(seconda parte)
Furono tante le estati di musica e pedali, di caldo e di stelle per compagne, così vive da durare nei racconti dell’autunno, all’osteria, e da tirare inverno, fra una partita a carte e qualche uovo sodo.
Fu proprio all’osteria, in una sera di sagra novembrina, che l’amico di caccia più fidato gli diede la notizia letta sul giornale: davano la Traviata, a Parma, di lì a poco.
C’era da andare, anche se il freddo cambiava la vita e le giornate, e la galaverna picchiava contro i vetri la mattina.
Anche se gli anni continuavano a fioccare.
L’amico capì che forse non doveva dire: il lievito hanno le passioni. Per un poco covano zitte e quiete, poi si gonfiano e straripano. Sono così piene di furore. Sciocco chi cerca negli anni la saggezza: fra loro, gli anni, si dicono bugie, giocano a nascondere e a dimenticare. Tant’è che al BigioParma non sembrava poi tanto lontana, se la bicicletta consolava le mani con i manicotti bianchi di coniglio.
Piuttosto, il Regio aveva le poltrone rosse, persino di velluto, e fregi di oro matto, tutt’intorno.
Per entrare si poteva entrare, la maniera di non pagare c’era, ma stavolta ci vuole la cravatta, aveva detto Gino, e anche la giacchetta.
La sera di santa lucia l’amico tornò a casa in busto di camicia, senza dire in famiglia neanche bao: la moglie e le nuore intorno, a chiedere con gli occhi.
La Dina era anche abituata a tacere sulle cose strane, ma alle giovani pareva una gran cosa che sparisse una giacca nuova nuova, col taglio così fino dell’Alonso, e senza neppure una parola.
Torna, lui disse a tavola, poi, alla nuora, sarebbe bello che domani la bambina non andasse a scuola.
Alle otto del mattino il campanello rivelò un Bigio tutto intirizzito, sul braccio un fagotto ben disteso.
Compermesso, disse alla Dina, che cominciava già a capire e versava svelta nei bicchieri caffé forte e bollente e un po’ di ferrochina.
L’odore buono e il caldo sciolsero tutta la Traviata.
Tornò, raccontata col dialetto, con tanti alorale’ e aloralu’: il Bigio nella stessa stanza era padre e servetta, Violetta ed anche Alfredo, che rinnovava l’oltraggio dei denari, gettati a terra, nel mezzo del brindiamo, in segno di scherno e di disprezzo.
E si commuoveva a cantar l’amami Alfredo, con le donne a tirare su col naso e a dire ancora.
La bambina forse non capiva, ma seguiva con il cuore preso, seduta sulla poltrona grande. Puntava il dito spesso e diceva uomo, donna, nel rapido passaggio delle parti, sbirciando il consenso muto di suamamma.
Non volle fermarsi a mezzogiorno, il Bigio, anche se sapeva sincero e benvoluto l’invito ai cappelletti nel brodo di gallina.
Sembrava un po’ più piccolo e come rinsecchito dentro il tabarro scuro: stanco del parto di tanti personaggi.
L’amico lo compagnò sull’uscio, quasi a volerlo trattenere: il freddo, un’altra pedalata, quell’aria un po’ stupita e rarefatta che promette neve.
Ma il Bigio era uomo di no che non vogliono insistenze, nemmeno trattative.
Solo tornò indietro a cercare la bambina, che chiedeva alla nonna altri racconti, pescando nel brodo il più grosso degli ovini di gallina.
Ho da dirti un segreto.
La bambina fece gli occhi grandi e porse anche l’orecchio, come accadeva per gioco con suo nonno, quando per lei inventava parole tutte strane, da usare al momento del bisogno, per tenere lontane le paure.
Arrivò la gran rivelazione, che aveva il sapore della prova e diceva di affetto e vicinanza, di viaggi premiati col ristoro di una umana, acquistata confidenza.
La Toti dal Monte la gà ‘na pana sota la lasena. A destra.
A questo pensava ancora la bambina, il giorno dopo a scuola, a quel neo che faceva nobile l’ascella.
La maestra intanto leggeva sul quaderno la giustificazione che il nonno aveva con cura compitato: Bambina assente per opera lirica. Buon giorno.
arden ha detto:
Sempre bellissima, Zena:-)
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Gardenia ha detto:
Sei speciale, amica mia.Bacionotte.g*
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uomoecane ha detto:
Una cronaca intensa e vera, dal mito del Regio a gli ovini nel brodo.Quei cappelletti sono sempre buoni anche a distanza di anni mantengono il profumo.
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Grizabella1 ha detto:
Che bello! Ciao,Sara
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cicabu ha detto:
Ciao cara Col..buon we…^^
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barchedicarta ha detto:
quel tuo modo di raccontare che commuove tutta mele storie di una voltae mi viene in mente mio padre che aveva pochi anni di ragazzino e andò in adria alla sua prima opera con la bicicletta..chi ha vissuto con la lirica in casa credo che abbia l'animo di musica come te cara zenza grazie e buon mattino e felice fine settimana..bellissima
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Gardenia ha detto:
bacionotte, zenag*
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Gardenia ha detto:
ci vedremo domenica prossima, nebbiolina?bacigrazia
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mezzastrega ha detto:
la prima opera l'ho ascoltata dallo stereo nuovo comperato da mio padre, col vinile che girava… il RigolettoLa prima volta che l'ho vista è stato all'Arena, mio padre non c'era più ed io ho capito solo lì davanti ad una maestosa Aida, la sua passione.La giustificazione del nonno è meraviglia :-)Grazie
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woodstock74 ha detto:
Zena, che vuol dire:La Toti dal Monte la gà ‘na pana sota la lasena ?
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elisnelpaese ha detto:
Che commozione quella giustifica: Bambina assente per opera lirica.Lo devo dire alla mamma delle pupattole di casa, meglio un giorno a respirare arte [con annessa giustifica], che rigide regole sulla presenza a scuola, sempre, ad ogni costo e in ogni circostanza.Un abbraccio.
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Gardenia ha detto:
toc tocg*
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cicabu ha detto:
Il nonno mi portò all'opera (alla Scala!) due volte ma io non apprezzavo..ero proprio un salame…solo il balletto (la Fracci) mi affascinò….Ciao cara..buona domenica…^^
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colfavoredellenebbie ha detto:
Grazie. Un grazie di cuore a chi è passato e non si è risentito del mio silenzio.Avrò cura di salutare, piano piano: è una strana primavera di acciacchi aggiuntivi. Che ci possiamo fare, eh?Una traduzione per Barbara:La Toti ha un neo sotto l'ascella. A destra.:)
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giuliadalmare ha detto:
Quanta musica c'è in questo racconto, cara Zena: non solo quella di Puccini e Verdi, ma quella che ci metti tu, con parole (che vai a pescare chissà dove) che aderiscono come pelle ai suoni della natura, delle cose e delle persone. E poi la musica bella di quella nostra parlata, ripiena di senso ma leggera, come pronunciata sempre col sorriso sulle labbra.A proposito di opera, l'anno scorso si andò tutti insieme a sassari a sentire la Bohéme: un incanto per i bambini, che restarono per quattro atti col fiato sospeso. La piccola, che, per inciso, ha un neo sotto l'ascella, aveva li putini agli occhi. Un abbraccio grande, con emozione, g.
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giuba47 ha detto:
Ho letto questi due pezzi con la solita ammirazione. Che tocco leggero e nello stesso tempo profondo.Ti pensoGiulia
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Deli ha detto:
:-)
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