S’avrebbe voglia di parole da infilare col refe, per la Sibelia: perline da fiera per farle una collana luccicosa.
E poi di parole tonde, così corrono meglio e finiscono fra le assi del pavimento e nella catena del pozzo, a scricchiolare e a cigolare, per un po’.
Parole con la musica dentro, magari con l’accento in testa, come un berretto: ché han da suonare chiare e mettersi in rima a far le buffe, in ogni angolo della corte.
Si vorrebbe cercarle nelle stie delle galline, dove restano certe piume di muta, che sono sospiri di chioccia.
O sulle creste dei pioppi, quando le foglie si fan di vetro al primo gelo e crocchiano di galaverna.
Perché la Sibelia era la vecchia dei bambini. Con gli occhi inutilmente azzurri.
E parlava soltanto a filastrocca: nella sua bocca i giorni della merla, il cattivo tempo, il grano, i santi del paradiso e i fagioli finivano in cantilene ripetute mille volte, a coprire ogni buco di tempo con lo stesso rammendo.
Perché la Sibelia era la vecchia dei bambini. La vecchia dei bambini, dentro l’aia.
Piccola e ossuta, con le tasche piene di semi di zucca, bruciacchiati nel forno.
Mai sposa, mai madre, mai niente, solo a rancurare i figli di tutti nella corte, perché le donne stessero quiete in campagna d’estate e nella stalla o al telaio d’inverno: senza la paura delle zampe dei cavalli e dell’acqua ferma nell’abbeveratoio e dei matti che portavano via le creature.
La Sibelia sempre lì, a cercare coi piccoli le uova fra le frasche, le tane dei grilli e dei rospi del signore.
A fare il verso del tacchino e del cuculo, a recitare le fole della scopa e della farina, dell’acqua e del fuoco e poi le canzoni con il fischio del vapore e la spada insanguinata.
A passare il calendario alla sua maniera, aspettando la stagione buona…Par santa lùssia un cul ad gussia e par nadàl un pass ad gal.
Senza crescere mai, anche se i denti non c’erano più e la bocca fioriva all’indietro.
Ma le parole han solo bisogno di un filo di suono e di testa leggera.
E così, quando per san martino la trovarono riversa sul corach, a testa in giù, stecchita come certe zampe di faraona, coi semi di zucca a far da lacrime intorno, tutti pensarono che la Sibelia stesse cercando, in mezzo ai pulcini, un pezzo di filastrocca, un pio pio scappato dalla catenella…
Per colpa del vento.
BibliotecadeBabel ha detto:
Quei semi di zucca bruciacchiati a far da lacrime intorno sono un’immagine che cola goccia a goccia fuori dalle parole del post. “Acini di tempo dolce”, tu sai.
Un abbraccio senza parole, ché anche l’affetto ha bisogno solo di un filo.
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colfavoredellenebbie ha detto:
mi viene il dubbio che magari il dialetto mantovano non sia lingua universalmente nota.
Per cui…
il corach è un cesto rovesciato con un buco al centro dove si mettono i pulcini.
§§§ Grazie cara Stefania, con affetto, in attesa di acini zuccherini :)
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arden ha detto:
Che cosa bella che hai scritto! Ogni volta si resta stupiti, anche sapendo che qui ci aspetta qualcuno dei tuoi incantesimi, Zena.
Questa vecchia Sibelia, vecchia da sempre, vecchia per sempre, viene dall’infanzia già vestita di favola e vive della realtà delle cose evocate – le piume sospiri di chioccia, i semini di zucca, le cose e il tempo intrecciati in filastrocca – e dello sgranarsi delle tue parole, “con la musica dentro”, tonde e luccicose.
Grazie, Zena:-)
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cf05103025 ha detto:
Sì, Zena,
è tanto bello questo quadro che mi sono trovato da piccolo in fondo al cortile, sotto una “travàà” a riudire mia nonna che mi chiamava dal balcone, “la lobbia”, mentre io stavo giocando con una vecchia “caponera”, una gabbia di ferro per i capponi da ingrassare ed ho risentito…..:
….Santa Lussìa..’l pass dla furmia…
..Sant’Andreia…’l’nvern ‘l munta ‘n carèja…..
Mario
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blancoebleu ha detto:
Mnnaggia, Zè. Volevo lasciarti un commento anonimo ma non mi è stato possibile. Ti avrei descritto nota per nota la musica che ho sentito leggendo questa tua cosa qui. Tante belle note rotonde come le parole che srotoli. E mi sarei firmato “confutabili assiomi” (che poi in fondo è quello che mi piacerebbe diventare) E invece vestito da bb ste cose non mi vengono tanto bene. Vabbè, fai finta lo stesso che te le abbia scritte.
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ArimaneBis ha detto:
… e ancora ci porti a sognare.
Stavolta la nonna collettiva che insegna filastrocche e magie semplici di semi e di versi d’uccello.
I nostri bambini, se hanno avuto fortuna, le hanno imparate dai libri e da voci più frettolose; non so se è lo stesso.
Ma se a due anni trafiggono la strega di Biancaneve con le frecce dell’arco di Ulisse, allora forse sì.
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linodigianni ha detto:
mi è piaciuta molto, bellissima figura di donna/nonna/parola
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Deli ha detto:
:-)
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cochina63 ha detto:
che bello, mi hai fatto venir voglia di essere quella vecchietta: un po’ citrulla e un po’ magica, di certo felice a giocare coi bimbi.
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Effe ha detto:
e allora lo devo confessare.
Io sono un ladro, un tagliagole.
Vegno qui per rubare i ricordi che non ho.
Ho perduto il passato chissà dove, e qui lo ricompongo con frammenti d’altri.
E’ magnifico sentire di appartenere, di condividere, ricordando quel che non si è stati mai.
(è di questi personaggi sempre a margine, sempre a lato dello sguardo, che si compone l’ordito del mondo)
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madeinfranca ha detto:
La nube dei semi
Le mie poesie, lo so, saranno erranti,
come me, da vivo
e avranno volto, il certificato
di nascita, la levigata,
avventurosa gioventù
dei miei giorni felici.
E vivranno nella polvere, o fra
i cereali, che la mia gente coltiva,
nel cesto di nocciole, o con il pane
ardente e fresco. Accompagneranno
i solitari nella bisaccia
delle aurore, andranno con quelli
che si amano. Sudate
al lavoro, con il fabbro,
nel riposo della fabbrica,
o con la ragazza stesa
sull’erba, in mezzo
ai cinnamomi. Voglio
le mie poesie, insieme
a coloro che soffrono o tentano
di respirare la nuova vita
dell’uomo. Che siano sale
e non saranno calpestate.
Salvo se vitigni fossero,
uva nel torchio dei paesi.
Ma non voglio frontiere o pedaggi,
per il loro ingresso, fra
coloro che vivono. E portate
dallo spirito, liberate
siano nella parola.
E persino di me, che le ho rese
in scrittura. Poiché si sono
scritte con questo inchiostro
delle cose infinite.
E non entreranno nelle tiepide
biblioteche, se non saranno
vagliate con l’ardore
di chi le legga nel sentiero
segreto della scintilla,
o del pesce nell’acqua.
E parlino della mia intimità
con la nube dei semi.
E che mi sopravvivano.
(Carlos Nejar)
ce l’avevo in serbo questa poesia…
sentivo che aveva a che fare
con la tua Poesia…
sentivo che il poeta aveva in mente Zene e Sibelie che, come lui,
son capaci di “rancurare”.
bidsousgalavernois!
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Ihadadream ha detto:
“Parole con la musica dentro”
come le tue, Zena cara…
Anna che ti sorride
P.S. i semi di zucca abbrustoliti!!! che buoni, me li ricordo!!!
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DaisukeJigen ha detto:
…’mmazza che malinconia. Mi ha ricordato vita e morte del nostro leggendario Primon.
Ad ogni modo: bello, bello, bello. Sei in splendida forma…
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dodo712 ha detto:
Si passa di qua con la certezza di trovare parole che ti accarezzano, soffici e calde. Parole che parlano di ricordi condivisi che innescano altri ricordi e, con gratitudine, ti si ringrazia.
Un sorriso. :)
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Flor ha detto:
questa volta è commozione… profonda. Che bello questo tuo racconto! Un bacio grande cara, unica, Zena
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madmapelli ha detto:
la Sibelia
la porterò con me
stasera
nei miei sogni
un abbraccio
mad
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Fiorile ha detto:
Sibelia ..tra visibile e invisibile, utilissima eppure disutile, ricca di parole e sterile di legami..ce n’è un po’ in tutte noi, chissà? un po’ di Sibelia in tutte noi, chissà?
per assonanza mi viene in mente Sibelius e la sua musica elegiaca… abbraccio a te :))
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usermax ha detto:
non sarò certo l’unico, ma anch’io porterò con me la Sibelia stanotte…
(ritardo?… scuse?… ma scherzi?!… te lo devo strillare quel sussurro?!)
:)) grazie, a presto, M.
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MissOrchiDea ha detto:
Un caro saluto e buona giornata!
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setteparole ha detto:
Mi ha ricordato mia nonna, donna di paese trapiantata nella grande città, col suo bagalio di filastrocche e detti antichi di cui noi bambini capivamo a stento qualcosa…
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facc8 ha detto:
Ora sento Sibelia
come un frammento
del mio passato
Grazie
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Ihadadream ha detto:
grazie di quello che hai scritto da me. E’ una delle cose più belle che mi siano state dette.
Anna :)
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Pattinando ha detto:
Che belle le filastrocche della Sibelia, par di sentirla e di vederla materializzarsi in questo tuo dolce e magico racconto.
Baciotto*
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lontanoda ha detto:
Figure così non se ne trovano più, un tesoro che i bambini d’oggi non potranno godere, quelle donne che hanno dedicato la vita alle piccole cose di ogni giorno, agli altri e depositarie di parole che ormai il vento ha allontanato da ogni luogo. Restano i semi di zucca nei sacchetti del supermercato di un bianco gessoso, che ha perso quella lucentezza d’ambra che solo il calore di ciocchi bruciati in una stufa sapevano disegnare. Un saluto e un sorriso per te e per ogni bella parola che ho trovato qui, Claudia
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proteus2000 ha detto:
Ma non era morta, la Sibelia. No (ti prego!), non era morta.
Bastò toccarla per accorgersi che era un fantoccio pieno di paglia e di buju (fasci di giunchi secchi). Infatti dopo un poco lei apparve sulla soglia, ben viva, con in braccio il più piccino dei suoi piccoli. “Piaciuto lo scherzo”, ridacchiò.
Io da bambino ebbi una babysitter così. Si chiamava zi’ Pippina. Aveva una grande treccia bianca, dura come saggina (o come buju).
Ma quanto mi piacciono le tue storie!
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Deli ha detto:
‘notte ‘tzena :-)
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diamonds ha detto:
sei stata generosa col refe,per la Sibelia(che un pochino di paura me l’ha messa,in particolare quando “la bocca fioriva all’indietro”)infilando una martingala di parole che annientano la forza di gravità per spiccare il volo.Cip
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farouche ha detto:
E finalmente arriva l’ora giusta per accoccolarmi qui a far silenzio e memoria dolce e azzurrinutile…
Sempre nei miei pensieri! :)
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cicabu ha detto:
Sibelia delle filastrocche e delle parole rotonde che se n’è volata via come un uccellino piccolo che ha ali che non fanno rumore…
Commovente ritratto..
Baci Col..e buon we..^^
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diamonds ha detto:
Pero las palabras han solamente necesidad de un hilo de sonido y de prueban ligera. Y así, cuando para san martino la encontraron vertido sobre el corach, a prueba en en parte baja, stecchita como algunas piernas de faraona, con las semillas de zucca pendientes de lágrimas alrededor, todos pensó que el Sibelia misma buscando, en medio de los polluelos, un pedazo de filastrocca, unas pilas piadosas scappato de la cadena… Para colpa del viento.
(guarda,suona bene pure in spagnolo)
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elisnelpaese ha detto:
In qualunque lingua, in qualunque favela, questa storia di Col sarebbe tremendamente dolce e musicale caro Diamonds!
E tu Zena, sebbene mi sembra di conoscerti da sempre nonostante la nebbia, ogni volta mi sorprendi, poeta della vita e dell’umanità.
Abbracci di buona domenica.
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MIRELLADEPARIS ha detto:
Io non li leggo questi racconti, li ascolto ogni volta raccontati da una voce tranquilla, che ha tutte le parole che servono a raccontare tutto, perché nulla ma proprio nulla di buono finisca nell’oblìo. Ancora grazie Col :-)
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Gardenia ha detto:
sempre meravigliosa la nostra zena, g***
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cronomoto ha detto:
hai dato un suono alla galaverna,
è un bellissimo anticipo di inverno questo post e un tuffo all’indietro nei ricordi e nelle fantasie dell’infanzia
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anandamide ha detto:
…:)***
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tegia ha detto:
tu, la sibelia e tutte le parole che sanno tornare ingenue
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Fiorile ha detto:
un abbraccio mon amie :))
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colfavoredellenebbie ha detto:
Buona notte a tutti :)
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zop ha detto:
bllll
che fleddo in Sibelia!
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Fiorile ha detto:
c’est moi qui passe…:))
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toporififi ha detto:
La mia Sibelia si chiamava Venizia, a ciò che è bello si uniscono sempre parole sonore e ricordi dolci.
Sei sempre così ampia nel racconto, è un bel posto dove stare.
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IdaKrot ha detto:
Ciao Col,che bella la tua Sibelia coi semi dentro la tasca e lei che non era madre di nessuno …dei bimbi,faceva da madre a tutti e ninnava con le filastrocche e poi…anche nelle fiabe arriva la strega che ci raggrinza e ci stecchisce.Queste tue parole si amalgamano con le persone e i luoghi,diventano larghe e strette,si allngano e si vestono di una grazia che confonde,mia cara.
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ermione64 ha detto:
Molti di noi nel cuore tengono stretta una Sibelia da ricordare, l’amore quello vero non sarà mai il passato.
Buona serata col, le tue storie riescono sempre a toccare l’anima.
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triana ha detto:
I personaggi di Zena sono uno più bello dell’altro. La Sibelia è una fata d’altri tempi e mi ha fatto venire in mente la Vittureinna (Vittorina in bolognese) che ne era l’equivalente urbano in casa della mia mamma. Erano in sette tra fratelli e sorelle e due cugini che venivano dalla campagna a studiare a Milano, due nonni scompagnati (il papà della nonna e la mamma del nonno) e la Vittureinna, entrata in casa da ragazza come cameriera e poi invecchiata lì senza mai un amore, un fidanzato, alla fine tramutatasi in nonnina anche lei, senza altra incombenza che rammendare qualcosa, sbucciare i piselli e intanto raccontare storie ai bambini che se la coccolavano e le si raccoglievano intorno. Anche lei senza denti, anche lei adorabile.
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cicabu ha detto:
..ciao Col..serenanotte^^
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biancanera ha detto:
E’ proprio vero. Questa storia riporta alla mente tutte le Sibelie del mondo, una razza estinta che ha lasciato posto alla velocità, all’approssimazione di racconti che non sono più immagini di dentro, ma figure piatte, che non lasciano traccia.
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ladritta ha detto:
infilare le parole. nessuno come te…
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Bostonian ha detto:
ecco, stavo per scrivere “che è un corach?” e arrivato in fondo a tutti i commenti vedo che l’hai messa, la nota a margine ;)
mi piacerebbe sentirti raccontare la storia di certe contadine che, li’ da me nella campagna nebbiosa che mi piace sempre fotografare, toglievano il malocchio, guarivano la sciatica e aggiustavano ossa, con delle facce grinzose e delle bocche sdentate da far paura alla Sibelia.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Vi lascio un saluto grande.
Mi vergogno di non avere un briciolo di tempo per leggere, salutare, contraccambiare come vorrei.
scusatemi.
z.
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madeinfranca ha detto:
Oggi vi chiedo due minuti
per leggere : http://lavelle.splinder.com/post/9898092.
E’ molto importante che venga divulgato. Grazie
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quellachenonsei ha detto:
Riversa nel suo ultimo istante su un cesto che racchiude piccole vite, quelle a cui lei ha dedicato la sua.
Un bacio Col.
m.
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Fiorile ha detto:
abbraccione alla ******* :))
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