Qui come altrove, c’è la donna che stira i pantaloni del marito, specie quelli grigi, ad occhio di pernice, ogni mattina: li prende dall’armadio e sull’asse li sistema bene, per pareggiare gli orli e non perdere la piega. Sempre sceglie di aprirli come un libro: sulla parte piana mette un foglio di velina bianca perché la stoffa non abbia a lucidarsi per la strisciata del caldo che ripiana.
(Le piace sentire la carta che crocchia e biscotta, ancora più sottile, con l’impronta del ferro disegnata a scudo)
E s’affretta, quasi la corriera fosse lì a reclamare il suo uomo, per partire.
A chi le dice sorridendo che non vale, quel gesto, tutta la fatica, che il marito non c’è più da tanto tempo e stirare, stirare anche col caldo, non può che fare male, la donna non risponde niente. Stacca una gruccia dall’armadio e mostra un pantalone a caso. All’altezza del ginocchio, a lato, rughe di pieghe si schiudono a raggiera: un mezzo sole, fermo nel passaggio.
Qui come altrove 9
25 lunedì Lug 2011
Posted qui come altrove
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Quante false pieghe siamo capaci di stirare – diritto e rovescio – su valere e valore…
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S-piegare anche le grinze dei pensieri, dei sentimenti, delle paure…
Richiede una energia che sfianca.
ciao, Marosit: saluto grande.
z.
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Un grazie infinito, dunque, alle stiratrici. A quelle valorose, quelle che vedono il sole nel passaggio.
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quella carta che scrocchia
quanti ricordi a piegarla per la bottega
e i fogli bianchi sottili sottili di quella per le sarte
che belle cose tu che ricordi smpre con lo sguardo incantato della pianura dentro la nebbia che non copre i tuoi ricordi la tua gente mai…
abbraccissimo Zena
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Commovente questo ripetersi del gesto della stiratura per non dimenticare un uomo e un amore. Un'altro dei tuoi preziosi dipinti, rapide e precise pennellate e la magia è di nuovo sotto i nostri occhi. Buona giornata, Annarita
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Pieghe che conservano impronte
la vita che strina, a volte, senza varta velina.
e tu che racconti come se osservassi quel tempo, spianato lì, sull'asse da stiro…
grande.
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cara Marosit in questo momento della mia vita mi sto sempre più innamorando delle mani, per la memoria dei gesti che conservano anche quando il tempo ha cancellato altri saperi e altre nozioni. L'arte dello stiro rientra nella categoria, ma anche quella del riporre gli abiti e del pettinarsi.
Il fare credo lasci impronte difficilmente cancellabili.
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Scusami Marosit, mi si son mangiati i saluti:))
Rieccoli qui, con affetto.
z.
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cara Barche, la carta dei modelli tornerà in un altro Qui come altrove, non so quando, ma tornerà. Lucida da una parte e opaca dall'altra, tagliata e attraversata da mille segni, era la prima impalcatura del vestito.
Grazie, sempre cara tu.
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Sì cara Annarita, io la conosco bene questa vecchia signora che continua a stirare gli abiti, nonché a profumarne l'armadio… Credo che ogni antidoto alla dimenticanza abbia diritto d'asili, se non diventa troppo doloroso.
un caro saluto
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Cara Cristina, la vita sa strinare senza troppe gentilezze: vogliamo chiamarla attila, fra noi?
L'importante, comunque, è che, a qualunque latitudine o tappa del percorso, torni a rinascere qualcosa:)
Un abbraccio.
z
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Il sole diventa a tutto tondo e sorride di più nel fermo del pensiero all'uomo che più nessuna corriera potrà prendere.
Un ferro da stiro che imprime a caldo ogni giorno un ricordo caro sempre in ordine.
Un bacio Zena.
m.
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Sai che quasi sentivo il profumo/odore del vapore che si leva dal pantalone passato col ferro da stiro? Un abbraccio :-)
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(riprovo, commento sparito): Sai che quasi sentivo il profumo/odore del vapore che si leva dal pantalone passato col ferro da stiro? Un abbraccio :-)
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un ferro da stiro trova sempre da lavorare: ci son da ripianare i ricordi, ribattere orli e pensieri un po' precari, asciugare qualche ombra-nuvola di passaggio. Cara Momi, hai ragione: il ferro da stiro contribuisce ad un ordine tutto interiore, fatto di abitudini e cura. Un abbraccio a te:)
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Deli, carissima, se ne parlava dell'odore cotto dello stiro, ricordi? E' proprio così: irripetibile:) Ti abbraccio.
A tutti, buona notte buona
z.
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ma che cos'hanno i commenti, questa sera?
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La prima volta non appaiono: hanno bisogno di un incoraggiamento secondo, allora si materializzano. Insomma si fan vedere solo se sono in coppia: trattasi di regressione affettiva??? mahhhh!
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Al pomeriggio facevo i compiti nei primi anni sessanta e la zia Lucia aveva sempre in mano il ferro da stiro, ore interminabili, appese nel tempo.
Aveva fatto solo la seconda elementare ma quante cose sapeva, quante me ne ha insegnate mentre inspiravo l'odore del suo lavoro sull'asse da stiro che altro non era che un'asse di pane avvolta in una coperta e un telo bianco.
Un locale da ferri da stiro il nostro, Afra la sarta usava quello con le braci rosse, la zia Santina aveva appoggialto il suo elettrico sul tavolo nuovo in formica e il calore scollando gli strati di legno lanciò il ferro fino al soffitto…altri scudi.
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Falconiere: buon giorno!
La cucina della nostra casa grande era anche il laboratorio di sartoria di mia zia. Io facevo i compiti nella stanza accanto, a porte spalancate. Un flusso continuo di chiacchiere, fruscii ed odori. E il rumore tranciante del forbicione sulle stoffe spesse, regolare e cigoloso come quello di una macchina ben oleata.
D'inverno c'erano le ferrine, piccole e piatte, sempre sui cerchi della stufa. Sembravano ballerine pattinatrici nelle mani delle donne di casa: un colpetto e ogni imperfezione spariva. Quanta destrezza.
ciau.
z.
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Bellissimo, Zena. Mi tocca profondamente.
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(e io allora mi commuovo:))
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