• Pesci di nebbia

colfavoredellenebbie

~ I racconti non finiti, le schegge di parole, le arie che si fischiano, le conte e gli scongiuri, che non hanno padri né nomi, sono pesci di nebbia dolce: nuotano e svaniscono.

colfavoredellenebbie

Archivi Mensili: aprile 2004

 Nenia

30 venerdì Apr 2004

Posted by colfavoredellenebbie in Uncategorized

≈ 104 commenti

Stasera ho voglia di una cantilena, di una nenia che snervi i suoni e li prolunghi, musica senza essere musica.
Stasera ho voglia di una cantilena, di una nenia che sposti il senso e il senno, che raddoppi o sfumi, e ripeta, ripeta, finché le parole non si prestino la testa e la coda.
Stasera ho voglia di una cantilena, di una nenia che precipiti la lingua in un imbuto di suoni.
I suoni sono dolcissimi bordi per formule.

Magiche.

Stasera c’è bisogno di magia, lontano dai singhiozzi delle cose.

scintilla
seme del sole
sii temperante
o scia-cometa
sibilla
lana di culla
sii lieto modo
nodo del nulla
o sangue o mente
stridente verminaio
o grumo di malizia
nessuno
in tua letizia
è staio
piccolo roditore
ninnolo dell’ora
in cui si immola
il sole
piccolo refuso
cric crac croc
dell’uso
musa o mus
o sola distonia
della mia storia
mia minima follia
lentalamente vieni
lentalamente vai
altalenante pena
lontanamente poi

(Alberto Cappi)

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Configurazioni

25 domenica Apr 2004

Posted by colfavoredellenebbie in Uncategorized

≈ 93 commenti

(divagazioni da vento)

Il vento sembra puntare alla dispersione dei confini, oggi.
Ci riesce bene.
C’è che si vive di respiri.
È una questione di accordi. Le cose si slargano e si slentano, si stringono e si chiudono col battito di cadenze irregolari.
Dentro o fuori, palpiti d’aria o sguardi, non c’è differenza.

C’è che si vive di configurazioni.
È una questione di vicinati o di casuali disposizioni.
Il “qui ed ora”, in questo momento, è uno sbieco di tenda sollevata, che taglia una fetta di strada, ladra, a sua volta, di un tono di luce.

Nell’attimo di un respiro si coglie il porsi delle cose.
Una variazione che non si ripeterà.
Saper essere poeti… Come catturare il cielo nell’aia. Come accogliere un rotolo di stelle sotto il patio. Complice la pergola.
E tenere trattenere inserbo, con fermagli di parole.

UN PATIO

Con la sera
si stancarono i due o tre colori del patio.
Questa notte la luna, il chiaro cerchio,
non domina il suo spazio,
Patio, cielo incanalato.
Il patio è il declivio
sul quale straripa il cielo nella casa.
Serena
l’eternità attende al crocevia delle stelle.
È bello vivere con l’amicizia oscura
di un atrio, di una pergola e di una cisterna.

(J. L. Borges)

Il catalogo dei beni e dei mali

19 lunedì Apr 2004

Posted by colfavoredellenebbie in Uncategorized

≈ 97 commenti

Un catalogo per giocare al bene e al male, come con certi giochi ricavati dai fogli di quaderno, pastellati in azzurro e in rosso, e piegati e ripiegati fino ad essere cappucci per le dita : o inferno o paradiso, in una specie di becco di pulcino spalancato…
Un catalogo leggero, per dichiarare l’instabilità delle frontiere, la bugia dei confini e la fragilità dei muri, per corteggiare i passaggi lucidi dell’ironia e i soffi della memoria.

Un catalogo a rovescio, senza leggi né divieti, per confondere le idee e soprattutto le certezze.

È la notte giusta per lanciarlo, come un rito propiziatorio, che allontani lo star male e inviti lo star bene con le formule di tutti noi, di tutti voi, in transito, in corsa, in pausa su questa pagina…

“Le porte fessurate sono beni
La chiave che accorda l’arpa è un bene
Le stanze rinchiuse sono mali
La veglia è un male
I rotoli sono beni, non i pieghi
Gli embrici e i tegoli sono beni perché la pioggia li canta
Le bilance sono mali
Le bigonce sono beni
Le buche sono mali se la pioggia vi stagna
Le buche sono beni se aspettano le bilie
Erano beni i puteali dove affacciarsi per l’acqua da insecchiare
Era un bene la polvere di strada perché la pioggia l’impastava
Era un bene la sapa sulla neve nel bicchiere
Le trame, roride a mattino, dei ragni tra le foglie sono beni perché annunciano un giorno illuminato
Le cavate di violoncelli sono beni
Le voci che hanno risposta sono beni
Divertirsi a essere altri è un bene
Volere essere altri è un male
La gibigiana luminello è un bene
È un bene sapere dove posar la testa e rimanere
Essere variante e invariato è un male
Aprire la sapienza o la poesia è un male
Giocare giocando è un bene
Giocare senza giocare è un male
I beni sotto chiave sono mali “

(Gianfranco Maretti)

Divagazioni da terrazzo

13 martedì Apr 2004

Posted by colfavoredellenebbie in Uncategorized

≈ 93 commenti

Sul terrazzo sono fiorite le pervinche, sui cordoni lunghi, ancora un po’ nudi di foglie.
Sono tenaci e silenziose, le pervinche.
Navigano dietro le fioriere, viaggiano nelle crepe dei muri e non si fermano di fronte ai vasi già presi.
Poi, quando, ormai all’esasperazione, decidi di sfoltirle, perché son spettinate e invadenti, fioriscono.
Fioriscono di colpo, senza preavviso.
E allora non c’è azzurro più intenso: forse solo quello della lobelia può andargli vicino, se decide di lasciare il cobalto e si sfuma di porcellana.

Non ho il cuore di togliere le pervinche.
Le lascio far razza e mi vergogno del mio non saper tagliare.
Sarà il sogno del tenere tutto.
Sarà che anche i pioppi mi sembrano azzurri, quando disegnano l’orizzonte, dietro gli argini, piatti di trame sottili.
Sarà che ho voglia di colori, ma anche una pervinca mi sembra una rete a strascico, che prende, dentro il suo giro, parole nuove.

I proverbi e gli scioglilingua della primavera

I proverbi e gli scioglilingua della primavera
si insinuarono nei libri invernali.
Un perspicace vide con gli occhi turchini
le postille della terra invereconda.
Attraverso il volo della pallina dorata
diritto nelle reti dei pioppi
in questi giorni un biondo fàrfaro
striscia come una piccola tartaruga d’oro.

(Velemir Chlebnikov)

Metamorfosi

08 giovedì Apr 2004

Posted by colfavoredellenebbie in pareti

≈ 84 commenti

(giusto per chiudere i Traslochi, parte terza)

In effetti quello fu l’anno dei passamontagna gialli.
L’inverno di mio padre lontano. In Sicilia.
Io grande a metà.
Mia madre grande a metà, più un pezzettino.
Mio fratello piccolo e basta.

Risucchiata dall’alto, la parte dormitorio di casa si era ripianata nelle stanze di sopra, così come doveva essere, mentre la tavola grande e i divani erano tornati a fare il soggiorno. Il falegname sembrava averli lustrati col fiato, sfregando la manica del grembiule.

Sopra, però, restava il freddo delle case in cui non si abita da un po’, con l’odore dell’umido, che va via solo a primavera, insieme alla naftalina sbriciolata.
Molto freddo.
Per questo, la sera, la Rosa miamamma fingeva il gioco delle partenze.
Si doveva comunque andare a letto e la rampa di scale diventava lo spartiacque fra la casa da giorno, tiepida e lucida ora, sempre con la stufa a lingua di cane, e la casa da notte, gelida di spifferi, calda solo sotto le coperte, dove la padellina con le braci, dentro a una nicchia di legno, scottava le lenzuola e le cuoceva di un odore di pane.
Mica si poteva rischiare la traversata delle scale al freddo.
No no.
E poi il bambino aveva una cera da schifo, pallido e con la tosse.

Allora miamamma metteva al bambino un passamontagna di lana gialla e, per vincere le sue resistenze, lo metteva pure lei.
Io no: meglio la morte. Meglio assiderata coi ghiaccioli. Meglio la brina sui capelli. Il passamontagna mai.
Però mi divertivo, sadica, a vedere la coppia in partenza per i piani alti: brutti tutti e due, con quelle testine da uovo sodo…. Alla fine si rideva insieme, perché non si può stare seri se si calza un passamontagna giallo per andare a letto, e si finiva per cantare “La mooontanaaaaraaaaa ueeeeeeeeeee….” salendo le scale con gran rumore, tre bambini nella casa grande.

L’inverno mollò un attimo.
Fu allora che la fase creativa della Rosa miamamma conobbe una sola parola: cretonne.
Inquietante stoffetta fiorita.
Con la furia delle sue decisioni rapide, con l’istinto del tappezziere, la Rosa rivestì le testiere dei letti e ricoprì gli sgabelli e le poltrone, pure aggredì le ante degli armadi con certe tendine arricciate…niente imbottitura con le puntine a capocchia, no, quella richiedeva una precisione geometrica, estranea a casa mia…., solo tendine arricciate.
Senza il mio aiuto, naturalmente, perché i giri del pomeriggio mi tenevano fuori casa, ormai, sospesa come un galleggiante di sughero in un’acqua nuova.
Lontana anni luce dalla fatica della Rosa, insofferente del bambino.
Io avevo i ragazzi da guardare e incantamenti da consumare, poi, da sola nella stanza bomboniera, dove mi imbucavo come una cartolina, appena potevo, a mettere ordine nei nomi e nei volti della giornata, a rivedere a moviola le scene belle, a cercare nelle poesie le parole che avrei voluto. Dire e Ascoltare.
Adesso ero io, mica la Diana, ad essere accompagnata a casa con certi corteggiamenti di manubrio, magiche impennate sulla ruota davanti …e “domani cosa fai”,“ non verresti domenica al carnevale” e “in gita ti siedi con me…”.
C’era da essere sempre fuori.
In casa c’era solo da provare, davanti allo specchio del bagno, risposte e capelli.
La casa non aveva più muri sirena.
Meglio il giardino, se proprio proprio, dove si poteva chiacchierare fitto, sotto il pruno rosa, con le ragazze, e pure scrivere lettere collettive di risposta ai primi biglietti d’amore…. quando cominciare con “Caro Marco” faceva troppo banale, “Marco caro” troppo innamorato, alla Grand Hotel, “Marco tesoro” troppo peccaminoso…, meglio “Marco, ciao…”, sì, molto meglio…

Mio padre tornò e trovò la casa imbozzolata di cretonne, la Rosa miamamma con gli occhi fieri, il bambino cresciuto e, al mio posto, un tema dove parlavo di un’amica del cuore….
“Coi pantaloni” – disse mio padre, leggendolo.

E appoggiò al muro il ramo di mandarini che aveva portato per me, in treno, da Catania.

Divagazioni multiple

02 venerdì Apr 2004

Posted by colfavoredellenebbie in Uncategorized

≈ 78 commenti

Oggi c’è un’aria che piace: cielo molle, ma niente nubi a gufare.

Oggi è tornato un amico, che a volte sparisce e io allora lo immagino intento a galleggiare, sottile e sospeso, sulle linee di confine: giusto per vanificarle…

Oggi sul tavolo della stanza a sinistra, quella che dà sul terrazzo, c’è un vaso blu pieno di narcisi e giunchiglie.

Pure un’amica oggi ha lo stesso regalo e magari sarà lì, come me, a contare i cuori di narciso (che sanno essere così volubili, invadenti di arancio o ritrosi di rose nascoste e gialline).

Oggi mi torna indietro ieri: il sogno dell’ amico che, in spregio alle stagioni, pensa già a un inverno fatto di Ulissi e di Orlandi, da leggere nel vapore di un qualche ridotto. Dice: “…sarà mica strano leggere per tre persone l’Odissea e Il Furioso, neeeeh…”

E pare un ragazzo con gli occhi ladri, bello di dolcissima cattiveria e suadente di narcisi.

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