Si andava il martedì, al Verdi: doppia visione.
Prima, o un drammone d’amore o un filmino alla dorisday, roba di sentimenti, insomma, e, poi, al secondo turno, l’azione: o un film di guerra o un western o un mitologico pieno di sansoni.
Si andava, comparto femminile di casa, sdegnosamente assente il nonno: amava solo ernest borgnine o e.g.robinson (perché avevano la faccia da bulldog) e se ne restava in salotto col bambino piccolo: con noi l’unica compagnia maschile del Bigio, il gatto grigio, che prendeva la scorciatoia della ferrovia, quella della stazione porto, e ci aspettava davanti al cinema.
Il Verdi era un teatrone senza gloria e senza bellezza, senza boria e senza finezza.
D’estate si sfiatava nell’estivo, sul retro: un giardino con le sedie ballerine piantate davanti al muro bianco. Il proiettore, disposto nel camerino delle gazzose, fra le mastelle piene di ghiaccio, lo animava di vita propria, con figure incrinate da rughe di crepe.
Le parole svaporavano, facendo il giro del giardino, passavano per le bocche dei portoghesi, affacciati alle finestre delle case intorno, e ritornavano sulla platea, che non stava mai zitta di suo.
A settembre il Verdi ritornava in casa.
A noi piaceva andare al cinema nelle prime sere fresche, quando si usciva col golfino, e si entrava nel tepore del teatro, senza preoccupazioni sulla durata: tanto le scuole mica erano cominciate e la Diana aveva già dato i suoi esami. Pure quelli senza gloria e senza bellezza, senza infamia e senza lode, predicava mianonna, che usava i “senza” per spiegare ogni cosa, in un mondo raccontato per continue sottrazioni.
Mianonna camminava lenta, sottobraccio alle nuore, a cui non pareva vero di uscire la sera.
Dietro, io e la Diana.
La Diana tutta garrula, perché sicuramente avrebbe visto i suoi belli, qualche fila più sotto. Io con la sensazione che qualcosa doveva pure accadere.
“E tu ce li hai i morosi?” – mi chiedeva piano, miacugina.
Certo che li avevo, solo non avevo ancora capito che “moroso” è una parola reciproca e non richiede solo un’andata, ma anche il ritorno.
Piena di morosi a una sola andata, ero.
Alla Diana, niente, non dicevo proprio niente. Però ridevo, perché era più semplice ridere, in quel tratto breve fra la casa e il Verdi, coi pensieri già al cine doppio, alla gente, alla disposizione dei posti, ai beni di conforto.
Sì, perché non si dà cine senza beni di conforto.
All’ingresso del cine stavano i due baluardi dei beni di conforto, a cui si riservavano le monete della settimana: uno piccolo e uno grande, uno chiacchierone l’altro muto, uno compagno l’altro democristiano, uno a sinistra del Verdi l’altro a destra, uno venditore di brustoline secche e d’un sapore di legno bruciato e l’altro venditore di ceci lessi, tristemente pallidi, spesso freddini e un poco umido-collosi in superficie.
Per motivi politico-gustativi si optava per le brustoline, con qualche ripensamento, qualche vacillamento di fede, quando le si trovava così salate, ma così salate: piccoli semi di zucca incrostati di cristalli, tiepidi tiepidi, che – e fu scoperta poco digeribile – covavano sempre al caldo, nell’ultimo sportellino in basso della cucina economica, in cartocci di carta da giornale, assieme alle pantofole.
Con le tasche piene di brustoline, ogni film, col sottofondo di un sommesso crocchiare anti-chiacchiera, diventava bellissimo, anche se il cinemascope usciva dallo schermo e si imprimeva su mattoni larghi.
Era bello vedere i baci, sbiecando di sottecchi miamamma per sapere se mi osservava mentre li guardavo, era bello ascoltare le parole d’amore, mentre le donne di casa tiravano su col naso, era bello sentire il calore della sala che pareva una carezza col sospiro.
Si usciva un po’ intorpidite, strette, così ci si faceva tepore, a chiacchierare fitto di nomi storpiati e costellati di “et vist…”
La Diana era muta, persa in chissà quali sogni.
Il Bigio andava avanti e indietro, a intrappolarsi fra le gambe.
Io mi passavo un dito sulle labbra….Un bacio avrebbe fatto quell’effetto lì?
Forse, chissà, sotto la luna.
Iorandui ha detto:
Che tenerezza 🙂
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colfavoredellenebbie ha detto:
Io ricordo quelle serate come il commiato all’estate e i primi passi verso l’adolescenza.
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Amanda ha detto:
I morosi di sola andata sono meravigliosi 😉
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colfavoredellenebbie ha detto:
Vero? però ero moooolto selettiva:) Mi bastava un paio di calzini arrotolati alla caviglia, tipo laccio emostatico, per cambiare idea:)))
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cristina bove ha detto:
😅
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newwhitebear ha detto:
un amarcord che mi riporta indietro nel tempo. Hai descritto benissimo tutto e mi pareva di vedervi andare al cine…
Evidentemente il teatro Verdi aveva la prerogativa del doppio spettacolo. A Ferrara prima c’era l’avanspettacolo che di spettacolo c’era poco e poi il film all’ennesima visione.
I brustil ah! come erano buoni come i ceci nel cartoccio di carta gialla.
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colfavoredellenebbie ha detto:
sììììì, proprio così, buone buone le brustoline col sapore del legno.
Ci provo a farle in casa, ma ho un’insana propensione alla bruciacchiatura da un solo lato, dopo di che i semi si gonfiano e scoppiano nel forno:(
ciao Gian Paolo. Solo a scrivere la parola ‘forno’ mi viene caldo…
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cristina bove ha detto:
peschi nei ricordi pesci di luce, non di nebbia…
ti abbraccio
cri
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colfavoredellenebbie ha detto:
anche pesci di afa, in questo momento:)
Un abbraccio grande e ‘fresco’.
zena
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nuzzomonello ha detto:
Era la fine degli anni ’50. Nelle sere d’estate chiedevo insistentemente a mio padre di portarmi al cinema, l’area Margarita. E spesso mi accontentava, erano anni in cui le occasioni di svago non erano tante. C’era l’orto e il dammuso pieno di cianfrusaglie della nonna, un mondo da scoprire, sempre inedito e al riparo dagli occhi degli adulti. Al mare si andava poco. I grandi avevano da lavorare.
Al cinema c’era Frida cortigiana d’Oriente e la serie di Poveri ma belli. E poi lui il mio preferito Totò la sua comicità, la sua mimica, le sue avventure. Sia che fosse arabo, napoletano o romano con la fontana di Trevi in vendita, era sempre uno spasso. Uscendo mio padre diceva: cose di Totò…E non capivo mai il suo scetticismo. In sala erano tutti uomini al più qualche bambino della mia età. Ma una sera mi capitò di guardarmi intorno con un gran senso di fastidio, sebbene non capissi a fondo perchè. Ma il senso di disagio aumentava. Fu allora che pensai alle mie sorelle a casa, che inspiegabilmente non avevano mai chiesto di poter venire. Io che prima mi sentivo la piccola privilegiata, ora mi sentivo diversa, un intrusa e non mi piacque. Ritornati al cinema nel ‘ 68, prossima alla frequenza universitaria. C’era Alen Delon e Mastroianni.ti abbraccio Corrada.
Io ti ho vista sai mentre andavi al cinema con le donne di casa, ti ho seguita passo passo.
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