• Pesci di nebbia

colfavoredellenebbie

~ I racconti non finiti, le schegge di parole, le arie che si fischiano, le conte e gli scongiuri, che non hanno padri né nomi, sono pesci di nebbia dolce: nuotano e svaniscono.

colfavoredellenebbie

Archivi Mensili: aprile 2008

25 Aprile

25 venerdì Apr 2008

Posted by colfavoredellenebbie in pareti

≈ 52 commenti

Le voci del mentre
3.  
Lui dice che bisogna andare indietro, per capire bene.
Almeno un salto a dieci anni prima, al millenoventotrentaquattro.
Il fratello più grande subito di leva.
Vent’anni giusti, da spendere in Etiopia.
E insieme alla partenza, l’arrivo del mal stare.
Il giovane mandato a far la guerra, senza dire perché,  e il padre a fare i conti con la sua: col caseificio grande chiuso per quella tessera rifiutata sempre, coi figli da tirare su, con le minacce non tanto sotto traccia.
E un formaggio che non voleva più nessuno.
C’era da andare via.

Lui dice che il padre era andato in Francia e sempre scriveva a casa,  anche per dire che errore questa guerra, solo una  smania tronfia di grandezza…
Bastò alla censura nera per chiudere altre porte: persecuzione.
Bisognò inventare altri lavori, tornando nel solco della madre. La rivincita fiorì tutta nel nome: aprì le porte la Trattoria “Alla Pace”.

Lui ricorda quando il fratello grande tornò dall’Africa.
Era il ’39. Cinque anni di guerra.
E di nuovo fu subito partenza: prima al confine italo francese e dopo in Jugoslavia.

Anche il fratello di mezzo era ormai maturo. Vent’anni giusti, da spendere in Croazia, essere ferito e poi ripartire: destinazione Russia, fino alla disfatta e , senza neppure passare dal paese, un po’ di Meridione.
Così l’8 settembre del ’43 cominciarono a venire a casa. A piedi. Uno dalla Jugoslavia, l’altro da Sessa Aurunca a risalire l’Italia.

E c’era la Brigata da organizzare, e c’era la Liguria con le sue montagne, e c’era il formaggio per la Val d’Ossola, e il lavoro “Alla pace”. C’erano i compagni. E chi fingeva di essere e non era.

Lui, l’ altro lui, ha scritto:

“Da ragazzo di vent’anni, in poco tempo ero stato costretto a diventare uomo disincantato; perciò non è stato difficile prendere coscienza, e i fatti purtroppo mi hanno dato ragione, che l’8 settembre sarebbe stata la data della dichiarazione di una nuova guerra, forse la più cattiva, contro nuovi nemici: gli ex alleati tedeschi ma, peggio ancora, i fascisti italiani ancora loro alleati, riorganizzati nella Repubblica Sociale Italiana di Salò. (…)

Nella trattoria ALLA PACE si andavano consolidando lo spirito antifascista e pacifista e il desiderio di ricostruire una vita democratica; si allacciavano contatti con personaggi già inseriti ed attivi nel movimento della Resistenza.

Il 4 novembre del 1943, prima che cominciassero le azioni delle S.A.P., c’era già, presso il Comune di Borgofranco un Ufficio delle Guardie Nazionali della Repubblica di Salò.
Io ed un gruppetto di amici, la mattina, riunitici per ricordare i Caduti della Grande Guerra presso il Parco delle Rimembranze, ci scandalizzammo per lo stato di degrado del luogo: erbacce dappertutto, le targhe coi nomi dei Caduti divelte o sporche, il cannone con la canna piena di terra, le recinzioni sconnesse. Detto fatto, il gruppetto decise di mettere in ordine e fare la commemorazione (…): ripulimmo e ripristinammo tutto, lucidammo anche il cannone, ma lo collocammo a canna in su con dentro un mazzo di fiori rossi.
Per tutti i cittadini che assistettero alla scena quella fu una toccante manifestazione patriottica, per noi quei fiori nel cannone furono l’esternazione di una protesta, l’ufficializzazione della nostra appartenenza al movimento della Resistenza” (da L. Roncada, Dall’8 settembre 1943 verso il 25 aprile 1945, in Sermide 1940-1945, Sermidiana Edizioni-2005)

Come andarono i fatti già è stato detto.
Resta la cosa ultima.
Il padre, proprio il 25 aprile, i ‘merican in piazza, i partigiani anche, chiamò la sua gente, tutta la famiglia, la vedova abbracciata con lo sguardo: si volta pagina, disse. Niente mai vendette.

Ecco, vorrei sapere dove sta la retorica che qualcuno vorrebbe cancellare.
Si pensi a cancellare la guerra, guardando avanti.
I libri dei fatti, dei gesti già accaduti sono da rispettare.
Da rispettare.

(dedicato a Domenico, a Ugo, a Gigi, a Giulio e a chi mi ha aiutato a ricordare)

Pubblicità

…ancora 25 Aprile – 250 blogger

23 mercoledì Apr 2008

Posted by colfavoredellenebbie in pareti

≈ 20 commenti

Le voci del mentre
2.  
Lei dice che era bambina e si ricorda tutto. Tutto.
Specie quel giorno di festa di dicembre: ci andava spesso dai nonni e dalla zia, ché la zia era una sarta fina e aveva mani d’oro.
(In giro c’era il dono di certe pelli bianche di coniglio, che quasi erano meglio della lana e avrebbero inventato un bel cappotto, per la cresima d’inverno)
Niente cappotto, invece: divise nere all’improvviso e l’osteria riversata in strada.
Erano le tre del pomeriggio.
Le sedie e i fucili, i bicchieri e gli urli, le lacrime e i silenzi, i piatti e il vino e le pelli bianche di coniglio.
A fare inferno, insieme. Il dentro tutto buttato fuori e calpestato.
I giovani sul camion.
Senza un dove.
(Un mondo sporcato e rovesciato)

Lei dice che c’era, nella cucina grande, quella mattina di venti giorni dopo. Quando il nonno rovesciò la scodella con il latte, un gesto mai veduto, quasi uno sgarbo alla moglie che diceva mangia, che a cercare il figlio finisce che muore il padre…
E la verità era venuta fuori come una biscia nera.
Non c’era più figlio: lo sapevano le gambe che avevano pedalato tutta la provincia, lo sapevano le mani che avevano scavato nella terra e nel ghiaccio di quel cimitero.
Non c’era più figlio.
Neanche gli altri.
Fucilati il 22 dicembre.
Diceva, poggiato alla tavola, con i pugni alle tempie.
(Lei se la sente ancora la corda d’ortica che da quel giorno strinse la famiglia, ficcata nella carne  da far male)

Lei li ha bene in mente, i giorni della ritirata.
Gli incendi, soprattutto, che si vedevano dalla casa alta: i tedeschi bruciavano le corti, dopo aver preso motori e biciclette. La coda del drago che batteva qua e là: fuochi, alle spalle, in mezzo alla campagna. Le bestie perse nel fumo. L’odore a vampate, a raschiare occhi e  gola.
Un falò di banconote davanti al municipio.
(i bambini a rimestare fra i carboni col sogno di un biglietto intero, ma il fuoco sa tagliare come di coltello: solo farfalline di cenere e angoli di soldi bruciacchiati)

E poi, e poi i carri armati, a venir su dal modenese: quelli col numero ottantotto e con il quadrifoglio.
I ‘merican, qui da noi. Anche quelli neri.
Arrivarono che era quasi sera e puntarono i cannoni verso Po, dove c’erano gli ultimi tedeschi sulle rive, di qua e di là. La gente chiusa in casa col tremore, a sentire la notte fischiare sulle teste.
(Tutti con la madre nel letto grande: sotto il lenzuolo, ad ascoltare il buio e i colpi, ché quella era nottata di fine mondo)

Lei dice che al capo del Pradòn, la lingua di terra, quasi un’isola, proprio in riva a Po, fra i pioppi e i salici, c’era la casa di una famiglia grossa. La mattina i tedeschi s’erano portati via le porte, ché tutto serviva per tentare l’acqua. Ma tanti, il fiume, non l’avevano passato: avevano messo le armi per terra e si erano dati ai partigiani.
Allora l’uomo del Pradòn, il pomeriggio di quel 23 d’aprile, era sceso in golena con il bimbo a cercarsi le porte per la notte: almeno stare al chiuso… ma, dalla spiaggia di quell’altra sponda, arrivò uno sparo.
Morire così, a un passo da casa.
Senza poter dire liberazione.

Questo blog aderisce all’iniziativa 25 Aprile 250 blogger

21 lunedì Apr 2008

Posted by colfavoredellenebbie in pareti

≈ 16 commenti

Le voci del mentre

1.
Lei racconta che era ragazza: sentiva qualcosa che cambiava e non capiva bene.
Una primavera a voce bassa e di sole sottile.
Con l’ombra dell’inverno a fare freddo, ancora.
L’inverno con i morti ragazzi, partigiani, ragazzi di lì, fucilati nel ghiaccio di un poligono, un poco più lontano.
Portati via dalle brigate nere nell’otto di dicembre, la festa dell’immacolata.
Il più bello preso mentre serviva all’osteria del padre. La moglie a vedere, con il gelo dentro e la bambina in braccio.
Messo sul camion, insieme col fratello, che poi s’era salvato.
E il padre che, al nome dei suoi figli, diceva  sono io e voleva andare lui, al posto loro.
(Il vino che correva per la strada e sembrava già sangue in mezzo ai vetri e ai biscotti secchi)

Lei dice che un conto è perderli in guerra, ma vederseli prendere così, davanti agli occhi, dopo la Russia e l’Africa, e tanta Jugoslavia fatta a piedi… Così, per rappresaglia. Ché mica avevano ammazzato. Sabotaggio e tanta propaganda, questo sì. E l’aiuto a chi voleva star  dall’altra parte, questo sì.

E si ricorda che al più bello  piaceva portare il feltro sulle ventitré e se lo aggiustava con un colpettino.
Quando entrava nel forno, a cercare pane per l’osteria,  incantava meglio di Clargabol, sornione e di battuta pronta.
Al vecchio Bigin, allora, che non rubava mai a nessuno, toccava alleggerire le infornate portate alla cottura, giusto per mettergli insieme qualche copia.
“Mi toccherà dire alle donne che il forno vuole la sua parte e se la brucia”, e fingeva di sbuffare un poco.

E si  ricorda la faccia anche degli altri: ragazzi come ce ne sono tanti, belli pure loro, come si è a vent’anni, ragazzi da farsi una famiglia o tenersela ben stretta. Invece macché.
Erano quelli della radiolondra, di notte nel retro d’osteria, quelli – poi s’era saputo – delle riunioni nelle capezzagne al buio, incuranti dell’aereo Pippo che passava e teneva fermi in casa, con la carta blu a far da pelle al vetro.
(Una coda di bengala come di cometa e le bestie nelle corti, invece, a imbizzarrirsi)

Lei dice che, prima, sapeva e non sapeva.
Ché il suo moroso, il fratello che poi s’era salvato, non rispondeva a niente e spariva e non c’era modo di fargli dir le cose, neanche la sera quando l’aspettava fuori dall’ufficio per accompagnarla a casa: qualche minuto insieme a una promessa. E c’era  così freddo che il  fiato si faceva nebbia.

Sa di certo che era stato l’inverno delle bombe e della fame: il ponte del paese grosso già non c’era più, la chiesa con squarci da far pena. La gente sfollata, a cercare casa dove si poteva. Nelle stalle e nelle porcilaie, con le corti che aprivano l’uscio e non tenevano più nemmeno il conto.
I boschi dei pioppi avevano tremato ed era già febbraio, coi tedeschi sempre più cattivi, con Pippo che passava ogni nottata, i rifugi scavati dietro gli orti, lontano dai muri, coperti con le frasche.
(I nonni con il cuore in gola, ciascuno a pregare con la propria fede: avevano già perso ogni cosa, maledettalaguerra)

Poi era venuto aprile, dice: i giorni del venti e giù di lì.
Il 23 mattina gli americani erano vicini (cannocchiali sopra il campanile)…
E i tedeschi parevano impazziti e cercavano di passare Po: coi corach delle cove, con le botti e le porte scardinate, con le tavole di legno e gli assi del bucato, ché, i gommoni, i capi se li erano già presi.
Certi come bambini di occhi tondi, altri che entravano e prendevano.

Lei dice che nella confusione, nel correre a nascondersi e aspettare, era scappata a casa dall’ufficio e si era trovata un cavallo, proprio in mezzo a strada.
Grigio chiaro chiaro: tedesco e pareva figlio di nessuno.
Che colpe mai poteva avere?
Ebbe paura che lo facessero annegare e lo portò dentro il suo cortile, dietro la pila della legna.
Lo tenne nascosto per due giorni, poi lo accompagnò dagli americani.
Era il 25.
Si poteva piangere e ridere, insieme.

Invariazioni

10 giovedì Apr 2008

Posted by colfavoredellenebbie in passaggi

≈ 38 commenti

C’è un posto, un po’ più in là, verso il boscone, con gli alberi in croce.
Un braccio di fiume dove un incendio ha impalato i pioppi e la terra s’è sorbita l’acqua.
Ci hanno pensato le radici vive ad asciugare, con tempi lunghi e rigurgiti di talpa: barriere basse di false zucche avviticchiate e fitte.

A ricordare le onde restano lembi di distese nude: crespure strascicate, umide ditate di fiume sull’argilla.
Terra materna che accoglie e non respinge.
Tiene sulla crosta una memoria di trilli e zampettii.
E resti di rami: gesti di alberi fermati nel gesso della malta.
E garbugli di vecchi tronchi, venuti a morire qui, come derive di scontri e di correnti.
Fra ragnatele di fango e brandelli di plastica indurita.

E’ bianca la polpa degli alberi morti, col livore di vene di liscivia. Pare tirata a pomice, ma senza più splendore.
A contrasto, intorno, il verde che rinasce, gramigna che si confonde al grano e cresce e muta.

Così assoluta, invece, questa secchezza che non ha più saliva né nebbia per confondersi e mentire.
Non cambia, non si trasforma più, mentre intorno eccede primavera
Ed è dolente questo invariare asciutto, come di terra tradita e spenta.

Fulminati

07 lunedì Apr 2008

Posted by colfavoredellenebbie in accompagnamenti

≈ 14 commenti

a proposito di un libro…

‘Chissà se i fulminati di fiume sono come quelli di mare’, dice la dedica.
Mi viene da sorridere e penso, intanto, che non so fare le dediche e che vorrei averla scritta io, questa. A dirla tutta, non so fare neppure le recensioni.
Magari percorro qualche pezzetto di strada insieme con i libri, a volte, fra la gente.
E con gli autori. Sempre con la preoccupazione di sbagliare il passo o il modo.
Facciamo così, quindi: questa non è una recensione, neanche una presentazione, ma un accompagnamento dedicato a Medicineman, amico di blog, che leggo a singhiozzo, così come leggo a singhiozzo le altre blog-scritture, in questo periodo strano in cui il tempo fa quel che gli pare ed è sempre altrove.

Il libro è Fulminati, di Antonio Musotto, appunto, che, assieme ad Elio Carreca e a Sandro La Rosa, ha pubblicato una raccoltina di racconti per i tipi di Navarra Editori: un libro sottile, di microstorie a lama, inquiete e, a loro volta, fulminanti.
Il nastro di scorrimento di queste narrazioni è la città, nel suo paesaggio umanamente confuso.
Eppure non sono i luoghi ad accamparsi, luoghi che pure si declinano in interni di uffici, studi dentistici, case, internet caffé, e ancora nei ‘loculi’ delle riunioni riservate, in capannoni di fabbriche abbandonate o in esterni che hanno il rumore del traffico e della sua bailamme infelice .
E nemmeno gli eventi: quasi sempre sotto traccia (come sanno esserlo gli appostamenti dissimulati, gli spionaggi di mestiere, gli incontri di eros&noia), o talmente laceranti da diventare esempi pirandelliani della banalità del male, della ‘coda del mostro’, da ricondurre alla alienazione,  alla vendetta rancorosa, all’esasperazione, quella che fa sparare sul branco o addormentare per sempre mammà.
Sono le esistenze ad imporsi, piuttosto. Il senso perduto delle esistenze, ferme ad un gradino, ad un ostacolo o nodo, a qualcosa che chiude, impedisce l’uscita, perché diventa orizzonte, l’unico orizzonte possibile.
Le esistenze appaiono sussistenze, deriva di vite che scoppiano non per eccesso di pienezza, ma per le mine vaganti del quotidiano, con detonazioni spesso silenziose di malessere e disagio.
Regalano la particolarità dello sguardo, lente deformante che ingigantisce o minimizza, contorce o deforma.
Lavorano d’occhi, molti personaggi.
Alcuni guardano dall’alto, da un terrazzino o da una finestra: modellano comportamenti laterali e obliqui sulla vita altrui; altri puntano su di sé e sul mondo uno sguardo lisergico e allucinato, da leccata al dorso di un rospo: uno sguardo che stravolge e non distribuisce né favole né consolazioni, ma solo conferma solitudini ab ovo, nell’inquinamento radicale e a fittone di ogni giorno.
I personaggi di Musotto affidano allo sguardo dialoghi implosi, sfioramenti, che non trovano altro punto di contatto, o tentativi di agnizione. Ma anche gli occhi sembrano aver abdicato alla loro funzione: vedono senza riconoscere il volto riflesso nello specchio, la stanza, la donna di un pomeriggio.
Ai ‘fulmini’ che snervano l’esistenza, d’altra parte, non si può chiedere di far luce: sono contingenze, declini o ossessioni, dismissioni interiori o stanchezze folgoranti che abbagliano, spezzano e richiedono patti in deroga con il mestiere di vivere.
Chi sopravvive, resta. Alla maniera della scoria, del detrito, raccolto dalle parole, con le parole, dello stesso colore della strada.

Da leggere. Fulmineamente.

Questo blog genera soltanto i "cookie" propri della navigazione sulla piattaforma Wordpress (vedi Privacy Policy di Automattic e Privacy Policy WordPress.org).

Commenti recenti

newwhitebear su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo
Caterina Milanesio su Il circo
Amanda su Il circo
newwhitebear su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo
iorandui su Il circo
colfavoredellenebbie su Il circo

Categorie

  • accompagnamenti
  • Arcipelago delle Finzioni
  • cronache dal terrazzo
  • effetti di lettura
  • etimitìe
  • margini
    • qui da noi
  • pareti
  • passaggi
  • pensieri in fuga
  • qui come altrove
  • resistenza
  • storie di seconda mano
  • Uncategorized

Archivi

  • febbraio 2021
  • novembre 2020
  • aprile 2020
  • marzo 2020
  • febbraio 2020
  • gennaio 2020
  • dicembre 2019
  • novembre 2019
  • ottobre 2019
  • settembre 2019
  • agosto 2019
  • luglio 2019
  • giugno 2019
  • Maggio 2019
  • aprile 2019
  • marzo 2019
  • febbraio 2019
  • gennaio 2019
  • dicembre 2018
  • novembre 2018
  • ottobre 2018
  • settembre 2018
  • agosto 2018
  • luglio 2018
  • giugno 2018
  • Maggio 2018
  • aprile 2018
  • marzo 2018
  • febbraio 2018
  • gennaio 2018
  • ottobre 2017
  • settembre 2017
  • giugno 2017
  • aprile 2017
  • marzo 2017
  • febbraio 2017
  • gennaio 2017
  • dicembre 2016
  • novembre 2016
  • ottobre 2016
  • settembre 2016
  • agosto 2016
  • luglio 2016
  • giugno 2016
  • Maggio 2016
  • aprile 2016
  • marzo 2016
  • febbraio 2016
  • gennaio 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • ottobre 2015
  • settembre 2015
  • agosto 2015
  • luglio 2015
  • giugno 2015
  • Maggio 2015
  • aprile 2015
  • marzo 2015
  • febbraio 2015
  • gennaio 2015
  • dicembre 2014
  • novembre 2014
  • ottobre 2014
  • settembre 2014
  • agosto 2014
  • luglio 2014
  • aprile 2014
  • marzo 2014
  • febbraio 2014
  • gennaio 2014
  • dicembre 2013
  • novembre 2013
  • ottobre 2013
  • settembre 2013
  • agosto 2013
  • luglio 2013
  • giugno 2013
  • Maggio 2013
  • marzo 2013
  • febbraio 2013
  • gennaio 2013
  • dicembre 2012
  • novembre 2012
  • ottobre 2012
  • settembre 2012
  • agosto 2012
  • luglio 2012
  • giugno 2012
  • Maggio 2012
  • aprile 2012
  • marzo 2012
  • febbraio 2012
  • gennaio 2012
  • dicembre 2011
  • novembre 2011
  • ottobre 2011
  • settembre 2011
  • agosto 2011
  • luglio 2011
  • giugno 2011
  • Maggio 2011
  • aprile 2011
  • marzo 2011
  • febbraio 2011
  • gennaio 2011
  • dicembre 2010
  • novembre 2010
  • ottobre 2010
  • settembre 2010
  • agosto 2010
  • luglio 2010
  • giugno 2010
  • aprile 2010
  • marzo 2010
  • febbraio 2010
  • gennaio 2010
  • dicembre 2009
  • novembre 2009
  • ottobre 2009
  • settembre 2009
  • agosto 2009
  • luglio 2009
  • giugno 2009
  • Maggio 2009
  • marzo 2009
  • febbraio 2009
  • gennaio 2009
  • dicembre 2008
  • novembre 2008
  • ottobre 2008
  • settembre 2008
  • agosto 2008
  • luglio 2008
  • giugno 2008
  • Maggio 2008
  • aprile 2008
  • marzo 2008
  • febbraio 2008
  • gennaio 2008
  • dicembre 2007
  • novembre 2007
  • ottobre 2007
  • settembre 2007
  • agosto 2007
  • luglio 2007
  • giugno 2007
  • Maggio 2007
  • aprile 2007
  • marzo 2007
  • febbraio 2007
  • gennaio 2007
  • dicembre 2006
  • novembre 2006
  • ottobre 2006
  • settembre 2006
  • agosto 2006
  • luglio 2006
  • giugno 2006
  • Maggio 2006
  • aprile 2006
  • marzo 2006
  • febbraio 2006
  • gennaio 2006
  • dicembre 2005
  • novembre 2005
  • ottobre 2005
  • settembre 2005
  • agosto 2005
  • luglio 2005
  • giugno 2005
  • Maggio 2005
  • aprile 2005
  • marzo 2005
  • febbraio 2005
  • gennaio 2005
  • dicembre 2004
  • novembre 2004
  • ottobre 2004
  • settembre 2004
  • agosto 2004
  • luglio 2004
  • giugno 2004
  • Maggio 2004
  • aprile 2004
  • marzo 2004
  • febbraio 2004
  • gennaio 2004
  • dicembre 2003
  • novembre 2003
  • ottobre 2003
  • settembre 2003

altervista

  • cochina63
  • farolit
  • naima
  • Pattinando
  • quellache
  • Rififi

blogspot

  • albafucens
  • amanda
  • annamaria
  • caprette
  • cesy
  • clelia
  • contes de chaque jour di deli
  • Elisabetta
  • facco
  • flaviablog
  • Gardenia
  • giorgioflavio
  • giuba47
  • habanera
  • isabel49
  • katherinem
  • la scia di sofia
  • lebufaledigrumonevano
  • lis
  • lisoco
  • Medicineman
  • Mirella
  • ovidio
  • pensareinunaltraluce
  • primocasalini
  • rossana massa
  • stefanopz
  • themiracle2
  • themiracleman
  • zingarofelice
  • zio Scriba

iobloggo

  • alphac2
  • arturscantini
  • dolittle
  • Farsergio
  • gretsch
  • katherine2
  • Nic
  • nuova (fiordiloto)
  • portamivia
  • sabrinamanca
  • tristano
  • zop

kataweb

  • maxdreamer2

myblog

  • notimetolose
  • nowhereman

splinder... e poi?

  • anandamide
  • annie
  • battello
  • clodclod
  • Daniela Raimondi
  • ella
  • ellie
  • ermione64
  • florit
  • giustosentimento
  • grazia
  • griza
  • hanna
  • heteronymos
  • hladik
  • Ihadadream
  • Il signor Effe
  • infabula
  • invincibile
  • junco
  • ladritta
  • livio
  • madmapelli
  • mammalara
  • melpunk
  • melusina
  • milosz
  • miskin
  • mrka
  • multiversum
  • PaoloGalloni
  • parnaso
  • proibito
  • riccionascosto
  • sette
  • sfirzy
  • sirenetta
  • Sometime
  • speedo
  • triana
  • Uomoecane

web

  • aquatarkus
  • briciolanellatte
  • cigale
  • Giovanni Monasteri proteus
  • harmonia
  • ibridi
  • Sabrina Campolongo

wp

  • affabulare
  • aitan
  • amfortas
  • annaritaverzola
  • arden
  • Arimane
  • astrogigi
  • astrokudra
  • bakaneKO
  • Barche2
  • Barchedicarta
  • biancanera
  • birambai
  • blog&nuvole
  • blogosteria di Amalia
  • brigida
  • cafebistrot
  • caracaterina
  • carriego
  • carroditespi
  • cartesensibili
  • cartografifolli
  • cartuscelle
  • cato / sicuterat
  • celestemateria
  • chiamamip
  • Chicca
  • cicabu
  • comunitprovvisorie
  • cristinabove
  • cronomoto
  • dado
  • dodo712
  • evacarriego
  • falconiere
  • Farsergio
  • federico
  • feritinvisibili
  • flor
  • Franz
  • Gardenia
  • germogliare
  • guido mura
  • IdaKrot
  • irazoqui
  • letturedielisabetta
  • linodigianni
  • madeinfranca
  • maicol
  • maicol
  • mammagiovanna
  • manginobrioches
  • marosit
  • massimolaspina
  • melogrande
  • mezzaluna
  • microcenturie
  • mics2
  • mitedora
  • musette
  • musicamauro
  • Nerina Garofalo
  • newwhitebear
  • Nic
  • Orasesta
  • petarda
  • Piero
  • pispa
  • poetella
  • quaestio
  • raggiante
  • remobassini
  • rex
  • robertomeister
  • scrignutella
  • senza
  • sgnapisvirgola
  • Simonetta
  • Skipper
  • squilibri
  • stepa
  • terrabrasilis
  • tony
  • ubaldo riccobono
  • varasca
  • verastazioncina
  • zaritmac

Meta

  • Registrati
  • Accedi
  • Flusso di pubblicazione
  • Feed dei commenti
  • WordPress.com

Blog su WordPress.com.

Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie
  • Segui Siti che segui
    • colfavoredellenebbie
    • Segui assieme ad altri 320 follower
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • colfavoredellenebbie
    • Personalizza
    • Segui Siti che segui
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza il sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra