Le parole.
Talvolta si fermano nell’attesa di una carezza, covano dolcezze in frigoriferi remoti o intristiscono dimenticate ai bordi di un cassetto.
Si guardano allo specchio ( se parlano da sole), ma anche limano le unghie per calcolati affondi o per certe felinerie cattive.
Solo poche volte s’addormentano, paghe di quel che hanno già detto, più spesso s’incupiscono in stagni di fraintendimento.
E per vederle femmine, ah per vederle femmine … le parole hanno bisogno di sguardi profilati, di duelli in punta di fioretto, allora disegnano la bocca di malizia e accendono gli occhi.

Piace, ogni tanto, far la conta di quelle che accompagnano la vita.
Le mie.
Piace stenderle sul filo,  toglierle dal libro di sabbia, scuoterle piano, col polso che si fa becco di cicogna. Piace rinfrescarle d’aria (in fondo sono come le doti delle vecchie ragazze: pile di tovaglie e tele fini, regalo di una cura che si dà a dozzine).
Con le parole è come con le cose: se non si ripassano, si finisce con l’usare sempre quelle.
Meglio, allora, per una volta, dispiegarle, lisciarle  e ripiegarle: in  file nuove, ma senza l’etichetta; solo un’immagine a tenerle a bada.

Io sempre vorrei tante parole ponte.
Sul ponte scorrono le idee: il ponte annoda  e stringe, profana la distanza, preso d’amore per quell’altra sponda.
Sul ponte scorrono gli affetti.
Sono belle le parole-ponte. Vivono fra isole. Prendono per mano, a ritrovare quelle del fiume, del mare e del lontano.
Ma stasera, che è sera di folgori appena un po’ annunciate e di buio estivo, vorrei scovare e stendere sul filo parole d’orecchino. D’oro e messicano. Gabbiette luccicanti con il cuore di lucciola viva, al posto del diamante, che sappiano bisbigliare, fare il grattino, per strappare un sorriso.
Parole a disperdere ansia, ad augurare rotte e ritorni, parole che accompagnino come gli sguardi buoni: sorgive e luminose.
Perché non hanno nemici, le parole e gli affetti, se non l’opacità.

(stanotte ne penserò tante, parole di famiglia, da tirare fuori dai cassetti per Giulia, per Rossella, per tutta la loro/nostra cara gente)