Qui come altrove c’è il vecchio che vende gli anni usati al bordo della strada, l’edificio grande a incombere alle spalle, col peso di finestre tutte uguali.
Facile ricevere un passaggio, specie se il freddo scioglie silenzi e indifferenze.
Il passeggero apre la portiera e subito gli arriva quel lamento. Sono troppi gli anni da portare, con la sorella dentro l’ospedale e la casa che se n’è andata via: resta quella che è di tutti e di nessuno, con le inservienti che perdono la pazienza.
L’uomo che vende gli anni usati vorrebbe cederli per niente, sgravarsi un poco dell’affanno. Almeno in forma di racconto. Perché il tempo è già pronto, in pacchetti ripiegati, di facile cessione: quello speso in Belgio a lavorare, in bocca il sapore del metallo, quello dolce del quasi matrimonio, quello della malattia…
Il passeggero sceglie a piacere uno scampolo di tempo da ascoltare, poi riporta il vecchio all’edificio grande, e gli pare di vederlo camminare più leggero.
Qui come altrove 34.
29 martedì Gen 2013
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Magari da vecchi vecchi… ma così, sulla strada di mezzo, ogni pacchetto creduto “ceduto” te lo ritrovi in tasca appesantito, come se ogni “passaggio” cementasse un nuovo strato di guscio-ricordo.
Ma è bello, proprio bello immaginarsi venditori degli anni usati.
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C’è mai nessuno che vuole anni usati.
da usare, forse.
ma usati no.
e allora ci si libera dei pesi ripartendoli in racconti: quelli hanno ancora un ‘mercato’…
:)
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a volte nei tuoi racconti cerco di individuare qualcuno del tuo paese che ho incontrato in quel tempo là…(:che bello quel tempo là:)
ciao cara Zena
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questo vecchio esiste per davvero, cara Cri.
un abbraccio
z
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studiare la ricetta della tua scrittura:ha da essere una torta salata, con dentro saporiti ripieni di farcitura, ma in mirabile equilibrio, chè ciascun gusto non sopravanzi l’altro…e in dose giusta, nè di più, nè di meno. Quelle ricette che si dicono a voce, dimenticando di tramandare quella spezia che, a riconoscerla, ti fa sentire a casa
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anche un po’ amara, qualche volta.
sennò come si fa a riconoscere la dolcezza, quando arriva…
ciao caro amico
(grazie)
z
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Sarebbe bello se riuscissimo reciprocamente a liberarci del tempo, in pacchetti ripiegati, di facile cessione. Ci sentiremmo più leggeri e più comprensivi gli uni degli altri. Bellissima microstoria, come sempre. Un abbraccio, Annarita.
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grazie, Annarita.
raccontare va in questa direzione, vero?
un abbraccio d’affetto anche a te.
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Ma sono anni usati garantiti oppure solo usati?
Salutami il vecchio.
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Ah, non c’è nessun usato sicuro: si accetta in busta chiusa…
però vige il diritto di baratto.
un saluto e un sorriso
z
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non so come fai a raccontare di steli spinosi e farli diventare rose.
questa la tua scrittura: una magia…
cri
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carissima, magari qualche rosellina d’inverno, quelle candite dal freddo, che si sfogliano solo a toccarle:)
con affetto grande
z
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è una gioia comperare anni usati da un vecchio al bordo di una strada di borgo, ci si immedesima e nascono altre storie di anni vissuti.
Come sempre toccato, ciao Zena, un abbraccio
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ciao, Edoardo.
Buona domenica:)
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quando torno a casa e mi spoglio del profumo di pane indosso sul pigiama un pullover verde antico del padre di mia moglie che ha il profumo dei ricordi. Tiene caldo e mi fa star bene come quando stavo accanto a lui a sentire le sue storie di ragazzo di campagna.
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Strana economia: chi racconta si alleggerisce nel condividere un ricordo, cosa importantissima; chi ascolta non si sente appesantito: si alleggerisce lui stesso, grazie a una visione più prospettica dei propri, di ricordi. Racconto geniale, anti-entropico. :-)
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Mi capita di rileggere le tue storie, e ci trovo sempre qualcosa di diverso. Perché IO sono diversa; ma per accorgermene, a volte, mi occorre leggere una storia!
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