• Pesci di nebbia

colfavoredellenebbie

~ I racconti non finiti, le schegge di parole, le arie che si fischiano, le conte e gli scongiuri, che non hanno padri né nomi, sono pesci di nebbia dolce: nuotano e svaniscono.

colfavoredellenebbie

Archivi della categoria: effetti di lettura

Bastardo posto

05 sabato Feb 2011

Posted by colfavoredellenebbie in accompagnamenti, effetti di lettura

≈ 39 commenti

Tag

Remo Bassini

E’ per una vecchia passione che ho cercato ‘bastardo’ sul dizionario etimologico: sono convinta che a sbucciare le parole escano i semi, i sensi delle storie o, almeno, le direzioni per ripercorrerle.

Fra le tante accezioni, ho rubato una suggestione forte: ‘guasto’.

Forse è questo il termine  per ripensare alcuni possibili significati suggeriti dalla lettura dell’ultima opera di Remo Bassini, Bastardo posto: un libro intenso, che non abbandona, un libro dove, in forma di romanzo scuro, si racconta, appunto, il lento guastarsi della vita, l’inquinarsi delle sue ragioni e dei suoi modi, l’ammalarsi di ogni gesto quotidiano, pubblico e privato.
Lo spazio assorbe questo tralignare, ne resta permeato: effetto o causa, non è possibile dire.
Totale coincidenza, questo sì.
Bastardo posto, dunque.

E allora bisogna pensare alla provincia e alla sua notte, ai portici che corteggiano negozi chiusi, bar e vetrine opache, bisogna pensare a un manichino convitato di pietra, cui si prestano parole mute, all’umidità nebbiosa delle città del nord, quella che intacca ogni cosa, anche i pensieri: si gonfia, come un’ossessione, o s’insinua, come una vena di malinconia capace di diventare una crepa, anzi una ragnatela di crepe.
E bisogna collocare dentro questa provincia e dentro la sua notte una geografia umana che la vita sembra incaricarsi di abbassare, con lima di grana grossa, in una degenerazione progressiva: per i personaggi il dolore si trasforma in assillo che toglie la possibilità di sopravvivere, il ricordo in veleno corrosivo, il dubbio in tarlo, l’amore in un tormento chiuso nella gelosia. La frustrazione dei desideri diventa vizio e allora il potere si fa ricatto e arroganza, il silenzio connivenza, la coscienza rimorso, il segreto sospetto e ridda sotterranea di voci, mai aperte, mai chiare, sullo sfondo di una memoria pubblica che insabbia e frena.

E’ nel flusso di questi passaggi che l’esistenza mostra tutta la sua disarmata fragilità: non è cedevolezza, capacità di modellarsi ai colpi interni o esterni delle cose, ma è destino di frantumazione, sulla scia di quelle crepe che, metaforicamente, sono l’irradiazione del racconto in segmenti secchi di storie, tante quante sono le forme dell’umana vulnerabilità.

Il sasso lanciato ad incrinare il vetro è la morte di una donna, Marina Castori: una ferita, figlia del dolore, che riapre vecchie cicatrici, scoperchia dubbi irrisolti, crea connessioni nella trasversalità del male, a toccare quanto di scabroso e di disperato può incancrenirsi sotto i perbenismi di facciata.
Ed è una ferita che, soprattutto, artiglia l’anima del protagonista, Paolo Limara, in un corto circuito dell’esistenza precedente.
Sui suoi passi, il lettore entra in un presente d’angoscia, riassunto nelle parole-goccia ‘ora’ e ‘adesso’, che martellano insistenti le prime quaranta pagine del libro e ci immettono in una fenditura di tempo senza futuro, in cui il passato arriva a dosi intermittenti: una fenditura lunga cinque notti.

Remo Bassini, Bastardo posto, PERDISA POP 

Doreàn

25 sabato Set 2010

Posted by colfavoredellenebbie in effetti di lettura

≈ 23 commenti

Tag

Luisito Bianchi

Ci sono parole che accompagno, su cui mi piace ragionare in termini di linguaggio o struttura.
E ci sono parole che mi accompagnano: le lascio percolare dentro la mia vita, perché si insinuino piano piano e mi aiutino a dare direzione ad intuizioni monche, risvegliate dal loro messaggio.
E’ quello che mi sta accadendo con il più recente libro di don Luisito Bianchi, Quando si pensa con i piedi e un cane ti taglia la strada. Un libro-testamento spirituale che attraversa, in forma di diario, la straordinaria esperienza umana e pastorale di un uomoprete che ha scelto anche la Resistenza disarmata, la fabbrica, lo studio, l’ospedale come accoglienza e testimonianza della Parola e della sua lezione.
Leggere questo libro è come stare sui passi di una camminata pensosa dentro un’intera esistenza. Qui da noi, i grandi vecchi sono soliti raccontare a tavola, non nel salotto buono, oppure per strada, nelle passeggiate, quando i più piccoli si affiancano: i ricordi barattati con un po’ di compagnia, le soste per prendere fiato e saluti.
Don Luisito, “formichino” in tuta e scarpe Reebok, ci parla camminando fra campi e cavedagne (dove fa prova di omelia al mais e agli uccelli) e, insieme, dentro le date e i nodi della sua vita, con l’attenzione rivolta ad ogni incontro, perché l’incontro -dice Martin Buber- ci cambia e ci definisce.
Per questo anche un cane che taglia la strada, così festosamente disposto ad affezionarsi pure a stomaco pieno, può essere l’occasione per definire ulteriormente l’idea guida che informa e dà unità al viaggio, magari fissandola in un nome.
Doreàn chiama don Luisito il cane ricevuto in dono dall’incontro e donato ad una comunità, e doreàn dà nome all’esistenza e al ministero di don Luisito, saldando in una sola sostanza il suo essere uomo e il suo essere prete.
Doreàn significa gratuitamente, in gratuità.
Parola bellissima, questo avverbio greco, modalizzatore potente.
Gratuitamente cambia il verso e il senso di cose e azioni trasformandole in dono, esenta i rapporti da qualsiasi trattativa materiale o monetizzazione, costruisce la gioia e la responsabilità del dare e del ricevere, rende bifronte (e quindi reciprocamente sostenibile) la gratitudine.
Gratuità è fondamento della Chiesa, secondo don Luisito, fondamento da lui vissuto in prima persona, respingendo con fermezza l’istituto per il sostentamento del clero, entrato in vigore il 25 gennaio 1987.
La vita di don Luisito è infatti testimonianza di congruenza, della capacità di far vivere in armonia, a porte spalancate, tutti i livelli dell’io: il pensare, il sentire, il credere, il fare, il dire…
Ma a don Luisito non basta la sua congruenza personale, non basta l’esercizio di un carisma individuale: la gratuità richiede condivisione e coralità, una ecclesia che torni ad imparare la mulierum gratuitatem, il modo, tutto al femminile, di dare vita senza prezzo e senza ricompensa.
Mai ho sentito così vicine le parole di Gandhi: “Devi essere il cambiamento che desideri vedere nel mondo“.

Effetti di lettura

29 lunedì Mar 2010

Posted by colfavoredellenebbie in effetti di lettura

≈ 20 commenti

Tag

Marino Magliani

Ieri ho finito di leggere un libro.
Un libro di qualche anno fa  (potendo, vivo e leggo in differita, io).
Quattro giorni per non morire, di Marino Magliani.

Ho pure fatto una cosa che non facevo da tempo: svegliarmi, a una luce di latte sciolta nella nebbia, poi tornare a letto e leggere fitto, col fiato sospeso, come (piace pensare) può fare il colibrì quando si ferma nell’aria, forse sedotto dalla bellezza di un fiore.

L’immagine del colibrì esce dalle pagine del libro: è un nome/simbolo che segna  il racconto a intermittenza, con apparizioni che appena suggeriscono, ma non svelano né compiutamente spiegano.

Perché, questo, è libro che guida senza costringere, indica direzioni di senso senza rivelare: eppure non c’è parola che sia ermetica, non c’è parola che non sia cosa.

La storia/le storie sono restituite per unità discrete, per schegge che viaggiano nel lettore come i resti di un affresco: chiamano ad aggiungere, a prestare, a ricostruire.

Un segreto della scrittura alta, su cui ragionare.

C’è, qui, la Liguria spigolosa che amo: quella di Francesco Biamonti e di Gianni Priano (‘ulivi e solitudini di rocce’, le case dei vecchi con i magazzini e gli attrezzi, terrazze e fatica), una Liguria di uomini che hanno il ‘sogno di avere un sogno’e magari lo legano a paesi lontani (il Perù, il Guatemala…). E a vite stonate.

Vi ho sentito un modo ‘altro’ della nostalgia, che non è rimpianto del passato, ma è malinconia per i mondi, le storie e le persone che non siamo stati e non abbiamo vissuto.

(Forse bastava un niente per essere diversi, ma le strade hanno sensi incerti e rapide svolte di destino)

Leggevo e pensavo all’attesa di salvezza che ci accompagna anche quando la vita frana, al confine che si spera di superare, magari con la leggerezza di Chagall, con i piedi sollevati da terra o dal fango, per una mano materna che sorregge e a cui si appende il bisogno di non  profondare.

Una salvezza che lampeggia in un attimo di gioia a scadenza.

Folgorante come questo dialogo.

“Siamo contenti?”

“Ci proviamo…Ogni tanto bisogna anche fermarsi sui fiori”.

Bisogna anche fermarsi sui fiori.

Paradosso della leggerezza? No. La pagina è invasa da piccoli universi di speranza.

Facciamo finta

27 venerdì Giu 2008

Posted by colfavoredellenebbie in effetti di lettura

≈ 43 commenti

Facciamo finta che io sappia aggiungere una tag.
(In realtà non ho il coraggio di disturbare un’amica e chiedere come si fa)
Facciamo finta che questa tag indicizzi degli “Effetti di lettura” e si ponga come il risultato di uno scorrimento  fra un libro e un suo lettore.
Facciamo finta che questo scorrimento approdi in forma di parole.

Il primo libro è Iancura (GBM, Messina 2003). Il suo autore è Paolo Casuscelli.

Per Iancura

Ci sono parole che arrivano senza preavviso.
Non pensate, neppure cercate.
Non era dato conoscerne l’esistenza.
Eppure, messe in circolo, sanno decidersi e decidere. Chiamano con la seduzione benevola della sorpresa, con il richiamo incantatore del lontano.
Si legge.

E non è “riprendersi l’ombra” che pareva essersi appartata. Non è specchiarsi in un doppio.
E’ sentire il sollievo di  nodi/distanze appianate, come le pieghe di certi lenzuoli conservati a lungo, cui basta l’aria per perdere un segno di ferro indurito.
E’ sapere di essere a casa, fra tele di grana grossa e pesce, fresco di mare, nel forno.
Nella casa del padre.
“Luogo originario” delle parole di “prima”, orma, non nido, direzione non sosta.
“Luogo originario”, dove non si osano voli a rimarcare un sapere, ma si sceglie l’alfabeto (del dire e del dirsi) più semplice ed universale.
E’ la casa delle carezze di nardo e di olmo, dei gesti che non si spiegano se non coi gesti.
Nella casa del padre  non sono ammessi stupori o clamori che sommuovono la quiete di certi conversari lenti: solo nel parlar pigro si trasmettono i modi che fanno bene alla vita.
Nella casa del padre stanno i calchi, gli stampi, la prima volta delle cose.
Si torna alla casa del padre come si torna al mare, come si torna all’isola: per ripassare, in libertà sciolta, la prima volta della vita. Radice o archetipo non importa: è certo che si vive da essa derivando, in essa rientrando.

Per questo Iancura è casa del padre e della prima volta, non rivelata come sa fare un dio, ma esperita.
E’ il luogo dove  si torna a cercare la propria nudità, che è infanzia, natura, corpo.
Non locus amoenus, ma locus imus.
Terracqua, quanto una foce e una sorgente.

Si legge.

E si assapora la leggerezza, lieve come sa esserlo il riposo dopo la fatica, quando le membra giacciono al fondo e il respiro riprende la sua regolarità.
Leggerezza del guanto che si rivolta e fa fiorire sulla superficie una peluria morbida e gentile, mentre lascia sull’altro verso, sull’altro lato, le ammaccature e i segni impressi dall’esercizio dell’esserci.
Leggerezza come decantazione, che nasce dallo sgravarsi progressivo dei pesi: percorso di libertà e di liberazione rispetto all’inessenziale.
Leggerezza come sguardo che perde la marca del giudizio e del pregiudizio e si fa delicatezza del cum-prehendere, senza rinunciare alla profondità.
Di questa salita alla superficie godono fudditti e alunni, maiali e cernie, asini ed intime epifanie, alla stessa maniera: con la gioia dell’aquilone.

Per questo Iancura è operazione alla Chagall.
E’ scorrere lieve sul biancore del mare che baratta la sua profondità per trasformarsi in superficie su sui scivolano sospensioni e attese.
E’ togliere confine fra mare e terra, fra dentro e fuori…
E’ salire (ma non con la presunzione della superiorità, bensì con la perdita di scudi, difese e zavorre) e ampliare la prospettiva fino a renderla capace di accogliere, nello stesso sguardo, la bufera e il porto.
Iancura, allora, come conquista della postazione dell’aquila-io che “si libra in alto su se stesso”, felice di vivere come un’isola, dimora di se stesso.

Si legge.

Felici di chi ha imparato a vivere sopra un’isola e “fa di sé, felice, quell’isola che vive”.
Felici di chi sa trovare l’anima delle cose e lo spessore della trasparenza.
E felici, ancora, di chi ha celebrato il suo particolarissimo incontro con la scrittura.

La scrittura può essere tante cose.
Desiderio, aspirazione volta a colmare una privazione o un vuoto di realtà:  ponte verso un completamento o una rimagliatura fatta di parole.
Necessità, imperativo ineludibile “ in tutti i mondi possibili”,  inevitabile risposta a ciò che “ditta” dentro: urgenza non contrattabile.
In Iancura la scrittura sembra levigare questa opposizione e scioglierla nel  piacere della necessità, nel desiderio amorevole verso ciò che è indispensabile alla vita, ciò che la profuma e le dà colore.
Verso la parola, pertanto.
Ciò che passa per la parola, in Iancura, nasce dalla vita e, circolarmente, torna alla vita, portandosi dietro lo “struscio” con la realtà e, come ostaggio, i nomi delle cose: quelli colti e desueti, quelli popolani e terragni, quelli che fanno sorridere, quelli che galleggiano sul dolore senza mai affondare.
E’ parola che si getta agli estremi, che si attarda in registri diversi e di tale varietà si compiace, sicura, perché, in questo imparentarsi con la realtà, si compie nel suo destino.
Si fa parola di lingua materna, cui spetta il compito non di giudicare, bensì di accogliere nel suo grembo  il brusio dell’esistenza, non confuso e indifferenziato, ma polifonia di voci e di cose.

Parola femmina, come iancura, latte di mare.

Questo blog genera soltanto i "cookie" propri della navigazione sulla piattaforma Wordpress (vedi Privacy Policy di Automattic e Privacy Policy WordPress.org).

Commenti recenti

newwhitebear su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo
Caterina Milanesio su Il circo
Amanda su Il circo
newwhitebear su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo
iorandui su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo

Categorie

  • accompagnamenti
  • Arcipelago delle Finzioni
  • cronache dal terrazzo
  • effetti di lettura
  • etimitìe
  • margini
    • qui da noi
  • pareti
  • passaggi
  • pensieri in fuga
  • qui come altrove
  • resistenza
  • storie di seconda mano
  • Uncategorized

Archivi

  • febbraio 2021
  • novembre 2020
  • aprile 2020
  • marzo 2020
  • febbraio 2020
  • gennaio 2020
  • dicembre 2019
  • novembre 2019
  • ottobre 2019
  • settembre 2019
  • agosto 2019
  • luglio 2019
  • giugno 2019
  • Maggio 2019
  • aprile 2019
  • marzo 2019
  • febbraio 2019
  • gennaio 2019
  • dicembre 2018
  • novembre 2018
  • ottobre 2018
  • settembre 2018
  • agosto 2018
  • luglio 2018
  • giugno 2018
  • Maggio 2018
  • aprile 2018
  • marzo 2018
  • febbraio 2018
  • gennaio 2018
  • ottobre 2017
  • settembre 2017
  • giugno 2017
  • aprile 2017
  • marzo 2017
  • febbraio 2017
  • gennaio 2017
  • dicembre 2016
  • novembre 2016
  • ottobre 2016
  • settembre 2016
  • agosto 2016
  • luglio 2016
  • giugno 2016
  • Maggio 2016
  • aprile 2016
  • marzo 2016
  • febbraio 2016
  • gennaio 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • ottobre 2015
  • settembre 2015
  • agosto 2015
  • luglio 2015
  • giugno 2015
  • Maggio 2015
  • aprile 2015
  • marzo 2015
  • febbraio 2015
  • gennaio 2015
  • dicembre 2014
  • novembre 2014
  • ottobre 2014
  • settembre 2014
  • agosto 2014
  • luglio 2014
  • aprile 2014
  • marzo 2014
  • febbraio 2014
  • gennaio 2014
  • dicembre 2013
  • novembre 2013
  • ottobre 2013
  • settembre 2013
  • agosto 2013
  • luglio 2013
  • giugno 2013
  • Maggio 2013
  • marzo 2013
  • febbraio 2013
  • gennaio 2013
  • dicembre 2012
  • novembre 2012
  • ottobre 2012
  • settembre 2012
  • agosto 2012
  • luglio 2012
  • giugno 2012
  • Maggio 2012
  • aprile 2012
  • marzo 2012
  • febbraio 2012
  • gennaio 2012
  • dicembre 2011
  • novembre 2011
  • ottobre 2011
  • settembre 2011
  • agosto 2011
  • luglio 2011
  • giugno 2011
  • Maggio 2011
  • aprile 2011
  • marzo 2011
  • febbraio 2011
  • gennaio 2011
  • dicembre 2010
  • novembre 2010
  • ottobre 2010
  • settembre 2010
  • agosto 2010
  • luglio 2010
  • giugno 2010
  • aprile 2010
  • marzo 2010
  • febbraio 2010
  • gennaio 2010
  • dicembre 2009
  • novembre 2009
  • ottobre 2009
  • settembre 2009
  • agosto 2009
  • luglio 2009
  • giugno 2009
  • Maggio 2009
  • marzo 2009
  • febbraio 2009
  • gennaio 2009
  • dicembre 2008
  • novembre 2008
  • ottobre 2008
  • settembre 2008
  • agosto 2008
  • luglio 2008
  • giugno 2008
  • Maggio 2008
  • aprile 2008
  • marzo 2008
  • febbraio 2008
  • gennaio 2008
  • dicembre 2007
  • novembre 2007
  • ottobre 2007
  • settembre 2007
  • agosto 2007
  • luglio 2007
  • giugno 2007
  • Maggio 2007
  • aprile 2007
  • marzo 2007
  • febbraio 2007
  • gennaio 2007
  • dicembre 2006
  • novembre 2006
  • ottobre 2006
  • settembre 2006
  • agosto 2006
  • luglio 2006
  • giugno 2006
  • Maggio 2006
  • aprile 2006
  • marzo 2006
  • febbraio 2006
  • gennaio 2006
  • dicembre 2005
  • novembre 2005
  • ottobre 2005
  • settembre 2005
  • agosto 2005
  • luglio 2005
  • giugno 2005
  • Maggio 2005
  • aprile 2005
  • marzo 2005
  • febbraio 2005
  • gennaio 2005
  • dicembre 2004
  • novembre 2004
  • ottobre 2004
  • settembre 2004
  • agosto 2004
  • luglio 2004
  • giugno 2004
  • Maggio 2004
  • aprile 2004
  • marzo 2004
  • febbraio 2004
  • gennaio 2004
  • dicembre 2003
  • novembre 2003
  • ottobre 2003
  • settembre 2003

altervista

  • cochina63
  • farolit
  • naima
  • Pattinando
  • quellache
  • Rififi

blogspot

  • albafucens
  • amanda
  • annamaria
  • caprette
  • cesy
  • clelia
  • contes de chaque jour di deli
  • Elisabetta
  • facco
  • flaviablog
  • Gardenia
  • giorgioflavio
  • giuba47
  • habanera
  • isabel49
  • katherinem
  • la scia di sofia
  • lebufaledigrumonevano
  • lis
  • lisoco
  • Medicineman
  • Mirella
  • ovidio
  • pensareinunaltraluce
  • primocasalini
  • rossana massa
  • stefanopz
  • themiracle2
  • themiracleman
  • zingarofelice
  • zio Scriba

iobloggo

  • alphac2
  • arturscantini
  • dolittle
  • Farsergio
  • gretsch
  • katherine2
  • Nic
  • nuova (fiordiloto)
  • portamivia
  • sabrinamanca
  • tristano
  • zop

kataweb

  • maxdreamer2

myblog

  • notimetolose
  • nowhereman

splinder... e poi?

  • anandamide
  • annie
  • battello
  • clodclod
  • Daniela Raimondi
  • ella
  • ellie
  • ermione64
  • florit
  • giustosentimento
  • grazia
  • griza
  • hanna
  • heteronymos
  • hladik
  • Ihadadream
  • Il signor Effe
  • infabula
  • invincibile
  • junco
  • ladritta
  • livio
  • madmapelli
  • mammalara
  • melpunk
  • melusina
  • milosz
  • miskin
  • mrka
  • multiversum
  • PaoloGalloni
  • parnaso
  • proibito
  • riccionascosto
  • sette
  • sfirzy
  • sirenetta
  • Sometime
  • speedo
  • triana
  • Uomoecane

web

  • aquatarkus
  • briciolanellatte
  • cigale
  • Giovanni Monasteri proteus
  • harmonia
  • ibridi
  • Sabrina Campolongo

wp

  • affabulare
  • aitan
  • amfortas
  • annaritaverzola
  • arden
  • Arimane
  • astrogigi
  • astrokudra
  • bakaneKO
  • Barche2
  • Barchedicarta
  • biancanera
  • birambai
  • blog&nuvole
  • blogosteria di Amalia
  • brigida
  • cafebistrot
  • caracaterina
  • carriego
  • carroditespi
  • cartesensibili
  • cartografifolli
  • cartuscelle
  • cato / sicuterat
  • celestemateria
  • chiamamip
  • Chicca
  • cicabu
  • comunitprovvisorie
  • cristinabove
  • cronomoto
  • dado
  • dodo712
  • evacarriego
  • falconiere
  • Farsergio
  • federico
  • feritinvisibili
  • flor
  • Franz
  • Gardenia
  • germogliare
  • guido mura
  • IdaKrot
  • irazoqui
  • letturedielisabetta
  • linodigianni
  • madeinfranca
  • maicol
  • maicol
  • mammagiovanna
  • manginobrioches
  • marosit
  • massimolaspina
  • melogrande
  • mezzaluna
  • microcenturie
  • mics2
  • mitedora
  • musette
  • musicamauro
  • Nerina Garofalo
  • newwhitebear
  • Nic
  • Orasesta
  • petarda
  • Piero
  • pispa
  • poetella
  • quaestio
  • raggiante
  • remobassini
  • rex
  • robertomeister
  • scrignutella
  • senza
  • sgnapisvirgola
  • Simonetta
  • Skipper
  • squilibri
  • stepa
  • terrabrasilis
  • tony
  • ubaldo riccobono
  • varasca
  • verastazioncina
  • zaritmac

Meta

  • Registrati
  • Accedi
  • Flusso di pubblicazione
  • Feed dei commenti
  • WordPress.com

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.

Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie
  • Segui Siti che segui
    • colfavoredellenebbie
    • Segui assieme ad altri 320 follower
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • colfavoredellenebbie
    • Personalizza
    • Segui Siti che segui
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza il sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra