestito.
Lì si parlava una lingua contaminata e irreale, in cui le parole venivano addomesticate e non sapevi più dove finiva il dialetto e cominciava il francese, fra uciaduri e tailleur, redingote e rissaduri accomunati nella stessa pronuncia.
Lì assistevo ai misteri della messa in prova e comprendevo la differenza fra ciò che si vede e ciò che non si vede: fra il sotto (un labirinto di nodi e di rinforzi o di imbottiture bugiarde…) e il sopra, ad esempio, levigato e perfetto…
Capivo la pazienza dell’ago e del filo, che già soffrono se lavorano sul pieno, ma letteralmente impazziscono se giocano col vuoto e fanno i funamboli per inventare un’asola.
Imparavo, soprattutto, quanta elasticità ha l’abito che trucca il corpo con quell’incredibile, strumento rettificatore, nonché riequilabratore universale, … che si chiama “pince”…
Pince.
Pieghetta truffaldina che finge gonfiori, pienezze inesistenti o sottolinea quel che c’è, magari tentando di contenerne l’esuberanza.
Pince che si apre e si stringe, nasconde o fa sbocciare, accompagnando il respiro.
Pince, ovvero medicina magica che risolve ogni problema di tecnica e di armonia, ogni errore umano… “Qui facciamo una bella pince”, ho sentito ripetere mille volte come un apriti sesamo capace di rimettere a posto ogni cosa, ogni difetto umano o di natura.
Ecco, io non possiedo un vestito. L’unica cosa che indosso, tutta intera, ogni giorno, per tutto il giorno, è la vita. La scuoto un attimo, la mattina. La tolgo la notte. La re-infilo alle 7, il giorno dopo.
E non ha neanche una pince. A sistemare le cose.
Cavolo.
HO seguito divertito la tua digressione che ha messo in comunicazioni gli scrutini col mondo misterioso della fraseologia degli atelier e dei guardaroba. Un post, come dire, liberatorio, forse anche per te oltre che per il divano, e sempre con la tua immancabile eleganza, anch’essa senza “pinces”. Un caro saluto, Maurizio
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tenerezza è la prima cosa che mi viene in mente. Poi non so perché c’è come una canzoncina, di quelle degli anni ’50 che mi gira per la mente, che fa “datemi una pince, signorina, datemi una pince e ne faremo una cartina, datemi una pince e stringetevi vicina, datemi una pince, signorina” (variabile a piacere, da cantarsi con una vena maliconica ma non troppo, con un sorriso pince-nez :-)
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sveglia alle 6,
svogliatamente pesco
occhiali e cellulare
da un mare di sciarpereggisenicollantsmagliatoprenotazionemedicapermammagrigliadella
II°Dromanzounabustinadiwafer…
anta dell’armadio aperta da dove s’intravede mezzo cappotto mezzo appeso alla gruccetta cassetto dei mouchoirs che sembrano già usati…
…e mi dirigo in cucina per il caffè :
ma devio, devio verso il computer
(x darmi una sferzata, a volte, prima d’iniziare la santa giornata !
do una letturina almeno ad un amico di casaBlog).
Cara Col, apro “su” di te e
la sferzata la ho immediatamente…
sia perché c’è una nuova storia
sia perchè comincio a provare…
mezzo gaudio!
… questo intanto
per ringraziarti
per augurarti buondì,
per dirti che hai fatto l’azione buona
della giornata…
ora scappo ,ma ritorno eh,
ritorno per scriverti
le mie impressioni sul post
che intanto vado a mettere
nel caffè al posto dello zucchero !
bisous
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Les choses ont leur terrible “non possumus”.
O forse è solo una impressione?
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alla prima lettura mattutina e piuttosto assonnata noto innanzitutto con piacere che ci accomunano…tante sciarpe! secondo arriva il ricordo di quella nicchia di lessico esotico riservato alle stoffe, nomi dai misteriori referenti a cui bambine associavamo una qualità in base al suono. ancora oggi, pur avendo deciso di raccogliere l’eredità della nonna sarta, ho un’istintiva simpatia per il tenero popelin, gabardin mi pare un tipo troppo austero e bemberg…continua a suonare il tamburo. comunque, agli occhi della kudra-sarta, la tua vita ti calza a pennello :-)
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se ne lamenta?
Guardi me, ad esempio, costretto a indossare una vita troppo piccola (di almeno due taglie).
Uscir dall’uscio con la vita che scopre caviglie, polsi e anima, mioddio.
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Bellissima la figura del divano che sparisce sotto strati di vestiti.
Io le schede di valutazione le vivo in qualità di mamma e quando mia figlia che ha 12 anni aspetta con ansia il momento della consegna, diventa più disordinata del solito: la scrivania sepolta da pile di libri e quaderni per non parlare di ogni angolo della sua camera che urla dalla voglia di essere alleggerito da vari strati di indumenti. Un pò di anni fa ero disordinatissima ma due donne in una casa con le stesse qualità diventano troppe, così ho dovuto ridurre ai minimi termini il mio disordine.
Grazie per aver permesso co tuo post liberatorio il mio piccolo sfogo,
Sono a casa con l’influenza e quattro chiacchiere con le amiche non guastano la giornata. Un caro saluto da erm.
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ma la “pince” è quella cosa che si pronucia “pens”?
miamamma fa la sarta, da bambino sono cresciuto fra orli, passamanerie, cartamodelli (e pennini, squdrette e carta lucida di mio padre, geometra).
ho imparato a mettere i bottoni, ma mai perfettamente saldi e a tirare linee d’inchiostro dritte, ma mai perfettamente pulite.
sempre la sbavatura finale, come la vita…
un bacio, M.
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§Nowhereman, sì…sicuramente liberatorio :)
§Mel, poi me la ri-canti ancora la canzoncina, vero?
§Madeinfranca…sorella di griglia e di seconda :))
§Blanco, la chiamano anche irreversibilità dei destini, credo.
§Astro, anche per me il gabardin ha un carattere odioso: troppo secco, troppo rigido. Il fresco di lana, poi, sempre a darsi delle arie…Anch’io ho sempre amato il popelin e certe cotonine fioratine e leggere…E che dire della batista fine fine, eh…
§Effe, sapesse quanto potrebbe servire , a volte, una pince alla vita, o almeno al giro-vita.
§Ermione…auguri auguri: le schede son brutte a tutte le maniere :)
§Max…è lei…la pens…sotto (o sopra) mentite spoglie. abbraccio.
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non ho niente di “intero” neanche io sai Col e…l’abito in questo caso il monaco lo fa e come…;) ciò che scrivi mi porta a ricordare lunghissime ore trascorse con mia madre nella casa della cara Lidia, la sarta di famiglia, coetanea di mamma ma vivente ancora.. ché quando la incontro il cuore mi fa un tuffo…Le sue pinces erano perfette. Quando mia madre capitolò al moderno e lavatrice e abiti (lei era tutta un “intero”..)confezionati furono i tragici simboli della sua personale “Canossa”, la sentivi che si vestiva borbottando: ma va’ che robaccia, vuoi mettere con le pinces di Lidia…:))
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Le pinces furono il mio ingresso nell’era adulta. Prima, chissà perchè, quand’era mia madre a comperarmi i pantaloni, rigorosamente senza, chè lei era sempre contraria a ciò che non è onesto (e la pince, lei m’insegna, è assai truffaldina).
Poi, un giorno, il mio primo paio si ingentilì e lasciai la retta via…
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Perdono per il corsivo lasciato aperto…
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che forte che sei!
ti si legge in un secondo e resti poi per molto di più.
Mad
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salve, il tuo post mi ha affascinato perchè evocativo fino alla fine, anche se non ho mai avuto a che fare con le pinces e la mia vita la ingoio mentre dormo..
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Al sarto della vita, chiederei un vestito su misura, quello che non ti fà sentire troppo freddo o troppo caldo quando attraversi eventi atmosferici non favorevoli. Un bel vestito che puoi indossare sempre perché tutti i giorni che lo indossi, sono solo giorni di festa :-).
Baciotto*
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§ Caro Patt… ci metto una una parola buona :) meriteresti un vestito non solo su misura… addirittura autoriproducentesi. Un abbraccio grande.
§ Grazie Magnolia, ben trovata :).
§ Mad, restare un secondo (nella memoria o nel cuore) è già cosa grande :)
§ Bustrofedon, sempre pensato che le “pinces” potrebbero entrare nei rituali di iniziazione. Al posto delle tacche sul manico del coltellino.
§ Fio’, cara Fio’ …non ci sono più le pinces di una volta…Abbracciatona.
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Adorabile Col. Sono le pinces a fare la maledetta differenza (in euro )fra il mio costume da bagno e quello di mia figlia. Invisibili,pinces assolutamente invisibili, ma di grande effetto ;)
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Le brave sarte oggi sono rare e care..meglio entrare in un negozio ..provare e via..è comodo anche se banale forse..
Immagino il tuo divano sommerso..deliziosa immagine…
^^
ps..anch’io nn ho vestiti..solo in estate li uso ma poco
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:-)
cavolo! anch’io non ho un vestito! e niente “pince”, doppio cavolo!
da bambina però sì..quando mamma mi confezionava i vestitini…
un sorriso
veradafne
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Sono piena di pinces quando sono fuori di casa, chè una brava mi riveste per evitare l’ingombrante presenza di maglie informi, pantaloni in tessuto strecht o morbido, paiyni e paillettes, frange e rifrange come usa adesso, over tre X size oppure cuciti a pelle…
Il vestito è magìa, il mio ideale nel vestito reversibile giorno-sera della mitica Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”.
La vita invece la indosso in abiti smunti, il più possibile casual, per quella mia predisposizione allo slow-living che mi segue ormai da qualche anno.
Ciondolare così, da una poltrona al divano al banchetto del p.c. per poi tornare alla poltrona e di lì al divano e poi al p.c e…sempre senza pinces.
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Aggiungerò una “pince”, allora, al mio lavoro così noioso…chissà che non ne venga fuori qualcosa di buono!!:)
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Aprire un occhio miope, sguardo sul rosso display della sveglia, è ora, alzarsi al buio, ssst! spegnere la suoneria, uscire in silenzio, bang, accidenti lo sgabello, speriamo non si svegli (la mogliettina che insegnante in quiescenza può tranquillamente poltrire), nello studio a prendere gli occhiali, in bagno… che aria stranita!, camiciapantalonimaglioneorologioportafoglio… scale, giù… bip, bip, bip, allarmespegnerecombinazionesvelto… fatto, farmaciacomputeraccenderegruppo… server… terminale… ok. Casa cucinafrigoyogurtsuccodaranciafibre… televisioneraitrenotiziario, computer… blog… pronti per una nuova giornata di lavoro…
Perché noi uomini non abbiamo le “pince”
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perchè noi uomini non abbiamo le pince?
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La professoressa Colfavore, perseguitata da “fantasmi di scritture frettolose, di furtive fughe di accenti, d’invasione di cellette altrui…, tutte umane imperfezioni che vengono alla luce solo sotto gli occhi dei genitori”, quelle dei colleghi, s’intende, volendo salvare l’immagine della Scuola, si preoccupa del vestitino che questa deve indossare nel presentarsi alle famiglie il giorno della gran consegna delle schede. Siano, dunque, le schede un bell’abitino decoroso. Abbiano, almeno, la forma della lingua italiana. Che fare? (I comunisti si pongono spesso questa domanda, ci scrivono libri, nevvero?). Forte dell’esperienza familiare, si mette a ri-cucire, rattoppa qui e là, pinces, soprattutto lavora di pinces, che son quelle che, pietose, coprono. Insomma, trascrive giudizi e valutazioni di tutti, per tutti. Ci si può credere? Si deve credere.
Intanto, sciarpe, giacche, pantaloni, sciarpe, sciarpe, sciarpe, si accatastano piramidali sul divano blu absconditus. Consegnate le schede ripulite, si accorge, la prof., che non possiede neppure un vestito. E non ha neppure una pince. Il marito, probabilmente, si commuove. Usciranno insieme e finalmente la professoressa avrà nel suo guardaroba quello che vuole…altre cinque sciarpe.
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Junco, lo vede? Lei mi legge nel pensiero.
Che fare? Da Lenin in poi è domanda a risposta aperta ( e senza correttore, pertanto):))
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e’ bellissimo che la tua vita sia tutta intera…pensa a quelli che hanno il vestito intero e la vita a pezzi! hi hi!! E poi alla vita intera ci puoi sempre applicare bottoni colorati, merletti e …. pinces!
bacio, incantevole col!
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ecco chi ha preso le mie galoche!
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Diamonds…
Confesso che ho vissuto…
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§ Mirella de Paris: confessalo pubblicamente, via. Mica vero :) Tu non hai nessunissimo bisogno di pinces…
§ Cicabu, io riesco a sommergere qualsiasi cosa. Sono una teorica pragmatica dell'”appoggio qui un attimo”.
§ Vera, un giorno, con Astrokudra, dobbiamo ben parlare di vestitini…
§ Elis, i vestiti della Hepburn erano venrati in casamia: mia cugina li copiava dai giornali con la carta velina, mia zia provava a farli e io criticavo :)
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§ Sì, Mezzaluna, fai una messa in prova: i lavori si imbastiscono piano piano :)
con pazienza.
§Farsergio, guarda che le camicie maschili hanno le loro brave
pinces: sono quelle che le mogli sciolgono, sogguardando certe pancette maritali emergenti…
§ Charm, tengo una scorta di perline, sai.Ma per davvero per davvero :)
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:-)
a me spettava il compito ri ripassare le impunture..si dice così? dopo che si era passato il gesso da sarta e tagliato i bordi con un margine di almeno due dita….dalle segnature, ovvio!
che ricordi…
un sorriso
veradafne
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…eppure, ora che ci penso…con il tuo graditissimo contributo…:), un vestito lo possiedo, uno splendido fresco di lana del ’58, color verde tenue speranza…passato da mio padre, gran frequentatore di sarti, a mio nonno…e tramite quella gran donna di mia nonna, a me. Ne indosso almeno una volta l’anno i pantaloni, indubbiamente di gran taglio…con quelle che credo si possano chiamare “pinces”, a raccordare natiche…e vita…:)*
P.S.
qualche fiocco di neve si è visto anche qui
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sarà allora perchè sono robustello che non ho pinces!
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Buon we Col…^^..
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ma come, non ti sei ancor accorta di essere tu una “pince” vivente, rimedio delle nostre malinconie, balsamo delle nostre incertezze…suvvia zena, non fare la modesta e sopratutto ritieniti dispensata dall’arrossire… baciotti da grazia & lino.
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ciau col, un forte abbraccio per cio’ che tu sai..
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Mentitora di una colfavora! Corbezzoli… di pinces “a sistemare le cose” tu ne hai un cataforio…
Sai bene (dovresti saperlo! mondieu) che ogni tuo post (freddo a parte) apre, circoscrive, “nasconde o fa sbocciare, accompagnando il” pensiero di chi legge
Perchè vorresti una pince? tu che, qui, virtualmente e virtuosamente sei tutta una pince?
Tu che, qui in queste tue cybernebbie, sai fare un sacco di belle pince alla vita che racconti” ed ergo le farai anche fuori di qua magari sottoforma di barattoli di squisitissime conserve. Quanto alla vita che indossi di notte, rallegrati, di notte s’indossa la vita più comoda e le pinces non affatto sono necessarie.
:-D
N.B.
Anche a casa mia (casa di una madre vicepreside… le attoccano gli scrutini di tutte le classi di una scuola di 1000 alunni!!) ci sono visibili indizi del periodo infinito di scrutini: la madre sparisce – s’intravede la sera per cena la sua sagoma sfranta e monosillabica – al suo posto sulla sedia accanto a letto appare un montarozzo di vestiti: gonne, maglie, maglie gonne, calze, sciarpe, gonne gonne pantaloni maglie sciarpe calze e scarpe scaponcini stivali; sul letto si piazza un bracco malinconico in apprensiva attesa; ogni tre quattro giorni io- forzo la cicalesca pigrizia- e affronto il montarozzo della giunonica titanica, libero la sedia… so già che l’indomani il montarozzo riprenderà a crescere; è l’effetto degli scrutini come tutte le telefonate di zie (sorelle della tellurica) e amiche che ci impiegano un pò prima di capire che “ci sono scrutini in questo periodo …mamma non c’è, torna tardi” io ci vivo da 35 anni con questi ca..i di scrutini… e ormai lo so: “‘a ‘dda passa’ ‘o scrutino”… spero solo che almeno serva a qualche cosa tutto questo metodico “valutare”!
:-)
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Siamo ostaggi della Irene, la piccolina figlia di mio fratello…
Sta perlustrando la casa a gattoni e ha appena amabilmente improvvisato una cordata con il filo del mouse.
Ora è seduta sui miei piedi, sotto il tavolo: per riprendere fiato.
Non più: dopo un rapido aggiramento, sta scalando la spalliera della sedia per arrivare alla tastiera. Sta scalando anche la mia schiena (sorretta da qualcuno che conosco).
Scalata riuscitaaaaaa:
capisco come si deve sentire la banca nazionale del lavoro.
Cedo. (momentaneamente)
§ Farolit cara, anche gli scrutini non finiscono mai, mica solo gli esami :(
§ grazie, lino alp, amico caro.
§ Gardenia, magari fosse proprio così :). Un bacio con lo schiocco.
§ Far, le pinces … qualche volta tornano :)
§ Cicabu, grazie :) bellissimo fior di loto. Il lago di mantova ne è ricco: diventa verde e rosa.
§ Ananda, sì sì conservalo quell’abito, perchè è diventato un habitus (anche mentale)… di finezza ed eleganza.
§, Vera, anch’io passavo le marche fatte con il filo bianco d’imbastire :)
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:-) ciao ostaggia :-)
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“montarozzi”-come dice farolit-
passano,almeno il week end,al caldo
riposti in armadio o nell’acqua a60°
…ma grunge, vintage o total look
non sono più gli abiti di una volta !
sì sì “gli abiti”
i composé che però rimanevano rigorosamente appaiati,
i sette/ottavi anche s’erano tre/quarti,
le redingote ,i boleri,gli imprimés,
color prugna ,verde acqua ,carta da zucchero,
di surà,di faglia,di buclé
a carré, godé, plissé…
e con tante “pens”
tanti “pizzichi” a ricordarti
quel che stavi indossando,
il lavorio che c’era dietro quel “costume”…
…e tu,cara Col…
oh oh mi ricordi la nonna che diceva cache col per qualsiasi cosa ci potesse difendere da faringiti, tonsilliti, pleuriti,tbc,morte sicura !!!…
bene,mia cara, grazie grazie
per i pizzicorini del cuore.
bisous
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Un abbraccio, cara Col.
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Aha. Avevo sempre pensato che mi sarebbe tanto piaciuto insegnare, ma mi avete fatto rinsavire…. meglio le mie ricerche silenziose e solitarie, un calice di chardonnay e a f…. il mondo.
c.
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Con ago e filo sono una frana, comunque questo è un baciotto con la pince :-).
Felice serata domenicale*
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A.A.A…..cercasi pince disperatamente :-)
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La capretta Nebbia non ha “pinces”… e ti saluta dal mio blog, oggi le ho fatto un primopiano…
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Ma le pubblicità di splinder sono in tema??
Roberto Cavalli Vestiti e Abiti da Sposa Bergamo…
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Un abbraccio grande, è sempre un piacere leggerti, calma l’anima. mamma lara
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un bacione… esistono pince per la faccia? la mia è venuta un po’ larga :-)
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A me sarebbe piaciuto, però, avere una prof come te.
Il vestito, invece, mi chiedo cosa sia;-)
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ciao, ti abbraccio :)
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un saluto serale, schietto e senza “pinces”… M.
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ti regalo una pince piena di baci cara dolce amica mia…
(oibo non pensavo che questo lavoro mi distruggesse tanto…conosci un rimedio anti fagocitamento?)
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un saluto stanchilissimo issimo :-) ‘notte
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ciao,Col, un bacio infrasettimanale!
Il polso è a posto, sembra guarito del tutto, l’attività plasticosa è ripresa e fra poco sarà on line la prossima puntata…
:)))
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Ciao gufotta :-)
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“lasciarle è sempre un po’ così”. .. è quello che succede quando “decidi” che un lavoro è finito … sììì .. perchè in realtà potrebbe non finire mai ……… anche gli abiti a montagna ci accomunano !
namastè
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ma sti pesci, dico io, non sarebbe ora di farli che ne so, al cartoccio?
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tipo la tinca ripiena con la polenta? :-)
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Zena carissima, ti lascio un breve saluto. Scusa se non mi trattengo… sono qui con Livio davanti a un piatto di polenta taragna. E a un vino della casa. Casa sua,s’intende.
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Oh, Gretsch!!! Quale gradito ritorno…
La pensavamo in altre faccende affaccendato.:))
Qui la si saluta con affetto, in attesa di buone notizie.
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Piaciuto tanto ciò che hai scritto, sai?
Una volta avevo l’ansia del vestito mancato, del concetto inutile di pince, se applicato all’economico e troppo semplice da me indossato. Oggi non me ne rendo più conto, così abituata, o forse così proiettata come sono verso il sogno di un abito come quelli di due secoli fa. Pieni di pinces, certo, quelli sì :-) Bacio.
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