• Pesci di nebbia

colfavoredellenebbie

~ I racconti non finiti, le schegge di parole, le arie che si fischiano, le conte e gli scongiuri, che non hanno padri né nomi, sono pesci di nebbia dolce: nuotano e svaniscono.

colfavoredellenebbie

Archivi Mensili: luglio 2016

25 luglio

25 lunedì Lug 2016

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La sposa aveva i bigodini in testa.
E i jeans, gli zoccoli e la maglietta nera: quella che a lui piaceva tanto perché aveva lo scollo da madonna e la pelle sembrava ancor più chiara.
Erano le sette del mattino e il cielo era sgombro, di un pulito che pareva lustrato con la pomice.
Bisognava fare le tartine, mentre il padre avrebbe curato la regia di tavoli e tovaglie nel giardino di Villa Bisighini, prestata al bisogno senza storie.
La madre a casa, perché era commossa e c’era da accogliere i parenti.
Lo sposo suonò alla porta: sorriso d’intesa, multiplo e abbondante, zoccoli e camicia a quadrettoni.
Bellissimo, pure di mattina, e calmo, anche se la porta del bagno era ancora da montare e non si sapeva se i pasticcini sarebbero arrivati per tempo. Da Mantova, in corriera.
Carbonara era lì, a pochi chilometri di strada: gli amici già al lavoro.
Il padre, con piglio da caserma, cominciò a dirigere spostamenti e pulizie.
Le tavole fra gli alberi fiorivano come margherite di lino e porcellana, perché va ben una cosa campagnola, ma con la finezza dell’apparecchiare.
Che non sembri la festa di partito, con le bandiere rosse e tutto quanto, aveva implorato la madre, preoccupata, perché già aveva dovuto digerire l’assenza di bomboniere e partecipazioni: solo bigliettini scritti a mano dalla figlia, con l’inchiostro di china…

Villa Bisighini sorrideva a tanto brulichio.
La Lia era maestra di tartine: tutti col coltello in mano per spalmare multistrati di salse profumate e rapidi passaggi di tartufo, regalato alla sposa come omaggio. Collane di uova sode al gusto di paté, sfogliatine al profumo di formaggio, creme di tonno montate come spuma, fantasie di verdure ed affettati: una gioia per gli occhi e il palato, anche se la sposa non riusciva nemmeno ad assaggiare, persa nel dopo ancora da arrivare.
Faceva tanto caldo e di colpo si materializzò il sogno dell’Artide e del ghiaccio.
Serve un camion frigorifero?
Un compagno del padre, sua sponte, era arrivato per caricare tutto su un gigante bianco: il suo dono aggiuntivo con sorpresa.
Però.
Il cielo cominciò a perdere limpore: nubi a raduno, molto, molto grigie.
Un temporale al galoppo. Senza preavviso, mentre la chiesa improvvida batteva gioiosa il mezzogiorno.
Al padre si afflosciò tutta la regia, alla sposa perfino i bigodini.
Piatti bicchieri immenso tovagliame … il tutto affogato sotto un’acqua a rovescio, mentre in un corri corri generale si spostavano tavoli in precari, funambolici equilibri, dentro la villa, nell’andito, piano B mai preso in considerazione. Mica può piovere il 25 luglio! Appunto.
La sposa fu portata a casa, umida e moscia: ad attenderla una madre in pianto greco, che ripeteva a le cinco de la tarde non si sposa e non si parte, addomesticando Lorca a modo suo.

Ma poi si sa che le fiabe sono vere …
Le donne del paese vennero in fila a prendere tovaglie e tovaglioli: asciugarono tutto con le ferrine calde e tornarono a sistemare lo stoviglie, ora luccicanti per l’ennesima sfregata, con un regista ammansito dalla pioggia e dall’effetto.
Alle cinque del pomeriggio anche il sole non si perse la festa: lo sposo montò la porta del bagno, uscì per ultimo di casa, fra gli applausi dei bambini che contavano i minuti, scommettendo perfidi sui tempi. Corse ad attendere la sposa, in chiesa, per il rito, sperando che i testimoni non si fossero perduti. Anche gli amici arrivarono un poco trafelati, uno in ciabatte perché le scarpe chissà dov’erano finite, durante il temporale.

Anche la sposa arrivò, a testa nuda ma zampettando su improbabili scarpini: i primi col tacco, dopo secolari mocassini …, giusto per essere all’altezza della situazione.

Sono tanti anni che ripasso questa nostra giornata e ogni volta torna la solita colonia di pesci guizzantini fra petto e gola.

Oggi di più.

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Viserbeide (la fuga)

03 domenica Lug 2016

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≈ 17 commenti

La bambina Ughetta aveva camminato. Tanto camminato.
La spiaggia era piena di cose da guardare. Nell’ora del dopo bagno, lenta e pigra.
Com’era successo, proprio non sapeva.

C’è da dire che la Rosa, una delle zie, era rimasta in casa, la mattina, perché il mare la faceva un po’ nervosa. Anche la piccolina era restata lì con lei, a mettere i semi di girasole tutti in fila.
(Gli ultimi giorni di spiaggia fiaccavano le donne, che avevano la testa già al tornare indietro)
La Iris, l’altra zia, invece era più soda: la tenda arrotolata sotto il braccio, la borsa con gli asciugamani, era partita con passo bersagliere: lei e la Diana al seguito, ancora poco sveglie.
Dopo il bagno in mare, la Iris l’aveva ben lavata e fasciata col costumino che piaceva a lei, sotto la tenda fresca e gli asciugamani per tappeto.
La bambina aveva mangiato la sua fetta di pane con il burro, coscienziosa, attenta che la sabbia restasse a casa sua.
Non c’era niente da fare, mentre la zia si prendeva la doccia per cambiarsi poi in cabina.
La Diana rosolava al sole con l’odore di cocco come aureola. Gli occhi chiusi e le bretelle del costume scivolate, per succhiare la luce in modo pari.
Passò una palla rossa. Ecco forse cominciò così.
La palla rossa era un gran richiamo: diceva seguimi bambina, non sarò rotolata qui per caso…
C’era praticamente solo da obbedire.
E darle un calcetto per vedere dove andava, poi ancora un altro e un altro ancora e ancora e ancora.
La palla rossa se la prese l’onda e la bambina la lasciò andare: non poteva bagnare il costume asciutto e c’era un castello di sabbia da guardare, con quelle pareti così lisce che parevano sfregate con un panno …
Servono conchiglie, sentenziò uno dei bambini muratori e lei si mise d’impegno per cercarle, ma poi passò quella ragazza che pareva una modella: tutto un lavoro di fianchi a camminare. Troppo bello seguirla appena un poco da lontano, imitando le mosse come un cagnolino, e le mamme che ridevano a vederla.
E poi, e poi quel gioco di biglie che correvano su e giù per piste d’acqua e sabbia: bastava lo schiocco dell’indice col pollice di ragazzi piloti infervorati.
C’era da fermarsi per capire, con la voglia di averle tutte fra le mani, quelle biglie di vetro coi colori dentro. Ne vide una ferma fra la sabbia, si chinò come per grattarsi un piede, invece se la prese di nascosto. Stette un po’ lì, per non destar sospetti, poi corse via, felice del bottino.
Si fermò quando non respirava più, per guardare per bene il suo gioiello.
Bello era bello, con quella striscia un po’ d’oro e un po’ turchese…
Lo pulì con cura e si guardò intorno.
Un bagno con gli ombrelloni tutti uguali, azzurri, con le frange.
E il mare che pareva un altro, così pulito, senza sfilacci di cozze o di catrame.
E i pattìni bianchi, tutti allineati.
E le signore che parlavano fra loro. Sullo sfondo un albergo che rifletteva il sole.
Tutto sconosciuto.Si sedette così, sul bagnasciuga, con la biglia di vetro nella mano. E pianse, pianse disperata, come una pollicina senza sassi, nel bosco infìdo e traditore.

Sì. Aveva camminato. Tanto camminato. La spiaggia era piena di cose da guardare. La palla rossa, il castello, le conchiglie, la modella, le biglie … E adesso come si faceva? Attorno a lei il bagnino e le signore con il birignao.
Poverina poverina, ti sarai perduta. Come ti chiami?  Ma perché non sei con la tua mamma?  A sentire la parola mamma, si mise a piangere più forte. No, che non c’era, la sua mamma, lì.
C’erano solo le sue zie, subito avvolte da un’aura di matrigne cattive e sfaccendate .
Solo sapeva che stava in una stanza lunga, dove le cugine mangiavano la marmellata sua . E di sopra entravano i pipistrelli. E c’era il bagno fuori. E anche una fontana dove la piccolina era caduta dentro.
Fra i gemiti di orrore dei presenti, il bagnino fece l’elenco dei cognomi di tutti gli affittacamere del luogo. Fu riconosciuta la levatrice del paese.

Il ritorno fu un trionfo in bicicletta, alle tre del pomeriggio, sotto un sole sudato e gocciolone.
Le zie con i sali, in preda a svenimento, la Diana lasciata in spiaggia per vedetta, i parenti allertati per telefono fino al terzo grado, il nonno già in corriera per riportare a casa tutto il gregge. O quasi.

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