Si cominciava a vedere dalla strada se qualcosa di strano era accaduto.
Potevano essere le finestre aperte.
E la musica alta che usciva come schiuma, dietro un tappo di colpo imbizzarrito: di quella pira l’orrendo fuoco, straniero fra le ortensie e i bossi.
Potevano esser le lenzuola, anche.
Tutte quelle dell’armadio, buttate a spenzolare dalle finestre in alto e a gonfiarsi in cartocci, una sopra l’altra.
Confidenza non voluta di un dentro rivoltato: sfilacci e grovigli di un guanto rovesciato.
E le porte.
Le porte che sbattevano con tonfi di vento o di caverna.
Il senso metallico del legno quando incontra un muro che resiste.
La bambina capiva a metà viale, quando tornava dalla scuola, e sogguardava allora la compagna: si sarebbe accorta di qualcosa? avrebbe chiesto che inferno succedeva?
Bisognava cercare di parlare e prendere gli occhi con qualcosa: col gatto che passava per la strada, col merlo poggiato sopra il pruno. Poi salutare in fretta, senza nessun indugio sul cancello, magari dire come niente oggi c’è un poco di allegria, con le mani fredde dalle punte.
Accadeva talvolta a primavera.
Giornate elettriche, senza sfoghi di lampi e di scintille, in cielo.
Una volta sola nell’estate.
(La madre uscita di bassora nel cortile. Tutti i fiori strappati. La passiflora, specie, che era così bella, avviticchiata sulla siepe: tanti occhi di fiori bianchi e viola.
Non guardatemi non guardatemi, urlava la sua mamma e staccava quei fiori con la rabbia e li pestava sulla terra dura)
La bambina sapeva come fare, quando il furgone di suo padre no, non c’era.
Meglio non entrare.
Meglio aspettarlo dai conigli, nel rustico appena dietro casa, quello vicino alla legnaia, con le gabbie e l’erba nella cesta, la finestra in alto, piccolina: le foglie del fico a far da tenda.
Meglio chiamare la bestiola grassa, nascosta al fondo della gabbia, tentarla con un filo di saggina, lungo lungo, sulle orecchie che hanno carne rosa.
Restare faccia a faccia per prenderla da specchio.
Giocare a farle il muso di coniglia, le guance tenute con i denti, la bocca che si succhia dal di dentro e si muove si muove, quasi dovesse pigolare… Finché non le veniva da ridere nel naso.
Allora carezzava la coniglia, bianca e calda, la mano infilata nella rete, e le pareva di sentirne il cuore veloce di paura.
In casa la musica, le porte, i passi intanto morivano pian piano e si alzava dalle fondamenta un lamento, un pianto disperato, preghiera e poi maledizione, nenia di morte e rosario di vergini e madonne.
Il furgone del padre si fermava secco: l’uomo scendeva e la cercava fra le gabbie.
È come un temporale, poi passa e non succede niente, trovava il modo di dirle sottovoce.
Poi entravano in casa: non c’erano parole.
La madre piangeva adesso silenziosa, rannicchiata vicino alla poltrona.
Il padre guardava la bambina e le faceva un cenno.
La bambina restava un poco dura, stanca quasi venisse da lontano, ma finiva con l’andar vicino e prenderle una mano. Stupiva nel trovarla calda e vera. La stringeva e solo la sentiva umida tremare, di scatti e di salti irregolari. Come un cuore buio di coniglia.
linodigianni ha detto:
vorrei saper dire in dialetto ferrarese o della bassa mantovana, come avrebbe detto ligabue il pittore: ensì,l’è un test trop bel.Da magie sapienti, da lievito che continua nella pancia.
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Gretsch ha detto:
Brava, Zena.
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yetbutaname ha detto:
grazie
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Atward ha detto:
La semplicità delle parole prendono nella tua “penna” colori e sapori d’antico, l’innocenza rinasce e il piacere della lettura si scontra con l’aridità dei parolai quotidiani. Dov’è il piccolo mondo?
Buona domenica Zena
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colfavoredellenebbie ha detto:
Che bello…è una domenica di amici molto cari: Lino, Maurizio-Gretsch, Edoardo. Grazie!
E un saluto di benvenuto a Yetbutaname.
z.
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arden ha detto:
Non trovo le parole. Ogni volta che ti leggo, Zena, le mie mi appaiono sempre rozze e banali. Dire solo che è bellissimo questo racconto è dire poco. Eppure è proprio “bellissimo” che mi sento ripetere mentre lo rileggo e cerco poi di lasciar decantare la commozione.
A commento della storia che narri , invece, mi viene da dire: fortunata, quella bambina, che almeno aveva un padre capace di amore.
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pispa ha detto:
eh. non so cosa dire.
forse proprio un cuore di coniglia, come spieghi tu.
forse quello :)
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sistercesy ha detto:
crescere così è dura, vero?
si impara a gestirsi il proprio vivere,
i sogni rimangono sogni,
la vita è ben altro,
grazie
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Cara Arden, come possono mai le tue parole essere rozze o banali?
A me arrivano sempre come il regalo di uno sguardo attento e affettuoso. E te ne ringrazio, con lo stesso affetto.
§§
O Pispa, ogni tanto nel piccolo rustico in campagna dove mio fratello suona, si va a tagliare l’erba. Ci sono conigli bradi e lepri e fagiani. Qualche airone, anche. E un gufo, amico (o condomino) di ghiandaie, credo, visto che trovo vicine piume assortite.
Il rumore del trattorino taglia erba deve essere ipnotico: allora succede che un coniglio s’imbamboli per la paura, lungo il tragitto della macchina…Bisogna delicatamente spostarlo, prendendolo in mano. Ecco, ne senti il cuore ovunque, all’impazzata e ne prendi una tenerezza infinita. Infinita. Un saluto grande.
§§
Sì, cara Cesy, i sogni per fortuna sono altro e meno male che r/esistono, nonostante il banco di prova della realtà. Credo si impari a vivere nel bilanciamento: ogni conto solo a consuntivo…
In questa storia ‘di seconda mano’, non autobiograficaperciò, il sogno può essere anche soltanto un coniglio con cui giocare, chiudendo temporaneamente le porte ad un dolore troppo grande.
Un saluto sorridente e grazie.
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Deli ha detto:
è … splendido.
Un abbraccio cara, da un’amica troppo presa altrove :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
Molto cara Deli: nessuna fretta, noi ti si aspetta, perchè anche gli impegni poi si sciolgono un po’ :)
Abbracciatona…
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pispa ha detto:
le madri pazze. ce ne sono tante, secondo me ogni tanto tutte impazziscono e diventano così o fanno altre stranezze.
e per i nostri figli credo sia dura vederci così esposte e fragili.. che razza di esempio?
ma la vita non chiede mica nulla, ti mette davanti alle cose e ciao.
che venga bene, si spera :)
ciao
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isabel49 ha detto:
Sei magica: hai narrato una vicenda toccante per il tema, dipingendone i particolari con eleganza carezzevole, come sai fare tu. Non sfugge nulla al lettore, tutta la sofferente atmosfera, la gravità del male materno e il dolore, l’ansia e la preoccupazione della bambina.
Bellissimo racconto, ti auguro un buon lunedì, cara Zena.
Un abbraccio, Annamaria.
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Gardenia ha detto:
Sei delicata in maniera inimitabile, cara Zena, dalla scrittura in poi.
E ti esento dall’arrossire…g*
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stepa ha detto:
A giugno sarò a Ferrara, qualche giorno, per una piccola visita medica e forse a Mantova (qui per puro diletto). Chissà che non ci si possa incontrare… Un abbraccio grande.
S.
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giuba47 ha detto:
Solo tu sai raccontare così l’incontro con la fragilità. Il tuo racconto e lieve e possente nello stesso tempo.
Adoro come scrivi…
Un abbraccio,
Giulia
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sgnapisvirgola ha detto:
…La bambina restava un poco dura, stanca quasi venisse da lontano, ma finiva con l’andar vicino e prenderle una mano. Stupiva nel trovarla calda e vera. La stringeva e solo la sentiva umida tremare, di scatti e di salti irregolari. Come un cuore buio di coniglia. …
Difficile non commuoversi ad una chiusura del genere. Si percepisce tutta una vita, dalle lenzuola a penzolare, alla paura di entrare in casa, al buio del dolore, all’innocenza che stringe ugualmente quella mano così persa. Quasi a ritrovarla, a farla tornare a casa, chissà.
Bellissimo amica mia, bellissimo.
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cigale ha detto:
“Come un cuore buio di coniglia.”
Complimenti, questo racconto mi riecheggia ancora dentro. Buon segno: la cifra di un’emozione.
Ti abbraccio.
8-)
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Grizabella1 ha detto:
Un dramma sussurrato a fior i labbra, ma che ti entra dentro come un tuono. Bellissimo. :)
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melacecca ha detto:
mi sono venute le lacrime agli occhi, mi sono immedesimata nella bimba più che nella mamma, chissà perchè è lei che mi sembra la più indifesa.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Pispa, credo sia una grande verità quella che dici: è facile perdere la misura.
Continuo a dirmi che si vive come si può: senza modelli da cui desumere sensi di colpa.
Niente è matematicamente certo: ho visto, a scuola, serenissimi ragazzi di madri magari apparentemente un po’ sopra le righe o inquiete, e infelicissimi ragazzini dotati di madri apparentemente assai equilibrate.
Occorrerebbero più vite per chiarire il legame con la propria madre: ad ogni età corrisponde la complementarietà di ruoli mutanti. Credo.
Un saluto grande.
§§
Cara Isabel-Annamaria, lo scrivevo anche ad un amico: mi pare che i racconti ‘a dimensione bambina ‘ un poco contribuiscano ad edificare il mondo o, almeno, ne traccino le basi, con il gesso. Li cerco, li ascolto, li ‘rispetto’ non per amore di archeologia, ma per individuare ciò che di vivo dà, a sua volta, vita.
Sarà che sto rileggendo Meneghello e il suo mondo piccologrande….
Ti ringrazio tanto, come sempre.
Saluti sorridenti.
§§
Gardenia, cara, lo sai che esentarmi dall’arrossire non può che sortire scarsi esiti :)) Un abbraccio color rosso pito. (e grazie, come ogni volta)
§§
Caro Stepa, ci contiamo: il mio paese è proprio lì, sulla strada.
A presto, allora: con grande affetto.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Cara Giulia-Emilia, è così ineludibile l’incontro con la fragilità… Per quanto mi riguarda, credo di averla coltivata come un sentimento.
Grazie per questa tua attenzione.
ciao:)
§§
Grazie anche a te, Sgnapis. Ci sono malesseri nascosti, altri fuori-escono incontenibili e almeno ‘parlano’, si rendono visibili…Riconoscerli, ‘frequentarli’ è già un modo per cercare soluzioni.
Un saluto grande d’affetto.
§§
Cigale, grazie per queste tue parole così belle e grazie per non aver perso la strada che ti porta qui. Un abbraccio.
§§
Grizabella, non ho più parole per ringraziare. Sono contenta per l’accoglienza riservata a questo racconto. Tanto. E ti saluto con affetto.
§§
Melacecca, non so chi sia più indifeso, proprio non lo so… La piccola, la grande, l’uomo potrebbero essere i volti di uno stesso grande dolore. Un saluto.
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feritinvisibili ha detto:
Quel padre Zena, meno male che ce lo hai messo vicino alla bambina, è sempre un godimento leggerti, un caro saluto, H.
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giuba47 ha detto:
E’ molto bello quello che dici, di “accogliere la fragilià come un sentimento”. Rende molto bene quello che sento e mi chiedo perchè se ne deve aver paura… Riscoprirla questa dimensione ci farebbe vivere più consapevolemente e con più attenzione a cose e persone.
Un abbraccio
Giulia
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sistercesy ha detto:
sono passata per un caffè
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Feritinvisibili, sapere che leggi queste cose mi fa sempre tanto piacere. Te ne ringrazio:)
§§
Sì, cara Giulia-Emilia, qui la fragilità è di casa: cerchiamo di non dimenticarla mai, di metterla nel conto degli investimenti e dei progetti e di convertirla in cedevolezza accogliente verso la vita. Nel passo avanti, non in quello che inchioda, all’indietro o al di qua… un saluto d’affetto.
§§
cara Cesy, questa è un’idea bellissima: una tazza di caffé caldo e forte, ma tostato dolce :)
Un saluto grande.
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toporififi ha detto:
sono sopraffatto, si direbbe che conosci dal di dentro tutte queste figure, che tu abbia il dono di vedere facendo esperienza intima di ciò che vivono le persone di cui racconti.
Io, io conosco solo le cose che ho vissuto e ogni tanto le leggo qui da te, qualcosa di questi ritorni a casa è mio e lo ritrovo qui.
Mi hai proprio mandato a gambe all’aria stavolta, la tua matita m’ha infilzato proprio il cuore.
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vera.stazioncina ha detto:
hai chiuso in modo magico…
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Topo molto caro, averti qui è un regalo e le cose che dici….quelle proprio commuovono. Ti ringrazio con un abbraccio.
§§
Grazie anche a te, Vera. Di cuore.
(sorriso)
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IdaKrot ha detto:
Raccontare storie così,calate dentro di te tanto da riuscire ad esprimere le smorfie nel dettaglio,succede se sono proprio dentro la pancia e nel cuore.
Grazie Zena anche per essere passata,Ida
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elisnelpaese ha detto:
Un giorno, giuro, raccoglierò tutte queste tue “Bambine” in un contenitore e ne farò dono di favola.
Poi dirò, a chi le riceverà, che le ha scritte La Fata delle Nebbie, detta anche Carta dizucchero!
Grazie perché ci sei.
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Senza ha detto:
carissima, era un bel po’ che non venivo sul blog, preso da altro. E ti ritrovo, ogni volta vera e serena, e capace di consolare storie terribili; ti ringrazio, sei forte e dai forza.
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irazoqui ha detto:
le foglie di fico fecero da tenda anche a me, quarant’anni fa.
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birambai ha detto:
dovresti cominciare a scrivere soggetti per il cinema, cara Zena. Che c’è e si vede sempre tutto, anche quello che non si può descrivere.
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triana ha detto:
C’è sempre una sopresa bellissima venendo qua.Ti abbraccio forte
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giuliadalmare ha detto:
Quello che mi colpisce sempre nei tuoi scritti, cara Zena, è il tocco leggero con cui ti accosti alle storie, ancora più prezioso (diceva Calvino nelle sue lezioni) quando, come Perseo, deve affrontare quella Medusa il cui sguardo di tutto fa pietra: il dolore, la solitudine, l’angoscia. Davvero bellissimo.
Anche la terra è una madre matta che strepita e strappa e sbatte, poi si scopre ogni volta ferita e fragile. Ci fosse stato un rustico per potervisi rifugiare, e una coniglia bianca per far passare la paura.
Grazie, come sempre, e anche delle parolebelle che mi riservi. Un abbraccio di tanto affetto, g.
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skipper246 ha detto:
Passando di qua non si rischia mai di restare col cuore vuoto, si ritorna con un sigillo di vita spesso amare e struggente, mai disperata.
Un abbraccio forte cara Zena.
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cicabu ha detto:
Toccante questo racconto..riesci sempre a commuovermi…^^
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
cara ida, io credo che il dolore sappia aprire la capacità di corrispondere: sentire e accogliere.
Un saluto grande
§§
Cara Elis, ‘fanno razza’ per conto loro queste storie bambine… Non so, è un momento così: bisogno di ridurre il punto di vista e accostarlo a ciò che è piccolo e fragile. Un abbraccio.
§§
caro caro Senza, è cosa bella quando rispunti: noi non ci muoviamo da qui:) Sono tante le storie da consolare, pettinare, aggiustare un po’. C’è pure da soffiar loro il naso, ogni tanto. Abbracci diffusi ai trentini e alle trentine noti/e :))
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Grizabella1 ha detto:
Affettuosi auguri di buona Pasqua! :)
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Gardenia ha detto:
Auguri belli di pasqua serena, g***
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
caro iraz, un fico dietro il rustico, che cercava di entrare nella legnaia, c’era anche a casa mia: non c’era verso di orientarlo diversamente, cercava di entrare per ogni pertugio. E naturalmente i frutti migliori erano quelli che maturavano sul testto, al profumo di sole e di coppo:) ciau, eh.
§§
caro Birambai, io non so mica fare quelle cose lì:)) A volte però penso che mi piacerebbe tanto sentirti leggere un raccontino dei miei. Per capire che effetto farebbero su un’altra pelle e con un’altra voce… La tua sembra venire dal cuore della terra… Ciao :)
§§
Triana, molto cara, sono le tue apparizione a fare bene, sai :). Ti abbraccio.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Molto cara Giulia, la mia Giulia dal mare:), è proprio il dolore medusa che impietra quello che si cerca di esorcizzare.
Addomesticare il dolore, ‘abitarlo’, appunto, questo è forse meta e ‘metis’, insieme…
Sai, anch’io ho pensato, in questi giorni, che siamo tutti bambini di una madre terra matta, piccoli piccoli e spaventati…
Imparare a leggere i segni di una terra instabile e traballante, compresi quelli della sua fragilità, credo sia altrettanto importante quanto saperne abitare il dolore.
Un bacio anche a chi sta arrivando da voi :)
§§
Vero Skip, vuoti e disperazioni son lussi che mica ci si può permettere:)) C’è da coltivare la riserva del ‘sentire’, per ogni evenienza… Un abbraccio, amico caro.
§§
Altrettanto cara Cicabu, io ti sento vicina. Un saluto di affetto.
§§
cara Grizabella e cara Gardenia, vi accomuno nello stesso abbraccio e nello stesso ‘sciame’ di auguri. Un saluto sorridente.
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birambai ha detto:
Sarebbe un piacere, per me. Ma credo che sarei sopraffatto dall’emozione.
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melacecca ha detto:
la bambina sapeva come fare, è proprio così, i bambini e anche gli adulti trovano un modo di vivere anche dentro le situazioni più dolorose.
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linodigianni ha detto:
auguri di buoni giorni, col, a te e lino
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caprettetibetane ha detto:
Fantastica, non è prosa ma poesia, come al solito.
Auguri anche a te, ti sei fatta delle risate a leggere il post del raduno… da come mi descrivono mi dovrei vestire da santone e mangiare peyote (che un surrogato ce l’avrei. il cactus San Pedro…).
Un abbraccio, Paolo
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setteparole ha detto:
Come è bello leggerti, Col. sempre delicata come una poesia.
Ti lascio un augurio sottovoce, ma affettuoso.
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madeinfranca ha detto:
…con i miei immancabili bisous !
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OraSesta ha detto:
auguri a te, a Linotuomarito e a tutti “della pagina”
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dodo712 ha detto:
Leggerti è sempre un piacevole impegno.
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passandoperme ha detto:
ecco, sfogato il tormento lasciarci avvicinare da chi ama senza condizioni. brava.
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Grizabella1 ha detto:
Spero che la tua Pasqua sia stata dolce e serena :)
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varasca ha detto:
la durezza di una giovane ferita. e sua mamma, quasi a demolire una prigione che non c’è.. vorrei che salisse sul furgone, ogni tanto, a farsi cullare dalle buche e dal suo uomo.
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ubaldoriccobono ha detto:
Il modus vivendi dei bambini è naturale in tutte le situazioni e riescono persino a smorzare i nostri dolori o i nostri crucci. Un saluto d’affetto.
U.
Amici di Pirandello, Sciascia, Empedocle.
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MIRELLADEPARIS ha detto:
Un abbraccio cara Zena!
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colfavoredellenebbie ha detto:
Carissimi, sono giorni di permanenza ‘altrove’.
Scusate, intanto, queste assenze silenziose, che mal rispondono alla vostra gentilezza.
Un saluto grande (e un grazie) a tutti.
z.
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giuliadalmare ha detto:
Buon venticinqueaprile, cara Zena. C’è così tanto bisogno di resistenza…
Un abbraccio duplice da tutti noi, con affetto grande, g.
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linodigianni ha detto:
Un abbraccio a te e lino
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Deli ha detto:
ciao cara, un abbraccio a entrambi :-)
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woodstock74 ha detto:
Bellissimo. Soprattutto la parte della bambina nella conigliera.
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sistercesy ha detto:
un pensiero con il sole,
finalmente!!
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colfavoredellenebbie ha detto:
Vi lascio un abbraccio, cari amici.
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biancabalena ha detto:
La paura del coniglio è forse la stessa dei “pazzi”: il sapersi così friabili e non riuscire a scordarselo.
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