• Pesci di nebbia

colfavoredellenebbie

~ I racconti non finiti, le schegge di parole, le arie che si fischiano, le conte e gli scongiuri, che non hanno padri né nomi, sono pesci di nebbia dolce: nuotano e svaniscono.

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Archivi della categoria: cronache dal terrazzo

Cronache dal terrazzo 15

29 martedì Ott 2019

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Fiori e cespugli sul terrazzo hanno un’aureola fatta di vapore iridescente.
Avrei voglia di fermare questo spigolo di luce, in questa mattina galleggiante di fumanela.

La fumanela è quasi uno stato d’animo qui: è poco corpo per essere “cosa” ma è presenza fra gli occhi e l’ ‘oltre’.
Non può essere ignorata.
È caligine diluita che resta sui capelli, condensa gentile.
Impossibile chiamarla nebbia. La nebbia sa di altro, ancora.
Questa è solo incertezza dei bordi, instabilità delle cose.
La fumanela può diventare il sole giallino di adesso o ingrottarsi, scura, nel pomeriggio che vien giù veloce.
Adesso è luce, che si promette almeno per qualche ora. Chiarore a termine.
In bilico.
Sudori ereditati dall’estate appena finita e messaggi di freddo.

Intanto la vite americana impazza, sotto casa.
E la tortora, ipnotizzata, naufraga in una colata bordeaux.

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Cronache dal terrazzo 14.

23 mercoledì Ott 2019

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Prima che s’incollino ai piastroni di ghiaia, devo decidermi a raccoglierle, le foglie, specie quelle che la pioggia ha pigiato e reso quasi trasparenti.

Operazione densa di ricordi, che cerco di allontanare perché ottobre già porta le sue pene.

C’era un vecchio grosso, qui, rimasto solo nella casa degli ippocastani, quasi attaccata alla mia.
La moglie se n’era volata via di colpo e la televisione aveva alzato il suo volume.
A passettini cuciti con l’ago, il vecchio grosso dichiarò guerra alle foglie.
Cominciò a primavera, con quelle che non legano al ramo e cadono, grasse e arricciate come i bruchi o le rughe.
Continuò d’estate, con le ostie di robinia, disossate dal sole, gialle e sottili.
Poi tenne dietro alle foglie di ippocastano, che sono grandi e spesse: eccolo a spingerle più in là, e ad arrabbiarsi con l’asfalto bagnato che trattiene.
Fatica smuovere le foglie senza una scopa, solo con il bastone.
Fatica, se il vento non vuole saperne di dare una mano.

Il vecchio insultava le foglie, le inseguiva senza tenerezza nella voce.
Le voleva lontane, che non avessero a toccare il muretto e la striscia di terra, vicina.
“Marce. Marce. Le foglie marce hanno la morte in tasca”, diceva.

Chi lo vedeva chiamare gorghi di aria e dondolare lento, pesante in mezzo alla strada, sapeva che non erano le foglie a fargli paura.

 

Cronache dal terrazzo 13.

30 lunedì Set 2019

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Il terrazzo di ottobre è il terrazzo dei ricordi.
Non ci posso fare niente.
E’ così.
E’ così e basta: ha raccolto le dolcezze di primavere ed estati, come fa il mare, per poi restituirle, nei giorni delle assenze.
Fa compagnia, il terrazzo: racconta di contemplazioni sotto voce, di corse mattutine in vestaglia, per controllare un boccio, la meraviglia della prima rosa, un battito di mani per stornare una tortora noiosa.
Sul terrazzo d’ottobre, che non ha tronfi se non di color ruggine (qualche guizzo fucsia di una Guinea recidiva), io torno alla memoria come a un paese usato, fascina di forme e nomi che si sollevano, solo a muoverla piano.
Torno alla memoria come alla vigna del padre, che conserva i grani più dolci, senza furori, solo per una carezza alle persone che si era: sogno di un fiume che non censisce le sue acque, ma le tiene a raccolta.
Nel sogno della compresenza.

 

Cronache dal terrazzo 12.

02 venerdì Ago 2019

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Il temporale è stato intenso e grigio: terrazzo scompigliato.
Ho legato il fascio dei tronchi di ibisco con un filo multiplo e ben ritorto di rafia verde: erano andati a sparpaglio, in ogni direzione. Il filo è resistente ma non ferisce la corteccia delle piante umide, che sono sottili come le adolescenti e pure un poco storte. Irene ci ha attaccato un orecchino luccicoso. I miei ibisco ora hanno una collana con pendente.

A volte penso che anch’io avrei bisogno di un giro di filo che mi tenga stretta, o ancora meglio di una retina a maglie larghe che mi protegga e mi sostenga un po’.
Ci appenderei:
-un sasso poroso e trivellato, sporco d’inchiostro ( assorbirà le parole? arginerà il lavoro?),
-una pietra pomice per grattare spigoli,
-una pietra azzurra per i voli,
-l’anello giallo e liscio di sempre,
-tanti bottoni d’osso, che allacciano gli affetti di casa e dintorni,
-un’ onice nera, perché il dolore non si può dimenticare,
-qualche grano d’argento brunito per gli amici vecchi,
-un foglietto bianco appallottolato, tante volte preso in mano e poi lasciato,
-quattro piccoli gomitoli di lana calda,
-i nodi stretti delle amicizie nuove, che vivono di voci e di rimandi,
-il pezzetto di tela di un lavoro mai finito,
-un’ala di tulle per la leggerezza….

La sento già al collo, ora, la collana, e accarezzo la pietra che non c’è.
Perché il giorno-domani avrà pur da regalare qualche cosa.

Cronache dal terrazzo 11.

02 domenica Giu 2019

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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I terrazzi fra muri non danno per scontati i prestiti di sole.
Si accendono anche di cieli incerti, belli di attesa, ma, quando la luce arriva e si apre come una pesca, allora è festa. I terrazzi fra muri la fermano, la stampano sulle pietre e ne accudiscono il tepore.
Torni pure il grigio, torni pure il freddo: la luce in conserva sarà cristallo, nel tempo.

I terrazzi fra muri si affezionano alle cose.
Tengono i segni, per tanto tempo: macchia d’umido o zampine di cyssus, non importa.
Lo sa l’edera, che ha radici nell’aria e tenta, sarmentosa, un’improbabile fuga.

I terrazzi fra muri abbracciano la pigrizia di certi risvegli d’estate, la domenica, quando il tempo fa come il lumino: resta lì, impaludato nella cera sciolta, a girare su se stesso.

I terrazzi fra muri accolgono colazioni e passaggi: pensieri spalmati col burro, sul pane, risatine quiete e assaggi d’uva fragola e melagrana.

I terrazzi fra muri s’incantano delle voci e dei ricordi: li nascondono fra le fessure.
Chi parte si accorge che dovrà tornare, per riprenderseli.
Non sta bene lasciare parole e memorie in giro, come corallini scappati dal filo.

Cronache dal terrazzo 10.

28 domenica Apr 2019

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Il merlo è immobile sul ramo del nespolo, consenziente. E’ muto.
(Si vede bene, stagliato contro il muro, che accoglie le cose e le fa ombre)
Gira il capo a scatti un po’ nervosi. Cerca il piccolino, fuori dal nido: sono giorni di cauta iniziazione.
(Ah c’è stato un gran gioco di richiami, fra le pause del cielo, proprio ieri)

Il merlo nel becco tiene un verme.
Ne avverti l’interna indecisione.
Fischiare non si può: il rischio è perdere il bottino. Ma il piccolo ha pure da mangiare…
C’è dunque da chiamare senza voce, con segni e saltelli forse da inventare.

D’un tratto ci si sente merli dal fischio imploso.
Sospesi sul ramo delle scelte.
La vita nel becco, fragilina, con la sua paglia di tempo e il suo filo di miele. Da tenere stretta, comunque, in ogni modo.

C’è che si vive di dubbi ed esiguità.
E la voce per dirlo trova un nodo.

Cronache dal terrazzo 9.

11 giovedì Apr 2019

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Sono tornati i dialoghi dei merli.
Li sento alle spalle, intenti in lunghi conversari.
Riconosco la voce del mattino, che sveglia con piglio impenitente, supplente almeno più gradito dei gorgogli di tortore a singhiozzo.
Ma ora, ora c’è tutto un modulare che sa di protezione: un uscire e un tornare dentro il nido, garbuglio di fili piumati e di cortecce, che indovino fra la madresilvia.(Fiorita, con l’odore buono del sole, scioglie al tramonto un sentore che ricorda la vaniglia)

Mi viene da pensare che i nidi spariranno del tutto, fra un poco.
Già non si vedono, se velati dalle foglie.

C’è una quercia, fuori dal paese.
Ha rami che si aprono, globosi, gonfi degli umori del caldo che trattiene.
Verde e piena.
Nel freddo di febbraio, tutta disossata, pareva un condominio di cornacchie, di gazze e di ghiandaie (ché gli scriccioli cercano le siepi).
Nidi di coppe e di altarini, alcuni aperti e come traboccanti, altri protetti da cupole e da creste, gelosi ed introversi: sospesi come cuori, all’incrocio di rami e di destini.

Hanno questo modo gli alberi, d’inverno, per svelare interamente il loro amore.
Nei giorni lunghi, invece, nascondono segreti di schiuse e nutrizioni, con promesse di ombra e di frescura.

Adesso tornano al chiuso, i nidi: fuori restano i voli.

Come certi dolori che camminano all’indietro per trovare uno slargo silenzioso: qualcosa nascerà, di buono. All’esterno lasciano, intanto, l’ostaggio di un sorriso.

Cronache dal terrazzo 8.

21 giovedì Mar 2019

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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C’era il sole, oggi, e un respiro di vento, il primo a suggerire semine e trapianti.
Ho interrato un bulbo di giacinto, piano, per non sciupare le radici sottili e molli: quasi una peluria.
Sono vitali i filamenti che chiedono la terra: hanno il colore del latte e dell’infanzia.
Piace metterli a dimora e pensare che si srotoleranno, al chiuso.
Sempre, piantare un bulbo è ricordare la storia dei tre luoghi, di Liscano:
quello della “luce che vola” e s’abbaglia nell’altezza delle cime;
quello del cielo buio, al fondo, cavo-pieno di vene e fenditure;
quello della “terra degli uomini”, verde di grano o capelvenere, pelle di confine.

Basta sbucciare la pelle per trovare l’altrove, succhiarne il soffio e aspirare alle cime.
Il bulbo comincia a camminare, ora…
Ciclici ritorni.

Cronache dal terrazzo 7.

24 venerdì Ago 2018

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Guardavo, sul terrazzo, la seconda fioritura della rosa che amo, qui.
E’ una vecchia rosa inglese, che ha perfezionato l’arte della grazia. Si curva con mollezza sempre stanca e lo fa con l’opulenza dell’eccesso, non per privazione.
Ha il colore delle pelli sottili e delicate, non pallide e malate di grigio, ma luminose nella trasparenza. Non è facile capire dove l’avorio sa diventare carne: certo è che giunge al bordo col rossore di un compito finito con passione.

Pensavo alla seconda fioritura.

Non ha lo stupore della prima, quell’incedere malcerto di modestia e di timore, che fa spiare il boccio con ansia materna.
(Si schiuderà, scioglierà domani il suo riserbo? )
Questa avanza rapida e impudìca: si apre al caldo, quasi sapesse di essere così breve, così breve.
(Non ci sarà un’altra fioritura, forse neppure la certezza di un ritorno)
Cerca il lato tenero della vita e deborda, ampia, a succhiare il suo sole.
Bella a scadenza, eppure quieta.
Bella ora, paga della sua seconda volta.

Assomiglia a certe età piene, la seconda fioritura.
Con la luce dentro.
A stornare malinconie, basta abitare il punto, a strati, in compagnia di tutte le età accarezzate.

Cronache dal terrazzo 6.

09 giovedì Ago 2018

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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E’ una giornata calda, col riverbero negli occhi.
Il terrazzo si affloscia sotto il peso dell’afa: foglie rattrappite dell’ibisco e chiusura difensiva della spirea, che stringe i suoi rametti in un faccia a faccia consolatorio.
La bomba d’acqua di ieri è servita soltanto a rinfocolare il caldo e a rovesciare due vasi. Il risultato ora sta tutto nel melograno obliquo, che promette un incerto destino. Cadrà? Forse sì.
Di azzurro c’è ben poco, in giro. Lo spicchio di cielo fra muri non parla, si limita a versare una luce vischiosa, sulle cose di cartone. C’è intorno l’odore bruciaticcio della terra che si asciuga subito e chiede ancora.
Occorrerà aspettare la sera, per nuove iniezioni di vita.

Durante il giorno si cattura la voglia di buio e si pensa alla notte come al porto da cui far partire una vela, perché viaggi, fresca, e scivoli senza rumore sull’acqua che gronda dai vasi…

Cronache dal terrazzo 5.

21 giovedì Giu 2018

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Ho scelto le vinche pendule per quel tratto di terrazzo che diventa balcone, in un offrirsi all’esterno, proprio come un dono. Ricadono con moderazione, le vinche, ma sono generose di fiori, semplici, a ricalcare i disegni dei bambini.
E’ quotidiana la cura del terrazzo e quotidiana è la cura del balcone.
Però.
Un’intera cassetta, seguita un po’ di più perché tanto esposta al sole, si è intristita: le foglie si sono raggrinzite e i fiori son lì, tutti snervati. Sembrano marionette senza fili, col capo reclinato.
Bisogna salutarle.
Il fioraio sentenzia: troppa acqua, troppa attenzione. I fiori bisogna anche saperli trascurare.
Bella lezione da mandare a mente. Ci vuol misura nella dedizione.
Che sia l’eccesso d’affetto non richiesto a rovinar le cose?

Talvolta…

 

Cronache dal terrazzo 4

08 venerdì Giu 2018

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Vicino alla finestra del bagno la madresilvia si arruffa con un profumo lattiginoso.
Lì c’è un nido di merli.
Hanno lavorato sodo: si davano la voce e c’era tutto un cercar cose in giro, nel volare basso.
Il nido ora è solo una macchia più scura, ricamata di foglie.
Impenetrabile di chioccolii.

C’è stato vento in questi giorni.
Tanto vento.
Tanta pioggia.
E lampi.

I rami della madresilvia hanno ceduto, subito: che combattono a fare, con quei fiori che ingialliscono solo ad annusarli.
L’aria li convince in un attimo e loro si sciolgono snervati. Sparse le molli trecce…
Sembrano lenzuola annodate per un’evasione.
Giù a penzolare.

Il piccolo del merlo ha colto l’occasione ed è sceso di lì: fuga dal nido, grazie a una scaletta di madresilvia, il temerario.
Adesso piange, rotondo, sotto la panchina, già teatro di liaisons lumacose.
Lo sgridano, con gorgheggi prolungati.
Istruzioni di volo un tantino nervose.

Il piccolo è obesamente grigio e tiene il becco spalancato di rosso, come fermo in un richiamo continuato.
E ciondola, ora su una zampa ora sull’altra: non sa scattare.

Gliele cantano, oh se gliele cantano: c’è tutta una mappa celeste nel fischio paterno.
Il piccolo resta per ora lontano dal nido, lontano dal cielo. In bilico fra il mondo piccolo e il mondo grande.
Certo volerà, fra un poco, ma non per tornare.

La strada di casa non sempre accoglie il ritorno.
Lo lascia sospeso, sogno di ricongiunzione.

E nòstos oscilla lieve come un velario o la promessa di un angelo.

Cronache dal terrazzo 3.

16 mercoledì Mag 2018

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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Tanta pioggia, in questi giorni strani.

A sbotti e a rapide frustate.
Piace l’umiltà della terra che si sfianca, mite.
Finché può, trattiene un filo, un guscio di lumaca, un sasso che luccica nel buio, poi lascia andare.
Apre le mani e s’ammolla. Tracima dal vaso, scoprendo le radici.
Cedevolezza amica.
Tornerà ai bordi, dopo il suo viaggio d’acqua e vento.
Si riconoscerà terra in altra forma, rugata e spostata un po’ più in là.

Come impararne, intanto, persistenza e docilità?

Cronache dal terrazzo 2.

06 domenica Mag 2018

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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La mattina non arriva mai uguale, in questi giorni di maggio all’improvviso.
Ha il suo modo di salutare.
E io il mio.
So spostare le lenzuola piano, quando mi sveglio.
So scendere senza fare rumore, scegliere la tazza grande e sottile e aspettare, insieme al caffè, la mattina che viene.
Ha da essere sottile l’orlo della tazza. Un guscio. Poggiato al labbro, è il primo contatto tiepido della giornata: un differire il piacere del sorso con un altro piacere che rassicura.

Fuori c’è un fresco che chiama la pelle e un ridacchiare acido di tortore dal becco debole.
E’ in fondo solo un filo di bava a dire di lumache notturne, sui piastroni a sassi grigi del terrazzo: lumachine rampicanti che lasciano la fatica di tracce in salita, sulle foglie dei fior di vetro.
A seguirle, ne esce la mappa di un viaggio fatto di sbandate e improvvisi amori.
(La panca scura racconta di un incontro e di una separazione: due scie divergenti, una dritta e impettita, senza ripensamenti, l’altra ondivaga e incerta, che gorgoglia in tondo e sparisce dietro la peonia.)

Una cucchiaiata di terra smossa e raspata tradisce il passaggio di un merlo nervoso.
Non lascia niente al suo posto. Cerca e cerca e poi si lascia ingannare da una stagnola.
Fosse un umano, sarebbe l’Ulisse di Pavese…due scarponi infangati, nel mattino azzurro sulle piogge di un mese.
Una piuma di civetta, nel varco del gelsomino: altri transiti leggeri, dunque, altri prestiti solo pensati nel buio.

Piace la mattina, prima del mio andare, gonfia dei segreti della notte, che ancora contiene.
Piace la mattina, prima del mio andare.
Orlo sottile del giorno.

Cronache dal terrazzo 1.

23 lunedì Apr 2018

Posted by colfavoredellenebbie in cronache dal terrazzo

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L’alfabeto della primavera produce i suoi suoni.
È il caldo, che scoppia come un soffione.
È il verso (mai battezzato) della tortora, che chiama la femmina, con il basso in gola.
È la ghiaia, che sgrana i passi, non più impastati di fango.

Si dirama la parola in forma di “lama senza resa”: in attesa del profumo, la madresilvia si sta impossessando della grata.

Il vento non trova pareti in questa pianura.
E la sera, che viene, è in forma di odore.
Un’altra sera che vorrei sciogliere in conversari pigri, quelli che girano attorno alla tavola dei pensieri e dimenticano da dove son partiti.
Una sera senza luci, per favore.
Perché le bastano gli amici e la promessa di un’albicocca.

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