• Pesci di nebbia

colfavoredellenebbie

~ I racconti non finiti, le schegge di parole, le arie che si fischiano, le conte e gli scongiuri, che non hanno padri né nomi, sono pesci di nebbia dolce: nuotano e svaniscono.

colfavoredellenebbie

Archivi della categoria: qui da noi

Spagna

25 domenica Nov 2007

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 35 commenti

Qui da noi c’è un sogno senza età, che ormai cammina assieme alla persona.
Si fanno buona compagnia.

E’ un innocente sogno un po’ spagnolo, di affabile signora d’altri tempi.
Suggerito dal nome, che taglia l’aria, in fondo, con coda sibilante.
Annunciato dal rosso delle labbra, dal guizzo dell’occhio ben segnato.
Poi coltivato, come un vizio fino, nei capelli. Blu-corvini, incuranti del cenno bianco e contrariato delle tempie.

Ora il sogno si è accampato.
Ha preso casa fissa e se la sta arredando. In forma di vestito. Con le balze. A strati fitti fitti e colorato.

L’ho visto affiorare stamattina, rosso, dall’orlo di un cappotto, mentre pioveva grigio.
Un sogno sorridente con l’ombrello.

A ridare una speranza à pois.

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Il tempo delle formiche sulla tavola

23 lunedì Lug 2007

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 17 commenti

Qui da noi c’è stato un momento che le cose andavano male.
Era arrivata la mietiliga, che si mangiava, dicevano i braccianti, il lavoro di tutti, coi suoi dentini di ferro.
La buttarono nel canale, e restò piantata col muso in giù e il resto in su, impudica come le galline d’acqua.
Fu riparata e rimessa fra le spighe.
I braccianti, allora, seminarono ferro e vetro fra le canne verdi, perché la mietiliga provasse a mangiarsi pure quelli.
Ma la macchina andava, andava, con la canzone del motore che sembrava uno sgarbo.
Ci fu lo sciopero e finì il pane.
Le formiche non trovarono più briciole per terra e le cercarono al sommo della tavola vuota.
Bisognò andare con le donne sul camion alla stazione in città, perché i crumiri arrivavano e le fedi d’oro erano già andate sulla bilancia per essere vendute.
Dal treno, facce grigie di fame e di paura a guardare altre facce grigie di fame e di paura.
La miseria si riconosce a fiato.

L’uomo scese dal treno, col bambino per mano.
Andò dal capolega con la voce grossa e le braccia d’olmo.
Parlarono un poco.
I crumiri non vennero in campagna.
Quella volta lì.
I braccianti tornarono e il bambino con loro, nella casa che dava sul canale, a contare le formiche sulla tavola, con le figlie del capolega, a raccogliere il radicchio selvatico e a cercare le uova fuori dai pollai.

Restò un anno e non parlò mai.
Giocava, si sporcava, mangiava, picchiava le bambine e sorrideva quieto.
“Se si picchiano e si sporcano vuol dire che stan bene”, diceva il capolega alla moglie, che scuoteva la testa.

Ancora oggi si parla del tempo delle formiche sulla tavola, nella casa che dà sul canale, e si pensa al bambino, scuro di pelle e di ricci, chiaro di sorriso, che non regalò mai la sua voce.

Il tempo delle formiche sulla tavola

21 sabato Ott 2006

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 60 commenti

Qui da noi c’è stato un momento che le cose andavano male.
Era arrivata la mietiliga, che si mangiava, dicevano i braccianti, il lavoro di tutti, coi suoi dentini di ferro.
La buttarono nel canale, e restò piantata col muso in giù e il resto in su, impudica come le galline d’acqua.
Fu riparata e rimessa fra le spighe.
I braccianti, allora, seminarono ferro e vetro fra le canne verdi, perché la mietiliga provasse a mangiarsi pure quelli.
Ma la macchina andava, andava, con la canzone del motore che sembrava uno sgarbo.
Ci fu lo sciopero e finì il pane.
Le formiche non trovarono più briciole per terra e le cercarono al sommo della tavola vuota.
Bisognò andare con le donne sul camion alla stazione in città, perché i crumiri arrivavano e le fedi d’oro erano già andate sulla bilancia per essere vendute.
Dal treno, facce grigie di fame e di paura a guardare altre facce grigie di fame e di paura.
La miseria si riconosce a fiato.
L’uomo scese dal treno, col bambino per mano.
Andò dal capolega con la voce grossa e le braccia d’olmo.
Parlarono un poco.
I crumiri non vennero in campagna.
Quella volta lì.
I braccianti tornarono e il bambino con loro, nella casa che dava sul canale, a contare le formiche sulla tavola, con le figlie del capolega, a raccogliere il radicchio selvatico e a cercare le uova fuori dai pollai.
Restò un anno e non parlò mai.
Giocava, si sporcava, mangiava, picchiava le bambine e sorrideva quieto.
“Se si picchiano e si sporcano vuol dire che stan bene”, diceva il capolega alla moglie, che scuoteva la testa.

Ancora oggi si parla del tempo delle formiche sulla tavola, nella casa che dà sul canale, e si pensa al bambino, scuro di pelle e di ricci, chiaro di sorriso, che non regalò mai la sua voce.

La vecchia dello stallo

26 sabato Ago 2006

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 24 commenti

Qui da noi c’era una vecchia minuta, dai modi gentili: capelli raccolti con l’onda, incarnato di cera giallina, caviglie un po’ grosse.
Mai un tono più alto, mai una nota nervosa o una parola di troppo.
Restava padrona della casa dell’angolo e signora del muro che costeggiava la strada, con gli anelli di ferro scurito.
La pietra grigia cintava bocche scure e sterrate, tettoie aperte e antri senza porte. Un tempo il marito, lì, dentro e fuori, ospitava carrozze, cavalli e carretti. In odore di cuoio, di corda e di fieno.

Ma il tempo si mangia cose e persone.

La vecchia minuta reggeva, in deboli solitudini.
Ora, il giorno di mercato, camicetta bianca con spilla sul petto, davanti al portone apriva un banchetto: scatola di ferro, biscotti osvego, come scrigno di numeri.
Ospitava biciclette, nel vecchio stallo, senza  più carrozze, cavalli e carretti. Senza più signori e contadini col cappello.
Biciclette.
Con bella maniera, ordinata e pensosa, da guardarobiera dell’Opera, le prendeva in consegna, decideva sicura uno spazio, legava con lo spago un numero al manubrio, e in perfetto italiano diceva : consegna prima dell’una, altrimenti…e le mani disegnavano un segno imperioso, di perfetta regia.

Ché si è regine di dentro.
E i modi restano.
Anche in mezzo alle ortiche.

Pesantezze

11 giovedì Ago 2005

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 37 commenti

Qui da noi ci sono giorni che il cielo pare avere voglia di terra, di trovare radici o  impigliarsi in un ramo. Si appoggia, pesante.

Ti faresti bambina, con la treccia sulla spalla, solo per portarlo in giro come un palloncino: una filastrocca o una poesia per filo.
(Non deve esserci urto fra cose, solo tangenza sfioramento e rimbalzo)

Ma mentre lo guardi, così umile e grigio, senza limpori, sai che anche i pensieri, in fondo, tornano a terra.
A memoria dell’alto, la riga scomposta, il ciuffo un po’ spettinato.

La donna con il nome strano

26 martedì Lug 2005

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 28 commenti

Qui da noi, una volta, c’erano magrezze asciugate, quelle che spuntano ossute dalle spalle, prepotenti di ossa: non tengono la carne e neppure le lane. La pelle,  senza pieni, solo asseconda fosse, lunghe, alla radice del collo, scavate dai sospiri.
Vecchie magrezze sposate con il nero, di grembiuli e di gonne sovrapposte, lo scialle incrociato sulla schiena, a cancellare il seno.
Le calze spesse, anche d’estate.

Così era la donna con il nome strano.
Nessuno le aveva  mai visto il petto: i gomiti piantati nel costato a difendere o a nascondere, chissà.
Nessuno l’aveva mai vista mangiare. Non una pesca nelle giornate calde, la pesca che canta nella gola, sciroppando liscia liscia. Non una castagna che brucia fra le mani e inganna il primo gelo.

Mosca scura, con la testa aguzza, le ali aperte a spingere il carretto.

Ci sono mestieri  che chiedono le dita e corrono agili dietro al chiacchierino, inventano nodi, han confidenza con le cose fine: vivono d’ago, filo e pensieri bianchi.
Ci sono mestieri che chiedono le braccia: ne cercano le vene, ne vogliono i cordoni, ne succhiano la carne che non c’è.

La donna con il nome strano lavorava di braccia come un uomo.
Spostava casse su e giù dalla corriera, fra casa e casa guidava transiti di mobili e stufe, di quadri grondanti cristi e croci, di sacchi di terra per le dalie…

Ad ogni giro con il carrettino perdeva un po’ di donna, piallata come un legno.

Ma a chiederle del figlio… A chiederle del figlio si fermava, la bocca solo un po’ rotonda come in un bacio imploso.
– Sta beeeene sta beeeene – diceva con tante ‘e’ fresche di paradiso –  Lu l’è ‘l me cor, al me cor…
E si lisciava il petto col palmo della mano.

Ci sentivi il latte e un miele antico.

La vecchia con la retìna

04 martedì Gen 2005

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 83 commenti

Qui da noi si parla ancora della vecchia che stava nel casermone con le porte in fila, sbuffi di voci a ogni finestra e l’odore della cucina magra, con l’aglio in fondo come l’alito delle suore.

Era stata picchiata con le altre, ai tempi della mietiliga, quella buttata nella canalona per far dispetto al prete e ai padroni.
Da allora si appesantiva la sporta con un chiodo, chè non si sa mai cosa può succedere.

Poi la schiena non fu più giovane per diradare i cipollini: restarono li bugadi longhi da fare a primavera, quando si mandava via l’inverno dai lenzuoli con spazzole di crine.

Nei cortili c’era bisogno di donne dalle mani larghe.

Mentre la lisciva sobbolliva e il bianco della tela si gonfiava, la vecchia diceva di risaia e insegnava le canzoni, poi mangiava a tavola, nella famiglia del bucato, con le braccia strette e la vergogna delle mani rosse.

La domenica tornava con i segni della festa: la retina sui capelli, con l’elastico che schiacciava le onde, e il giornale delle donne.
Tutto lo raccontava, il giornale, dritta sulla sedia, le donne di casa a cerchio, convocate.
Bisognava ascoltare, anche se la pentola chiamava…
Lo si poteva comprare solo dopo averlo sentito, il giornale, con le notizie doppie in testa.

Allora se ne partiva fiera, con il formaggio grana o un po’ di burro o le tagliatelle fresche del tagliere della domenica, sparite in fretta nella sporta col chiodo.
Sulla porta si fermava per dar la mano alla vecchia di casa nostra. “Grazie per la calda parola”-diceva.

E per noi la calda parola ha ancora il sapore di un regalo mai chiesto.

La donna sirena

17 venerdì Ott 2003

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 48 commenti

Qui da noi ci sono donne sirena, con petto di rosatea e fianchi accoglienti.
La più bella era bruna.
Alle nespole d’inverno aveva rubato la pelle dorata: a guardarla ne sapevi la polpa nascosta.
Non chiamava, non cantava, ma, se rideva, se guardava e rideva di gola, non c’era male, non c’era dolore che restasse identico a prima.
Un riso di latte e di miele.
Lo sentì il suo ulisse, risalito dall’altra sponda del mare, fra le nebbie del fiume, vagabondo senza mappe e senza mestiere.
Lei lo lavò, lo vestì, lo prese nel letto, nella casa del caco esploso d’arancio.
Lui dipingeva su vecchi assi d’armadio: nel noce, nei muri, nella brina sui rami vedeva marine velate, trine di schiuma e conchiglie e conchiglie.
Con questa moneta pagava. E le case fiorirono di squame azzurrate, collezioni di sabbie, zaffiri d’onde e marosi…
Se ne andò, lo straniero, senza dire dove e perché.
A noi restò il mare sui muri e una donna sirena, senza latte né miele.
Perché l’amore ha radici nell’aria.

Preghiere

07 martedì Ott 2003

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 27 commenti

Qui da noi, nel paese a ferro di cavallo, con la chiesa in punta, c’erano due vecchi con diverse preghiere. Lei prendeva la messa dell’alba, anche d’inverno, con la neve di grana grossa, leggera e sfragolona. Metteva gli orecchini d’ingranata per mangiare il suo cristo. Lui aveva mani cotte di pane, ossa magre e gentili, pensieri grandi come il mare. La domenica, al tocco, era con la moglie fino sul sagrato, la guardava sparire dietro la porta scura, e, seduto fra i bossi e la mortella, dava voce al suo valdo: “La vita è oceano, non seguite le guide cieche, i preti son uccellacci neri. Lux lucet in tenebris. Seguite la lampada del cristo: sette stelle ha nella sua mano. Siate poveri insieme ai poveri. Solo la croce unisce…” .  Salutava così chi entrava in chiesa.

Poi, all’Andate in pace, la vecchia usciva, con l’incenso addosso, si toglieva lo scialle, copriva le spalle del suo uomo, se c’era freddo, e lo lisciava bene. Senza una parola, dritta e impettita, andava a casa. E l’onda della voce si perdeva.

L’ospite

06 lunedì Ott 2003

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi, Uncategorized

≈ 15 commenti

Di qui passò un ragazzo, in cerca di vento per i suoi aquiloni e di bende silenziose per povere vecchie ferite. Un fruscio leggero leggero.
Senza domande, per lui si  ruppe il vaso di nardo: profumava di tiglio e rosmarino, seminati nell’aria stupita da tanta festa.
Ognuno giunse coi suoi doni, nella casa, perchè l’ospite succhiasse il latte e la carezza dei legami sciolti. Anche i vecchi raccontarono le storie, scambiando pane e parole.
Troppo leggero per i suoi aquiloni, dovette seguirli. Lasciò, a cometa, una scia di padri e di madri.
E piume di poesia, briciole da pettirossi, nascoste fra i libri.
Chi le trova sa di essere pescatore di perle e sente che si perde solo ciò che non si ha.

Vino

25 giovedì Set 2003

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 4 commenti

Qui da noi c’era un uomo grosso, coi baffi da mangiafuoco, che d’estate cantava il vino.
Alle feste, di fronte a un calice di rosso, in punta d’unghia, faceva tintinnare il vetro erecitava “viiiiiiiiiin….viiiiiiiin ….. viiiiiin! sentila la musica, sentili i voli! aaaquaaa, aaaaaquaaaaa, roba da teeeeera…”. E tu vedevi tutte le “i” del mondo fare fisso dentro il vino, in puntini di lucciola, e tutte le “a” del mondo sgonfiarsi come vesciche, prostrate nella polvere dinanzi al santo altar.
Non lo volle l’altare, l’uomo grosso coi baffi.
Quando fu il momento di salutare, chiamò il figlio e disse: gnent cassa, gnent pret….imbutiglièm. Imbottigliatemi.
E il figlio non riuscì neppure a piangere.

Qui da noi…

21 domenica Set 2003

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 2 commenti

Qui da noi ci sono giorni che sembrano impastati di lentezza e silenzio. Fermi.
E allora galleggi in una specie di attesa: strana confidenza fra il dentro e il fuori… Ma, se di colpo, da strada, un urlo lungo di cornacchia (o bambino) batte la stanza, è come uno schiocco d’ortica.
Tutto torna ad essere solo carne o cosa.
La vita, puntuta, ha il suo modo di farsi sentire, aspro d’amarena o ago di suono.
Ti prende e sai di non avere altre strade. Vai nel negozio vicino a comprare il pane.

Qui da noi…

21 domenica Set 2003

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 1 Commento

Qui da noi ora le finestre si chiudono.
Quando passo per la strada che mi piace, quella che quasi si strozza fra le case basse, non sento più l’odore del caffelatte col pane, che non è amaro e non è dolce, la mattina.
E non gioco a indovinare se, nella casa gialla (la porta sull’asfalto), vedrò la vecchia in vestaglia o il vecchio con le spalle strette, che mangia in canottiera.
Dietro le finestre chiuse ciascuno si riprende il suo.
Solo l’estate fa teatro.
A queste giornate di confine restano il pudore e gli odori forti dei primi fritti, che fanno feltro nell’aria.
A passare, li senti che sfiatano dalle imposte e gravano.
Come le abitudini.

Qui da noi…

20 sabato Set 2003

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 2 commenti

Qui da noi ci sono cieli carta da zucchero, se le piogge di fineestate li gonfiano e li scoppiano in bolle d’acquagrossa. Poi, resta in alto una memoria di nuvole. E ci vuole tempo perchè sgombrino. A vederle colare nella coda di temporali a lento commiato, ti accorgi d’essere dentro a un addio.

Qui da noi…

19 venerdì Set 2003

Posted by colfavoredellenebbie in margini, qui da noi

≈ 4 commenti

Qui da noi le prime nebbie prendono alle spalle (“zampine” di velluto) alla fine d’agosto. Così capisci che niente è dovuto, neppure il cielo sgombro, la luce dritta o un’idea chiara. E impari, sulla pelle, che le forme senza contorni netti sono più vicine e si prestano qualcosa.

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