Qui da noi c’è stato un momento che le cose andavano male.
Era arrivata la mietiliga, che si mangiava, dicevano i braccianti, il lavoro di tutti, coi suoi dentini di ferro.
La buttarono nel canale, e restò piantata col muso in giù e il resto in su, impudica come le galline d’acqua.
Fu riparata e rimessa fra le spighe.
I braccianti, allora, seminarono ferro e vetro fra le canne verdi, perché la mietiliga provasse a mangiarsi pure quelli.
Ma la macchina andava, andava, con la canzone del motore che sembrava uno sgarbo.
Ci fu lo sciopero e finì il pane.
Le formiche non trovarono più briciole per terra e le cercarono al sommo della tavola vuota.
Bisognò andare con le donne sul camion alla stazione in città, perché i crumiri arrivavano e le fedi d’oro erano già andate sulla bilancia per essere vendute.
Dal treno, facce grigie di fame e di paura a guardare altre facce grigie di fame e di paura.
La miseria si riconosce a fiato.
L’uomo scese dal treno, col bambino per mano.
Andò dal capolega con la voce grossa e le braccia d’olmo.
Parlarono un poco.
I crumiri non vennero in campagna.
Quella volta lì.
I braccianti tornarono e il bambino con loro, nella casa che dava sul canale, a contare le formiche sulla tavola, con le figlie del capolega, a raccogliere il radicchio selvatico e a cercare le uova fuori dai pollai.
Restò un anno e non parlò mai.
Giocava, si sporcava, mangiava, picchiava le bambine e sorrideva quieto.
“Se si picchiano e si sporcano vuol dire che stan bene”, diceva il capolega alla moglie, che scuoteva la testa.
Ancora oggi si parla del tempo delle formiche sulla tavola, nella casa che dà sul canale, e si pensa al bambino, scuro di pelle e di ricci, chiaro di sorriso, che non regalò mai la sua voce.
…è un vecchio post, dedicato a un vecchio capolega.
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ricordo questo post, è bello rileggerlo
ti manca proprio il tempo, vero?
:-)))
s
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e la biciesse? :-)
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vedi c’è un qualcosa nei miei ricordi di infanzia …
nei primi anni ’50 attorno a Montecalvo Irpino, c’era fame nera e quando fallì la cava di Castelfranco in Miscano molti andavano in giro per l’Italia a fare i crumiri..
Arrivava un camion residuato bellico dell’USARMY, aveva ancora la stella bianca sugli sportelli e ne caricava una dozzina per volta.
Facevano capo a Pietro tabaccaio dello scalo ferroviario di Montecalvo…era lui che organizzava tutto, li portava in Puglia, nel Molise e forse qualche volta anche al nord…
Solo io giocavo con Ennio, Giovannino e Eugenia, i figli di Pietro , era malvisto lui ed i figli.
A me era permesso perché lì ci passavo solo le vacanze.
Poi nell’estate del 1954 quando dopo la chiusura delle scuole tornai a Montecalvo , seppi che erano tutti emigrati negli Stati Uniti…
Ho saputo anni dopo che ha continuato a fare lo stesso lavoro… ma questa è un’altra storia
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lo ricordo anche io, potresti postarlo mille volte e in quel vecchio capolega e nel bambino si potrebbe leggere ancora altro, altrove e altrimenti..
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ricordo anch’io queste righe: sono la voce del bambino che mai si sentì
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“La miseria si conosce a fiato”
Quanto è vero Col, quanto è vero!
Spartire le molliche con le formiche è stato un rituale di molti qui al sud, nel dopoguerra c’era poco o niente da mangiare. Mia madre lo ricordava bene, ogni volta che noi da piccoli si faceva una bocca poco accogliente verso un pietanza che non ci piaceva. Allora prendeva le molliche dalla tavola, le riduceva ancora e le metteva sul bordo del balcone. Nulla doveva essere sprecato.
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Ogni tanto quando ci accomodiamo a tavola con la pancia già piena, è utile guardare negli occhi le formiche, per capire quanto è brutta la fame :-). baciotto*
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Ciao amica! :) dopo tanto tempo sono tornata con un nuovo blog ancora in allestimento!! Mi siete mancati tutti molto… Ti mando un bacione grandissimo!!
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lei mi scusa, vero?, che faccio l’assente? d’altra parte, che abbia lo sguardo assente è un fatto, e poi vale sempre il dilemma morettiano “mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo per niente?”
ecco, vengo, e le lascio un bacio in punta, ché siamo tutti accaldati e col sudore i baci diventano pure scivolosi…
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per fortuna ci sono le “categorie”
a dirti che no…no…
non ti sei sbagliata…
questo racconto l’hai già letto…
è che questa storia,
con le sue persone ed i suoi animali,
la conosci, e la serbi, nel cuore.
senza “margini”.
bisousémargés
(commelesdesirsàréaliser)!
ot: solo dopo la telefonata,
ho aperto il biancocommenti…
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vecchio, ma bello, come le cose che non passano mai di moda. Sei sempre originale e convincente. Un caro saluto
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MI sembrava di ricordarlo… ma sono letture che non stancano mai. ;)
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Il mio marmocchietto Matteo ha scoperto da poco le formiche: le insegue sul selciato, negli angoli dei muri, creature microscopiche e tenaci, e le apostrofa: Bibi, Bibi!.
Un caro saluto.
8-)
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si :-)
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E’ un vecchio bellissimo post, ed è un piacere di continua commozione il leggerlo.
E poi ho gustato ancora di più l’impudica favolosa immagine della mietiliga.
Per cui ti abbraccio, ti dico, per ogni motivo buono che ci sia.
MarioB.
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Grazie, amici cari.
Vi ringrazio con un nuovo post :)
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