Qui come altrove c’è il vecchio che saluta levandosi il cappello.
Panama, d’estate, con il nastro scuro, feltro d’inverno, appena un po’ annebbiato: entrambi con l’orma della gentilezza, ai lati della cupola. Lì torna la mano ogni volta, come per strada nota.
L’uomo che saluta levandosi il cappello disegna nell’aria una voluta breve, un accenno di curva che piega verso destra, un cirro di garbo e leggerezza. Un gesto che ha il sapore del passato e insieme di amorevole presenza.
Sorridono le donne che ciabattano per piazza, la mattina, scese a comprare il pane ancora caldo, sorridono le ragazze, belle nelle gambe nude, e pure la vecchia che mastica la messa anche quando la messa è già finita.
poetella ha detto:
…quella vecchia che mastica la messa…
zena!!!!!!!!!!!!!!
ma come ti vengono…
(comunque, forse lì…ma qui…ne ho visti proprio pochi di vecchi che salutano levandoso il cappello…
triste frettolosa volgarità delle grandi città…)
un bacio
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colfavoredellenebbie ha detto:
Buon giorno, cara Lucia: è la prima mattina fresca dell’estate.
Un saluto in freschezza, dunque.
Ho sempre pensato che le vecchie, le preghiere, le mastichino quasi come il pane secco. Un riflesso condizionato:)
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poetella ha detto:
buon giorno amica mia!
fresco anche qui…
che finalmente si possa un po’ respirare?
(deiziosa la tua teoria sulla masticazione delle preghiere…
sì, direi che è un’immagine davvero convincente, sai?
Come tutte le tue immagini…e, come tutte, poetica e dolce…)
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fernirosso ha detto:
addirittura non usano il cappello, né le donne né gli uomini.Al massimo quei cappellini venuti come sempre da oltre oceano,con la visiera che nasconde gli occhi e poi gli occchiali dal sole scuri,che non sai mai con chi parli.Le chiese poi sono deserte,fa caldo pure là dentro.Meglio i centri commerciali,seduti sulle panchine del viale centrale che ti ingoia ora in questo ora in quell’altro inutile negozio.Non mele o frutta, non dolci che non abbiano tutti il medesimo odore,quasi un afrore, dolciastro e nauseante,sempre lo stesso, per qualsiasi tipo di di pasticcio culinario. Insomma,questo è ieri, molti, moltissimi anni fa.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Io li odio i berretti con la visiera, specie se calcati all’incontrario. E pure le nuove cattedrali del commercio invase da una musica indistinta e martellante…
La gentilezza sopravvive in piccole ‘riserve indiane’ in via di estinzione: e allora la si coglie e la si conserva, almeno nella memoria di un gesto, come antidoto in tempi di deprivazione.
Non per passatismo, ma, direbbe la mia cara amica Letizia, per ‘nostalgia di futuro’.
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fernirosso ha detto:
me lo auguro anch’io che qualcosa resti, che non sfumi tutto…nelle nebbie.Grazie,fernanda f.
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anna setari ha detto:
Ho sempre amato i cappelli maschili e il gesto, anche appena accennato, del saluto.
Sorrido anch’io a questo vecchio gentile che fai apparire con tanta evidenza sulla nostra strada.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Tanti vecchi gentili sono disseminati sulle nostre strade. Ieri sera io e L. li enumeravamo, in una nostra, tutta personale, galleria di sorrisi. un abbraccio.
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Tony ha detto:
Poi ci sono i vecchi che fanno, per salutare, un impercettibile inchino, sollevandosi dalla sedia.
Ma tu sai cogliere ogni desueta tenerezza….
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colfavoredellenebbie ha detto:
Sìsì, l’accenno di un inchino.
Tony, sarebbe bello censire i gesti della gentilezza, giusto per non perderne almeno l’orma.
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Pattinando ha detto:
Troppo bello. Chapeau! Baciotto*
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colfavoredellenebbie ha detto:
:)
(sorriso di affetto)
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cristina bove ha detto:
ah, questo vecchio pare di vederlo!
è magia la tua scrittura
e come un fluire di sorgente, lungo la vita, formando mulinelli di immagini, pozze chiare da cui emergono coreografie di gesti, policromiche presenze…
mi verrebbe da definirla fantasmagoria di voci.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Cara Cristina, tu regali sempre poesia.
Grazie, di cuore.
E un abbraccio grande.
z.
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Dante ha detto:
Che immagine meravigliosa!!!!!! Peccato che, ormai, appartenga al passato.
Dante
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colfavoredellenebbie ha detto:
Ti ringrazio infinitamente: mi hai dato la possibilità di conoscere il tuo blog: un luogo che tutti dovremmo frequentare per imparare ad essere migliori.
Mio marito pratica e insegna judo da una vita e segue in particolar modo la didattica per ragazzi che hanno abilità ‘altre’.
Da loro ha imparato molto e continua ad imparare.
grazie ancora.
zena
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katherine ha detto:
E’ vero, pare proprio di vederlo il vecchietto gentiluomo, e anche la donna che “mastica la messa”. Immagini lontane che ci rimandano ad un passato che forse non si rinnoverà più, ma resteranno queste pagine per ricordarlo e per farci provare ancora un po’ di nostalgia.
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colfavoredellenebbie ha detto:
sai, Katherine, mi ha sempre molto divertito il ‘latinorum’ storpiato nelle preghiere, tradotto in dialetto o con inflessioni tratte dal quotidiano. Un caro amico, che spunta anche qui, aveva intitolato il suo blog Donna Bissodie, ‘riconversione’ ad uso interno del Dona nobis hodie…
:)
Un carissimo saluto
z
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germogliare ha detto:
Zena…grazie! per questa scene che ci regali.
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colfavoredellenebbie ha detto:
E’ sempre bello trovarti qui: grazie a te, con un sorriso.
z.
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melogrande ha detto:
Mi hai regalato un ricordo improvviso e tenero di mio nonno, e del suo cappello.
E del fatto che mi piacerebbe diventare un vecchio così, se tra un po’ di anni venderanno ancora i cappelli di feltro.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Melo, tu saprai essere gentile anche senza feltro: troverai gesti e parole. E’ una certezza.
saluti sorridenti,
z
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gelsobianco ha detto:
è un peccato che, oggi, questo togliersi il cappello non esista più!
ho nostalgia di alcuni modi del vivere di una volta.
tu mi hai fatto emozionare con le tue parole.
ho visto il gesto che “disegna nell’aria una voluta breve”…
la chiusa è notevolissima “e pure la vecchia che mastica la messa anche quando la messa è già finita.”
i miei complimenti.
grazie.
gelsobianco
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colfavoredellenebbie ha detto:
Grazie, Gelsobianco: hai scelto un nick che mi è molto caro. In un vecchio rustico abbiamo un gelso generoso di frutti bianchi e dolcissimi. E’ lì da innumerevoli anni, a segnalare la possibilità di resistere al (cattivo) tempo.
Le tue parole gentili mi sono altrettanto care.
un saluto.
zena
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gelsobianco ha detto:
io ho scelto questo nick proprio ricordando un grande gelso che mi affascinava da bambina nelle mie vacanze in campagna.
quei frutti bianchi e dolci…
so che, in Sicilia, preparano ottime granite di gelsi. usano prevalentemente quelli neri.
un caro saluto, zena.
gelsobianco
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t. ha detto:
Sì, è un testo “magico” anche questo.
“Sorridono le donne…”
E’ un sorriso che accompagna – disegna – l’allargarsi del cuore.
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colfavoredellenebbie ha detto:
l’umanità sorridente è fra le cose buone e belle della vita.
abbraccio,
zena
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annitapozzani ha detto:
Purtroppo rimangono solo alcuni vecchi signori a mantenere vive le buone maniere, i gesti gentili che dimostrano rispetto per gli altri. Bello e delicato questo tuo racconto.
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colfavoredellenebbie ha detto:
grazie Annita, di cuore.
zena
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Fausto marchetti ha detto:
Ciao Zena, sono assente dai blog per via dei lavori di ristrutturazione in casa (Tzunami) smontare armadi e porte e lampadari e portarli in cantina . Anche oggi un superlavoro!. Ma stasera ho trovato il tempo per arrivare qui e incontrare il gesto di mio padre, lui amava i cappelli e non usciva di casa senza. Sono più di vent’anni che se n’è andato ma ricordo ancora il saluto al cappello, un po’ come quello che fanno gli alpini quando incontrano i superiori (anche io sono stato negli alpini). Mio padre aveva due modi di salutare col cappello, il primo togliendoselo e appoggiandolo al petto (di solito lo faceva entrando in una casa o quando incontrava persone per le quali aveva un grande rispetto come il medico, il sacerdote o persone importanti) . Il secondo gesto invece era n saluto che consisteva portando solo la mano davanti al cappello con l’atto di toglierselo ma lasciandolo lì (non credo fosse pigrizia o altro, piuttosto un modo di fare).
Poi ricordo un altro saluto col cappello che mi è sempre rimasto nel cuore:avevo 24 anni e non ero ancora sposato e lavoravo in una fonderia artistica con la mansione di responsabile della produzione ( una trentina di operai, giovani e adulti) fra loro c’era Mario il lucidatore che indossava un tony blu con basco in testa che non si toglieva mai neanche quando andava a casa in bicicletta. Quell’uomo aveva allora una cinquantina d’anni, era inavvicinabile per il suo caratteraccio eppure con me aveva stabilito un buon rapporto di rispetto e quando veniva nel mio ufficio si toglieva il cappello e lo accartocciava tra le mani quasi imbarazzato mentre l’imbarazzo l’avevo io per quel gesto di grande rispetto. Poco prima del mio matrimonio sua moglie si ammalò e quando mi strinse la mano aveva gli occhi lucidi ma mi mostrò un sorriso che diceva molte cose. Un anno dopo lasciai la fonderia per la fonderia, pani di farina invece di pani di ottone, Mario lo incrociavo tornando dal lavoro per un paio di anni poi andò in pensione.
Mi hai fatto venire voglia di scrivere un racconto su Mario, magari lo abbinerò ad una canzone sospesa perché sotto quel basco di panno blu aveva dei bellissimi capelli neri e quando andai al funerale di sua moglie al vederlo senza tony, in doppio petto grigio come un uomo di una volta , quelli che si è perso lo stampo, fu lui a riconoscermi, io avevo un velo liquido sugli occhi.
Grazie Zena e scusa se mi sono dilungato nei ricordi .
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Fausto marchetti ha detto:
p.s forneria al posto della seconda fonderia, ho fatto un sacco di errori, mi si stanno chiudendo gli occhi.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Caro Fausto, ti ringrazio moltissimo: i ricordi costruiscono arcipelaghi e sono felice quando un racconto ne chiama altri.
Grazie ancora: mio nonno è stato un uomo di cappello. Non so ricordare nessuno della sua eleganza. Anche uno zio che non ho mai conosciuto e che era di una bellezza infinita salutava di cappello, mi raccontano in casa.
Ci sono gesti che rimangono nell’immaginario atemporale diventano simboli cui attingere quando la realtà viene meno.
un caro saluto.
zena
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memoriedalpo ha detto:
tanto di cappello al tuo scrivere, alla gente che racconti:)
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