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(Il sole arriva da destra, sbiecatura sporcata dai ciliegi grandi e dalle querce)
Ai piedi dei ciliegi grandi e delle querce, una radura irregolare e scontornata: erba secca e terra battuta.
Al centro della radura, una stuoia di giunco, stretta e allungata.
Sulla stuoia di giunco, due ciotole di tempo: una per la neve, in petali di carta, e per la pioggia di riso, l’altra per il rito del tè.
E poi.
Un telo bianco, per i silenzi e le assenze.
Un panchettino di legno, per il sonno.
Un ventaglio invaso da un uccello, nero, delle cime.
E ancora.
La storia, le storie, lì, nel teatro fra gli alberi.
Le parole di Kawabata.
Tutte nelle voci dell’Attore. Nei suoi gesti. Nel suo corpo. Nella pulizia dei suoi gesti e del suo corpo.
(Il sole diventa un indice puntato e una colata di albicocca. Un merlo fa cartocci di foglie)
L’Attore.
L’Attore è ogni personaggio e ogni personaggio gli lascia qualcosa negli occhi, nella postura delle mani, nell’inarcatura della schiena.
E’ lo studente, soprattutto, personaggio senza certezze e senza nido, in viaggio verso Izu, fra piccoli passi e lunghe soste del cuore: colombo dal petto bianco, in cerca di sé e degli altri.
In compagnia casuale di artisti girovaghi, fra invisibili alloggi di fortuna, spettacoli a richiesta, ricordi di un lutto bambino, risvegli umidi e marmitte di pollo e verdure.
Fissato nel candore di lini e di anima.
Preso nello stupore di un disgelo interiore.
Angelo d’Oriente, nella leggerezza e nell’estraneità della non appartenenza.
Ritarda, allunga il viaggio per costeggiare, lungo una manciata di ore, la vita degli altri, anche se si tratta di una vita all’improvviso.
E diventa cera, bianca e fondente, nel suo non fronteggiare l’irruzione dell’amore, in forma d’una figurina di carta, leggera e tutta rivelata nei suoi quattordici anni: la danzatrice adolescente, col suo contorno di familiari un po’ tristi, un po’ malati, un po’ severi.
Sogguardata dallo studente con il pudore e la malinconia della rinuncia.
(Il sole si ritira, in fondo; lascia come pegno un grigiolilla: aria a zig zag fra gli alberi, cornacchia lamentosa, in alto. Inutile motorino a grattare l’asfalto. Rami in movimento protettivo)
L’Attore si scioglie nel disfarsi lento della non azione: si modella come sentimento.
Sorpresa, gioia sottile e serpentina, indugio, speranza, incantamento, paura, e poi… distacco.
Il semicerchio dei presenti è ormai una mezza luna porosa e gonfia.
Struggimento lieve del dover tornare alle cose come cose, al tempo d’orologio, alla sedia che non è più zattera.
Accoglie un canto di nenia e di dolore come fosse il suo.
(La sera stringe gli alberi e chiede scusa)
Francois Kahn, discepolo di Grotovski, ha tradotto in monologo Viaggio a Izu di Kawabata Yasunari e l’ha portato fra gli alberi di Giulio, nella bassa modenese.
farouche ha detto:
Una cronaca gentile che si siede tra la sera e la mezzaluna.
Ed io ti porto una ciotolina di gelsomini notturni! :)
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farsergio ha detto:
Ero sicuro che avresti trovato le parole.
Teatrale , scenografica, coinvolgente.
Sono lì con te, nella radura tra querce e ciliegi, a viaggiare verso Izu, a percorrere il cammino della consapevolezza, del rimpianto, dell’affetto; ad ascoltare il canto del dolore, dell’addio.
Magnifico il tuo post, grazie.
Per chi volesse approfondire aggiungo due link
http://www.linus.net/hdoc/teatro/teatro.asp?idteatro=59&startposition=6
http://www.succoacido.it/uscite/numero%203/kahn.html
Ciao, buona domenica
S.
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Milosz ha detto:
cara Col, sono tornata a leggere le tue cose dopo un po’ di tepo. Quest’ultimo post è molto bello ma, come certamente mmagini, quello precedente fa vibrare le mie corde fino allo spasimo. E’ un mondo lontano, ma per fortuna esistono parole come quelle che hai usato tu per far sì che non sia morto del tutto. Saluti. Milosz.
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Ihadadream ha detto:
Avrei voluto essere anch’io un piccolo spicchio di quella “mezzaluna porosa e gonfia”…Tu però, che pieghi gentilmente verbi, aggettivi e nomi ai tuoi comandi dandogli ali trasparenti con cui volare, mi hai fatto sentire lì.
Tu, dolce-forte-Zena.
Anna
P.S. il giorno delle poesie è andato molto bene grazie anche all’aiuto di fidati collaboratori (in particolare un collega che viene dall’accademia di Brera). Avresti dovuto vedere la grande magnolia con gli haiku che penzolavano dai fili, ondeggianti nel vento. Se le foto saranno belle ne posterò una.
Grazie di aver ricordato :)))))
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usermax ha detto:
bellissimo post, ma questa è una certezza, da queste parti…
e poi ultimamente il teatro mi “acchiappa” molto…
:) baci e buona domenica, M.
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stepa ha detto:
Racconto perfetto. Emozione in purezza di stile e di cuore.
Un abbraccio e buonadomenica!
S.
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Deli ha detto:
grazie. risuona :-)
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Pattinando ha detto:
Il dietro le quinte di Francois Kahn, puoi leggerlo qui.. E’ bella la magia che hai creato, l’ho visto uscire dalle quinte e materializzarsi nel tuo bloggiardino per recitare con le tue parole. Baciotto e felice domenica.
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lapardaflora ha detto:
ricordo solo che quando kawabata vinse il Nobel, chiese stupito: ma siete sicuri di avermi capito?
quasi gli stessero dando il premio destinato ad un altro, più affine allo spirito occidentale. E in effetti, la letteratura giapponese a me ha insegnato che si può imparare ad amare il bello anche quando non se ne capisca il senso o l’utilità. Concetto abbastanza estraneo alla nostra società.
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lmicocco ha detto:
Non mi dilungo nei complimenti perchè scontati … solo come hai fatto a farmi emozionare per l’atmosfera di una rappresentazione che non ho mai visto? O forse si …
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junco ha detto:
Giesù, Collafavora, tu sì preziosa ‘o vero,
chiss’è nu piezzu de bravura assaie, ca m’arrecuorda chill dialoghe di ‘nu ggiapponise, cossì, diche l’atmscfera, co quelle filosofe tedeschi, comme si chiama?, Aidegghèr, e tutte chille ccose supa a radura, supa o slargo, che slarga int’a furesta, e chille arriva ‘na luce, ‘nu lucore, che fa vedè a verità. A verità è chista: Ca dinta da furesta nun se vide (tiene rinta o scuru), ma mienzo o slargo se vide cchiù meglio assaie.
Junco, in trasferta a Napoli.
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Senza ha detto:
“…La sera stringe gli alberi e chiede scusa” : struggente e “cara” …
Ma questa immagine è tua, vero? Non di un giapponese.
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blancoebleu ha detto:
:-)
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blancoebleu ha detto:
…Princesse, pardonnez, en lisant cet ouvrage,
si vous y retrouvez, crayonnés par ma main,
les traits charmant de votre image:
J’ai voulu de mes vers assurer le destin…
(Le chevalie de Florian à la Sérénissime Princesse de Lamballe)
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nowhereman1 ha detto:
Un piccolo, prezioso canovaccio per ripercorrere la magia del gesto drammatico, i suo crepuscoli di sentimenti e di tecnicismi che si illudono gli uni con gli altri. Un caro saluto e buon inizio di “vacanze”!
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Fiorile ha detto:
di nuovo, nel leggerti, la sensazione dell'”intero”; non so dire diversamente di questa percezione, solo che accade, forse, quando la letteratura fa tutt’uno con la vita :) abbraccio :)
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madeinfranca ha detto:
…Tu, François, Giulio…
è come se aveste invitato
anche noi ,a “casa vostra”…
…vorrei ringraziarvi, così
Oggi la sera è speciale:
il merlo ha donato al silenzio
la sua ultima canzone,
ora tutto tace.
Nel buio s’accende e si spegne
una lucciola improvvisa.
La luna disperde dal monte
la sua luce opaca,
la betulla argentata
riflette l’ ombra oltre il prato
fino alla vecchia casa,
e un suono di campana
annuncia la notte
e spegne, pian piano lo sguardo.
Ora dormi, tesoro,
anche il sogno s’accende improvviso…
Sì, questa è una notte speciale
l’aria ti sfiora leggera
e l’orchestra dei pensieri
trasforma in immagini nuove
frammenti di speranza.
Domani nasceranno altre ragioni,
altre sere ovattate, altre canzoni
e la musica nuova dei pensieri,
quando la luna scenderà dal monte,
mescolerà passato ed avvenire
trasformerà in immagini i ricordi;
la nuova melodia, per un momento,
avrà il sapore della nostalgia,
ritroverai su quella vecchia casa
l’ombra oltre il prato
e il suono di campana…
non farci caso,
cerca tra le note
e troverai la musica più vera:
lo sguardo del tuo sposo,
la tua finestra sopra il tuo cortile,
le tue montagne, il bosco, la cascina,
la compagnia di amici e conoscenti,
le mille cose che avrai da fare,
il lavoro, la casa, i piccolini,
la libertà di esistere e di amare.
(GianLuigi Bonardi)
…e si ringrazia, per l’invito
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dodo712 ha detto:
Splendido post. Sembra di esserci in quella radura ad ascoltare Kawabata.
Un altro gioiello che non stanca mai e che arricchisce.
Ti saluto con un inchino (profondo).
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mammagiovanna ha detto:
In viaggio verso Izu su un palcoscenico che ormai ha il profumo di una mezzaluna dalla memoria incandescente, nonostante le scuse di un sipario chiuso e dell’accucciarsi degli alberi. Mi piace questo sogno, mescolato inevitabilmente alla realtà come la vita, zena.
Ps.c’è una dedica per te
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zop ha detto:
a pubblicarlo in un blog, poi… nessun albero è stato abbattuto per questo post! :))
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Deli ha detto:
abbraccio di quasi sera :-)
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mics ha detto:
grazie dei passaiie dei pensieri, col
kawabata io l’ho letto in un libro che si intitola “Il maestro di go” – quest’ultimo è un gioco formidabile, i giapponesi dicono che sta alla filosofia come gli scacchi alla ragioneria. Il libro è molto bello. Anche “La casa delle bambole” è bello.
ciao
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Opposite ha detto:
E mica male, come esordio di lettura al tuo blog!
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notimetolose ha detto:
Sorrido. E poi la cena e i racconti miei e suoi.Dovevi restare.
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facc8 ha detto:
Incredibile, questo mondo dei blog mi stupisce continuamente! Solo ora leggo il tuo post su Kahn, che ho avuto la fortuna di vedere lo scorso autunno (proprio col testo di Kawabata) nel magico sotterraneo della Galleria Disegno a Mantova, durante il FestivaLetteratura. E’ stato entusiasmante! Da millenni sono un grande appassionato (quasi idolatra) di Jerzy Grotowski, la cui scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile nel sempre più angusto mondo della sperimentazione teatrale. Forse ricordi un cenno nel mio blog a Rena Mirecka, la sua prima attrice nella compagnia storica di Wroklaw. Lei è stato il mio punto di riferimento da quasi 20 anni, da quando ho partecipato a degli indimenticabili laboratori con lei. Il mondo è piccolo. Il cerchio è grande. Abbraccioni forti.
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vera.stazioncina ha detto:
..e fra gli alberi di Giulio ci si sta proprio bene:-)
un sorriso a te
veradafne
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quellachenonsei ha detto:
Domenica alla Festa delle Parole di Ivrea ho pensato a te, quando nel giardino di Sermide mi parlavi di alberi materni. Ecco, nel pomeriggio mi sono seduta sono uno di questi, non ho pesanto all’aria a zig zag perché per certe figure ci vuole la Zena, io pensato direttamente a chi le scrive.
m.
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naima2 ha detto:
Kawabata era anche il nome del protagonista di “morte di un maestro del tè”, se non ricordo male. Mi hanno parlato molto di questo Grotovski ma le sue opere sono introvabili anche nelle cineteche. Teatro che si è consumato nel suo farsi, eventi unici. Un suo allievo in un bosco deve essere una cosa… una cosa… E questo tuo racconto mi fa venire voglia di inseguire l’allievo del maestro nei boschi, ovunque sia.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Di Kawabata amo tantissimo Il paese delle nevi.
Di un nitore che abbaglia.
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Grazia ha detto:
si, il teatro, mi manca tanto.
ciao col, ben torvata
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linodigianni ha detto:
bellissima recensione, in equilibrio magico tra i generi..
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Fiorile ha detto:
abbraccio certo, certamente :)
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Flor ha detto:
Ho letto da Ermione che eri un po’ raffreddata… stai meglio ora? Un bacio, cara Col :-)
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redlock ha detto:
Incantata dalle tue parole….
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GORDONPYM ha detto:
Ciao Col, torno da una delle mie tante fughe. Kawabata è straordinario, ho letto tanto di suo. Ti mando un bacio grande.
Arthur
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madmapelli ha detto:
stupenda Col
grazie
Mad
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usermax ha detto:
in t.
anch’io.
ricambio.
con sussurro.
:)
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Deli ha detto:
:-) ‘notte ‘notte :-)
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cicabu ha detto:
Post da incantamento….^^
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liofilizzata ha detto:
Posso dire che lei è il Teatro?
Ciò che leggo qui mi affascina e non voglio usare parole d’altri per dirlo, lo dico come sento e sento che Lei è tutto questo, arte, poesia, eleganza, lievità e incantamento.
Con profonda ammirazione.
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linodigianni ha detto:
raccolta di firme,per “Zena, Santa subito!!”..presso http://www.battelloebbro.splinder.com
(firmato movimento dei lini associati)
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colfavoredellenebbie ha detto:
Linodigianni: vedo che l’astinenza da sigari fa brutti scherzi, eh? :)
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aitan ha detto:
una recensione così lieve da sospenedre il tempo la si piò leggere solo su un blog come il tuo
(più passa il tempo più mi chiedo se abbia ancora un senso la critica sui giornali; ma questo è un altro discorso, e mi impegolo in questioni persino sindacali; non è il caso)
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QuotaZero ha detto:
cFdN, la Parola ha smesso i panni della Conoscenza, per divenire strumento, mezzo di dissuasione, convincimento forzato, utilizzo disgraziato. La parola, il tempo e gli spazi che la annodano nel filo del ragionare. Dovremmo esautorarla del suo significato, metafisicizzarla alla potenza e renderla innocua, riappropriarci del Significato, ricostruire la metafora del Linguaggio-Pensiero e ripartire.
Il nostro, il tuo, soprattutto, è un Punto di Vista Privilegiato, dove le parole smettono i panni del messaggio subliminale per aggrapparsi a una poeticità mai scalfita.
Ed è invidia. Ed è piacere di lettura, nelle tue parole.
Grazie del passaggio, un saluto a te.
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junco ha detto:
Zena, appena ti eleggono, gentilmente, una benedizione. Io, intanto, comincio a lustrare il mio turibolo.
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astrogigi ha detto:
Lancio una petizione che se non farà di Col una Santa, potrebbe far di molti di noi persone più ricche: Blograduno da te cara Col: tu dimmi che ci stai ed io porto le Stelle…o almeno una discreta dotazione di telescopi….se altri lettori aderissero e Col decidesse di donarci un poco del suo tempo, sottoscrivete il mio desiderio…una abbraccio….GB
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Deli ha detto:
venite a prendere anche me naturalmente vero? :-) (pena torno dal canada ;-)
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ColcyChe ha detto:
….e rimango incantata.
come fossì lì, anch’io.
grazie.
FùS
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