Il mondo sotto la pioggia è un mondo bambino, lavato e rilavato dopo un pomeriggio di corse: fra poco dormirà sogni d’acqua e vapore.
(La stanchezza delle gambe friggerà breve, fra le lenzuola).
Non è fredda la pioggia di aprile: si fa annunciare da nuvole a voce alta, poi si fa sottile, di mano gentile.
Non fa male.
Finge indifferenza l’Albero di Giuda, e i suoi fiori si imbarazzano, più rosa e muschiosi, sul tronco nero.
Finge indifferenza il Glicine, ma sa e sa e sa che il suo profumo è certezza da non lasciarsi intimidire: lo porteranno in giro formiche d’acqua in fila indiana.
Piove in una sospensione di violetto rosato, ora, e io,… io, se potessi fermare il cielo, questo fermerei nella mano di chi mi vive accanto.
Ascoltando la canzone della pioggia:
Mi ripeto ma resto incerta mi ripeto
Segno la misura del fare del raccontare
Principio o fine non mi tocca
Mi ripeto ma resto incerta mi ripeto
Sono il bilico del tempo delle cose
Non mi appartengo
Molte vite mi bastano o nessuna
Mi ripeto ma resto incerta mi ripeto
Ho il corpo di pioggia l’anima di nulla
Mi gioco non mi freno
Mi ripeto ma resto incerta mi ripeto
A chi chiama non rispondo illudo
Impazzisco confondo
Le teste con i frutti i corpi con i fusti
Mi ripeto ma resto incerta mi ripeto
Mi ripeto ma resto incerta mi ripeto
Mi ripeto ma resto incerta mi ripeto
Mi ripeto ma resto incerta mi ripeto
(Gianfranco Maretti)