in risposta al gioco d’assemblare credenze d’infanzia (v. Giorgio Flavio, Herzog e altri ancora)
I pensieri bambini sono un po’ come la ragione dei vecchi: non stan mai fermi su una zampa, becchettano pezzetti di realtà, volano e trasvolano. Van cucendo tralci e stralci di credenze, con fili e piumette acchiappate nell’aria e messe da parte; parole, soprattutto, perché a qualcosa dovran pur servire.
Per dire, bastarono due giorni di vicinanza ad un cantiere edile e la fiaba di Alì Babà, col suo bell’apriti sesamo, per fare di mio fratello quattrenne un incontrollato bestemmiatore turco, capace di usare colorite espressioni per esprimere desideri, dal bicchiere d’acqua al trattore a pedali.
E bastarono dieci giorni di scuola materna, sotto l’ala suoresca, l’anno successivo, per redimerlo completamente e farne un bambinetto mistico, affascinato dall’ idea dell’anima.
La cercava, ovunque: a) per vedere com’ era fatta; b) al bisogno, per salvarla, secondo le indicazioni ricevute.
In famiglia, noto covo di liberi pensatori, questo slancio era scarsamente assecondato e allora il bambino si mise in proprio.
C’era, nel rustico, una grande scatola che apparteneva alla Rosa miamamma: conteneva un intero presepe di gesso, dono di una zia devotissima a Santa Rita, che in questo modo pensava di attrezzare la nipote di un parafulmine religioso, con cui affrontare i senzadio della famiglia nuova.
La Rosa miamamma lo teneva da anni là, assieme a vecchie caffettiere, portacatini di ferro battuto e brocche smaltate.
In un pomeriggio torrido, mentre la casa grande dormiva di un sonno arancione, miamamma si svegliò con la convinzione di avere sognato una cava di marmo brulicante di scalpellini che, con tocchi sordi, aggredivano una parete.
I rumori, però, persistevano pure al risveglio. Venivano dal cortile.
Mio fratello era seduto a terra, martello in mano, in una nuvola di gesso.
Essendogli andata buca con le persone, aveva circoscritto l’area: voleva salvare l’anima delle statuine. Una scatola di latta dei biscotti Mellin, lì, a testimonianza della dimora pensata per l’occasione.
Prima di salvare, però, occorreva trovare, quindi cercare… “Verso l’interno va il misterioso sentiero”, no?, avrei capito secoli più tardi…
Lui aveva cercato così: un colpetto e via. Assestato dall’alto verso il basso, con metodo e precisione.
Molto deluso dal vuoto interiore della prima statuina, aveva continuato imperterrito, senza risparmiare neppure le casupole dei pastori…, si sa mai.
Miamamma lo trovò ad opus perfectum, fra macerie di palme e comete, scontento e furioso, disamorato dell’anima, del cuore ed anche della milza.
Il sequestro, per motivi cautelari, del martello mise fine alla fase mistica e da quel momento mon frère si dedicò all’arte dell’invenzione fantastica, volgarmente detta bugia, praticata con esiti alterni ogni qualvolta un vuoto di realtà difettasse di spiegazioni e le reclamasse.
Viva voce.
colfavoredellenebbie ha detto:
le mie credenze bambine a seguire, fra un po’ :)
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arden ha detto:
Ah, quanto mi è piaciuto questo ricordo!
Sono ancora tutta un sorriso – anche perché penso al seguito, e cioè alle bugie, che devono riservare a loro volta molta materia di racconto:-))
Meno male, però, che non ha pensato di cercare l’anima di qualche essere vivente!
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setteparole ha detto:
Da bambina io scavavo nel terreno, lungo il percorso delle formiche, perché cercavo un altro tipo di “credenze”, quelle dove immaginavo che gli insetti riponessero le provviste per l’inverno ed ero sempre delusa dal non trovare quelle madie piene di molliche di pane che pensavo di trovare, magari accompagnate anche da sedie e tavoli, hai visto mai…
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Deli ha detto:
:-) che tenerezza questo fratello ricercatore :-)
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multiversum ha detto:
in certo modo lo si fa ancora, si, di grattare e grattare la superficie delle cose e delle persone, leggermente forzando per scoprire l’anima..a volte la si trova, perfino ..;)
un abbraccio cara amica, aspetto le credenze bambine :)
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junco ha detto:
I bambini sono portati a rompere, hanno questa inclinazione, sia pure per amor di verità.
Ma non è colpa loro: sono pervasi, al nascere, dalla spazialità. Cercano dentro, cercano dietro, sotto e fuori. Si fanno spazio. Io, da bambino, ogni tanto entravo nelle chiese vuote, mi avvicinavo quatto quatto e con uno scatto andavo dietro l’altare maggiore, per scoprire Dio. Nulla. Mai scoperto. Mi limitava lo spazio, nell’azione di ricerca.
Bisognerebbe educarli i bambini alla temporalità.
Già la bugia è un bel passo avanti, in effetti, perché quella lavora sempre e solo sul tempo. Una bugia, difatti, rompe meno di un colpo di martello. E’ più umana. In ogni caso, più civile.
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Effe ha detto:
ogni misitica ha bisogno del martello, in effetti (anche della della falce, volendo)
Magnifica l’immagine della delusione da vuoto interiore. Gli sarà capitato anche da adulto, con le persone, senza necessità di rompere teste (e però: Datemi un martello, Che cosa ne vuoi fare? Lo voglio dare in testa a chi non mi va)
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dodo712 ha detto:
Mi piace questo tuo fratello. :)
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BibliotecadeBabel ha detto:
Leggo solo adesso. Che meraviglia…
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farsergio ha detto:
la ricerca dell’anima… che bella cosa!
resa ancora più bella dalle tue parole.
è una pulsione che non ho mai avuto, da piccolo, forse perchè mi sono mancate l’esperienza e l’educazione religiosa, ma che si può forse assimilare alla ricerca del primo motore delle cose, sia esso materiale o spirituale.
attendo le tue credenze bambine…
:-)
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mianonnaincarriola ha detto:
questa storia delle statuine del presepe come ricerca esistenziale mi proietta nel passato…
anche nella mia infanzia ci sono statuine del presepe ..
ma se ne faceva un uso quasi laico…
mescolati con i soldatini servivano per storie fantasiose…
molti subivano decapitazioni…
ma per incollare le teste usavo la ceralacca sottratta dall’ufficio di papà
c’erano soldatini e statuine con i collarini beige e rossicci (a seconda del colore della ceralacca) la cosa dava al campo di battaglia un tocco di realismo ortopedico
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