l’approccio
La spiaggia promessa stava sotto un rettangolo di tela: una vela d’ombra, piantata in mezzo alla calura.
La Iris e la Rosa ne presero possesso: un colonizzare a suon di cartocci e asciugamani.
Si capirono subito gli stili di pensiero.
Le madri un po’ nervose, cartavetrate in vestaglina a fiori, facevano vedetta dallo sdraio.
La Diana era di lato, stesa a succhiarsi il sole, lucertola ragazza.
La cugina di mezzo teneva relazioni fra tende, cannicciati ed ombrelloni. Era curiosa di un mondo fuori dal paese: amava presentarsi, chieder nomi, notizie comparate e provenienza. Nessuno le sfuggiva, nemmeno sugli scogli.
La piccola restava accovacciata proprio in riva al mare: le gambe piegate a coltellino. Alla distanza di uno sguardo (girare la testa all’improvviso e vedere le grandi lì vicino, questo contava più di ogni cosa). Incerta se stare sulle sue o fare confidenza con l’acqua non azzurra, ma densa di sabbia di riporto.
Le piaceva, intanto, accogliere gli schizzi fino all’orlo del costume, l’onda intorno alle caviglie e sentire i granellini correr via con quel solletico ridente sotto il piede. Come profondare dentro a una carezza e chiudere gli occhi, per ascoltare meglio.
Vieni a fare un buco, bella, diceva la suazia, così dopo ci trovi l’acqua dentro.
Ma a cosa serviva cercarlo in fondo a un buco, il mare, se era tutto lì davanti: aperto, largo e sciolto come colore sfuso…
La bambina, piuttosto, aspettava che la schiuma le portasse una conchiglia, già pulita e forse trasparente, un’unghia di sirena, chiara chiara.
Questo era un bel gioco.
Si tornò che era quasi sera, con la sabbia a fare prurito fra le dita e le orecchie smerigliate dall’aria, dal sole e da quella voce nuova che sciacquetta sciacquetta e poi si rompe.
Le donne a fare presto i letti, col rumore secco di lenzuola spiegate a polsi fermi e l’odore di casa scoppiato all’improvviso, a dare un po’ di nostalgia.
Le bambine sotto la pergola, a pane e mortadella, perché il mare poteva cambiare anche la cena.
Il sonno intanto veniva su dai piedi, per le gambe che parevano legate, poi prendeva le spalle, come un gatto che fa pesante il collo.
C’era così voglia della prima notte, lì…