• Pesci di nebbia

colfavoredellenebbie

~ I racconti non finiti, le schegge di parole, le arie che si fischiano, le conte e gli scongiuri, che non hanno padri né nomi, sono pesci di nebbia dolce: nuotano e svaniscono.

colfavoredellenebbie

Archivi Mensili: dicembre 2014

Attese

20 sabato Dic 2014

Posted by colfavoredellenebbie in Uncategorized

≈ 27 commenti

Vado spesso in campagna, dove la mia famiglia ha un rustico.
Mi piace guardare la terra: c’è un campo, infatti, al di là dal fosso, che costeggia la strada bianca.
E’ un campo che ha lavorato, quest’estate, col granturco.
Adesso è terra scura e rivoltata, come certi vecchi cappotti che, sul rovescio, tengono i segni delle cuciture, ma danno, almeno lì, il senso della non usura.
La terra, dove è compatto il segno della lama, è lucida e lisciata da segrete ferrate.
Ha un colore stupito. Quell’azzurro che i metalli sottraggono al fuoco.

E’ fresca questa terra di sotto e grassa e umida.
La guardi e pensi che questo è il suo modo di attendere.
Perché  anche la terra, la terra nuova, attende e si prepara a cominciare il viaggio di sopra, a lasciare il buio, il silenzio, la parte degli umori e delle radici per la superficie.
E’ l’attesa del verde e della luce.
E’ l’attesa di una vita che si riaffaccia, all’interno di un ciclo che si deve compiere.

Forse è proprio la terra ad insegnare all’uomo l’arte dell’attendere. Col suo tempo che rinnova e si rinnova, con la pazienza del seme e la gratificazione del frutto.

Si attende tutta la vita.
Si attende sempre qualcosa.
Qualche volta con ansia, in una corsia di ospedale,
Qualche volta con noia, persi  in una fila di carrelli,  e questo è l’aspetto grigio dell’attesa.
Qualche volta con una paura cosmica, che è l’umana, incerta condizione di fronte ai ‘labirinti della storia’, quando non si sanno gli inizi e neppure si possono ipotizzare le uscite. E allora attendere coincide col restare sospesi.

Il più delle volte l’attesa ci porge altri colori e allora le affidiamo il compito di predisporci una promessa che si realizza, un sogno che prende forma.
E’ l’attesa bella del bambino che guarda il cielo bianco, scommettendo sull’arrivo della neve.
E’ allora che l’attesa assume il volto rassicurante e consolatorio della speranza, senza chiedere, in cambio, neppure una briciola.

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La bambina e la vecchia dei rammendi

05 venerdì Dic 2014

Posted by colfavoredellenebbie in Uncategorized

≈ 7 commenti

La bambina sempre sperava andasse qualcun altro.
Col fazzoletto stretto a quattro cocche, a far fagotto per maglie e pantaloni.
Le pareva non fosse cosa bella portare i panni a rammendare.
Aveva un po’ vergogna: quasi il libretto della spesa, le voci sopra tono nella sera, le pecche e le mancanze di tutta la sua casa si fossero annidate nella tarma di un golfino, in un vuoto di lana all’improvviso, dai bordi malcerti e già stopposi.
La bambina era in soggezione già a suonare il campanello.

La porta aveva la targhetta a specchio e un occhio, un occhio fondo e indagatore, un occhio di dio azzurro e minaccioso, come le nubi del giudizio universale.
Indovinava la vecchia, presente dietro quel vetrino, e si sapeva, a sua volta, spiata e sospesa in un limbo di zerbino.
Poi la porta si apriva con lo scatto e c’era il corridoio silenzioso a scacchi bianchi e neri di graniglia, più in fondo la tavola, dove sciorinare strappi e sgarbi di famiglia.
La vecchia col collo di tacchino tastava stoffa e lana con mani sapienti e un po’ nervose.
Passava i panni ad uno ad uno e, dopo la rivelazione, li ripiegava con una confidenza mesta, quasi soffrisse nel vederli già segnati …

-Si proverà, diceva sospirando, dall’alto di un responso incerto, fatto di sopracciglia appena un poco alzate.
La bambina usciva come dalla confessione, senza sapere se c’era salvazione.
A giorni ci sarebbe stato il rito del ritorno, i soldi accartocciati nella tasca, il grazie da dire tante volte e la prova, quella finale, che la vecchia preparava con gran cura, i panni ad uno ad uno, ben distesi.
-Lo vedi, tu il rammendo?
Bisognava guardare e riguardare: davvero non si vedeva niente, perché la vecchia i fili li tesseva con arte di magia e quasi veniva quel pensiero: che il verdetto d’andata fosse incerto per rendere più dolce poi il trionfo.

E ci fu quel giorno, i passi nel corridoio un po’ appannati, forse di polvere, forse di aria chiusa: la vecchia più curva, davanti a fare strada.
I panni messi in fila per la ripassata, ma punti e nodi tutti in evidenza, per mano di una bimba capricciosa che arriccia e stringe e gioca con il filo.
-Lo vedi, tu il rammendo?
-No, disse la bambina.
E si sentì grande, senza più vergogna: immensa, nella stanza, con la sua bugia.

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