Qui come altrove, c’è la donna che stira i pantaloni del marito, specie quelli grigi, ad occhio di pernice, ogni mattina: li prende dall’armadio e sull’asse li sistema bene, per pareggiare gli orli e non perdere la piega. Sempre sceglie di aprirli come un libro: sulla parte piana mette un foglio di velina bianca perché la stoffa non abbia a lucidarsi per la strisciata del caldo che ripiana.
(Le piace sentire la carta che crocchia e biscotta, ancora più sottile, con l’impronta del ferro disegnata a scudo)
E s’affretta, quasi la corriera fosse lì a reclamare il suo uomo, per partire.
A chi le dice sorridendo che non vale, quel gesto, tutta la fatica, che il marito non c’è più da tanto tempo e stirare, stirare anche col caldo, non può che fare male, la donna non risponde niente. Stacca una gruccia dall’armadio e mostra un pantalone a caso. All’altezza del ginocchio, a lato, rughe di pieghe si schiudono a raggiera: un mezzo sole, fermo nel passaggio.

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