L’estate poteva ben avere questo profumo di pareti ritinte, o il colore tenero di muri sirena, ma se un colore doveva imporsi sugli altri, se un odore doveva straripare, ad accorpare giorni sempre uguali, quello era il rosso. Della conserva di pomodoro.
Un grosso di forze, richiedeva, che aveva corrispondenza solo nella lavata di primavera, quella con i paioli fuori e lacenere dell’inverno, e con la liscivia quasi turchina, in certe venature.
Un dispiegamento di vasi di vetro usciti da profondità nascoste della casa, forse dalla dispensa, che si prolungava in un sottoscala orrido di ragni solo immaginati.
E stracci, stracci per avvolgere i vasi perché non avesseroa tintinnare, a urtarsi, quando il bollore inventava scoppi di caldo e impennate di schizzi.
Con mani di sangue lavoravano la Dina e le nuore, stanche e accaldate.
L’odore si accampava nella casa, perrestarvi. Acido e dolce, insinuante e vischioso, capace di bucare il naso e lo stomaco. Un languore cavo era il regalo del pomodoro, che si strozzava nelle unghie del tritaverdure, e si gonfiava in bolle compatte nel pentolone in cui sobbolliva.
Erano giorni di agitazione, quelli della conserva. Venivano convocate zie e cugine, persino la nuora lontana, in un concitato desiderio di sfidare il tempo.
Non so quando lo capii. Forse ne ebbi la certezza leggendo lo sguardo con cui la Dina fasciava di dolcezza le sue bottiglie piene. Non c’entrava per nulla la gara quotidiana dei sapori, per far dire agli uomini di casa, quando c’erano, “che buono!”
Dentro alla stanchezza di giornate spese a trinciare e a salare e a pesare, stava tutta la voglia di battere il tempo, di aggirarlo, di chiuderlo in un barattolo.
Conservare, tenere da parte un vasetto di colore, una bottiglia di sole, una cucchiaiata di odore.
L’estate, da riaprire in inverno: metamorfosi di una giornata di nebbia, schizzata col rosso del caldo, della luce.
E’ che avivere in pianura, con la nebbia che già ad agosto ti aspetta la mattina presto, si diventa un po’ matti, o bisogna esserlo, un poco, per inventare.
Indovinare le cose dentro la nebbia è come scoprire il sapore dentro una bottiglia.
Un sapore di vetro che cammina all’indietro e va a scavare una scia. La percorrerà chi ‘ha segnata, chi ne ha posto, dall’altro capo della memoria, il primo sasso. Ma anche chi è stato dentro lascia, testimone o fattorino, compagno o ospite di un’estate rossa rossa di conserva.
La nuora lontana, quella fuori casa, arrivò aggrappata al vespino del figlio giovane della Dina, bello e geometra, il primo ad avere studiato a scuola in casa mia. L’altro aveva studiato sfogliando strade e libri di partito. E l’altro ancora non c’era più. Si attendeva sempre con manifesto piacere l’arrivo di questi zii perché portavano l’eco di una cadenza ferrarese nel parlare e regalavano il senso del lontano, del quasimare, dove, d’estate si poteva andare.
Lei, così bionda, teneva i capelli con il foulard chiaro non annodato sotto il mento ma stretto dietro a fasciare il collo, come la Loren in un film.
Il vestito bianco col collo sciallato sembrava la cosa più lontana dalla conserva che potessi immaginare, era tutte le cose buone e candide del mondo.
Miamamma si lisciò la sua vestaglia scura di pomodoro, prima di salutare la cognata, col dispiacere di farsi sorprendere così, in quella domenica laboriosa, col vestito brutto che non aveva fatto in tempo a cambiare. E addosso il forte della salsa che si rapprende.
Il vestito bianco liberava, invece, un odore felice. Dopo tanto rosso, dopo tanto acido…
Quando abbracciai la zia fui sicura: cose e odori potevano avere complicità, il colore di un vestito sapeva restituire la sua promessa di profumo, quasi di gusto, senza inganni. Dolce su dolce, bianco su bianco. Segreto o sortilegio di pelle. Invisibile.
Finalmente la pace fra cose e odori e sapori, giocata a un crocevia di latte o di giglio, di cipria o di schiuma.
Stretta di pelle fresca e nuvola chiara nel naso, l’abbraccio.
Dentro c’erano tuberose zuccherate, gardenie candite, fra pareti color di crema.
Conquista di armonie, “leggere e vaganti”.
colfavoredellenebbie ha detto:
Sì, lo so: è un vecchio racconto.
Lo metto qui, perchè ho appena aperto un vaso di conserva.
E allora mi è tornato in mente questo post e la zia a cui l’ho mentalmente dedicato.
Per lei, ora, tutti i pensieri belli e buoni del mondo.
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OraSesta ha detto:
Aggiungi, ti prego, i miei.
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dodo712 ha detto:
Sarà anche un vecchio racconto, ma ha un così buon profumo…
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ArimaneBis ha detto:
Il cavalletto era un sostegno di rete di letto. La tela una tavola d’assi. Guardavo la mano che dipingeva spirali sulle spirali, in quel rosso sempre più cupo. Ogni giorno una spirale diversa, per spalmare, per esporre al sole quella crema insospettata di polpa e sale e calore di sole estivo. Ogni giorno un disegno diverso. E quando, alla fine, si raschiava la tavola, e le spirali si agglomeravano in una palla scura – da decorare con foglie e cocci di pasta, da sciogliere in inverno, piano, nell’acqua – allora noi potevamo finalmente toccare la sinopia, residuo di quell’intrico di curve. L’unghia staccava i frammenti induriti, e, sulla lingua, quel sapore concentrato esplodeva potente, unico, mai più sentito.
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multiversum ha detto:
“dolce su dolce, bianco su bianco..” altre conserve non meno cariche di intensità :)
anche i miei pensieri alla zia e a te mia cara :))
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farsergio ha detto:
I giorni della conserva… felice ricordo di un bimbo che correva eccitato dal gran cerimoniale del pomodoro che cominciava con il lavaggio dei vetri (rigorosamente bottiglie, noi si usava così, le cose facili erano per altri), poi lavaggio, taglio dei pomodori, taglio degli “odori”, cottura, passaggio nella “macchinetta” con la manovella rigorosamente girata a mano, l’imbottigliamento con l’aiuto di un grosso imbuto e di un ben pulito rametto d’albero come calcatoio, infine tappatuta con sughero e legatura del tappo con spago grosso (per evitare che il tappo esplodesse, ogni tanto succedeva, ed era insieme una tragedia e una festa).
Alla fine della preparazione le bottiglie avvolte in tela bianca sobbollivano per ore nel paiolo, e poi erano pronte a sprigionare la loro fragranza nelle fredde giornate invernali.
Questo mi ha fatto ricordare questo tuo vecchio, ma bellissimo post, e soprattutto le voci e i volti di chi si indaffarava attorno al tavolo della cucina, sicuro che anche adesso, dove ora sono, staranno preparando la loro salsa.l
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Gardenia ha detto:
vorrei che la gardenia candita fosse tutta per me… g*
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arden ha detto:
Pur non avendo mai assistito alla famosa preparazione della conserva o delle bottiglie di pomodoro, me ne è giunta l’eco attraverso i racconti di famiglia.
Il profumo però, quello specialissimo profumo, mi raggiunge ora attraverso questo tuo post, che ha un effetto speculare a quello della madeleine proustiana: attraverso il ricordo narrato riemerge il sapore, e tutta la sensazione fisica degli aromi.
Un abbraccio, carissima:-)
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aitan ha detto:
per quanto vecchio, il racconto, è ben conservato, e quando lo riapri sa di pomodoro fresco e di ricordi miei giù casa di nonna a dividere pomodori a spicchi, aggiungere basilico e sale doppio alle bottiglie marroni e infilarci dentro gli spicchi stando attenti agli schizzi, ché avevi sempre qualche taglietto che ti eri fatto giocando sulle mani e l’acido del succo ti provocava piccoli dolori che prendono pure loro il colore forte della memoria (poi sfuma tutto e ogni cosa si fa bianca come un telone dopo il film, o prima)
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Deli ha detto:
e…bello anche il contrasto di colori e odori: come se ognuno avesse bisogno dell’altro :-)
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BibliotecadeBabel ha detto:
È ancora un racconto che avvicina le latitudini, e le fa coincidere. Come somiglia ai trambusti di fine agosto che nei paesi, qui, si allestiscono in barba a tutti gli ipermercati del mondo, nei cortili o sulle terrazze! Ché in riva al Mediterraneo le case han tutte il tetto piano tirato a latte di calce, che con il pomodoro fa un figurone di contrasti: il bianco ancora più accecante, e il rosso quasi bruno e cotto come i ragù della domenica. Leggevo e sentivo nel naso queste parole rosse che portano con sé l’odore. E pensavo che a leggere certi tuoi racconti i pensieri fanno ciò che vogliono; viene loro fame, persino. :)
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elisnelpaese ha detto:
I tuoi racconti sono altro da sé…
Sentimenti si mescolano a colori, suoni, ricordi, nostalgie, ritratti.
Un mondo che rivive attraverso le tue parole, cara Roze.
(o.t.: sto giusto preparando in questi giorni i pomidoro secchi sott’olio, dopo melanzane, zucchini, olive morte etc: tutte cose del mio Salento che ai miei toscanacci
piacciono molto…)
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NicDwaRazy ha detto:
sempre favole da raccontare ….favole da non perdere MAI…..
sono colpevole sono persa …ma ti voglio tanto bene puo’ bastare come lasciapassare?….
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cicabu ha detto:
ricordo bene il rito della conserva..nn è che mi piacesse troppo..c’era trambusto..e l’odore pungente della salsa non mi piaceva…
fai riaffiorare i miei ricordi più lontani che pensavo perduti…
baci..^^
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heteronymos ha detto:
Scusa questo brevissimo OT, Zena: su Ibridamenti, nel post che ho scittto e pubblicato venerdì 2 novembre – “Ascesa dei blogger: EMPATIA ED EMOZIONI” – parlo anche di te e del tuo blog.
Ci terrei se lo leggessi.
Un abbraccio
Mario
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Senza ha detto:
sto lavorando in questi giorni a un mio progettino, il PRF (pomidori rossi fendinebbia), per una nota fabbrica di accessori per pianura. Posso usare i tuoi?
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nuccina1 ha detto:
mi piace la tua scrittura…essenziale ma che cattura.
Un saluto
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irazoqui ha detto:
la tua prosa è, come sempre, ok. buona discepola di meneghello, di marquez, dei raccontatori orali del mondo contadino. sei molto brava e meriteresti di pubblicare su carta, con una casa editrice prestigiosa. hai letto “le strade di polvere di rosetta loy”?. e “di corno e d’oro ” di laura pariani?
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Effe ha detto:
lo sa bene chi è già alla fine di pianura, o prima del suo inizio, sulle valli di bosco e di pomeriggi d’ombra, quanto sia sapienza antica quella di catturare il sole dietro al vetro, il suo cuore rosso, per l’ottobrata che già incombe.
Ancora una volta è un racconto di sapori che restano in bocca, tra lingua e denti: il sapore della sveglia all’alba per tagliare i pomi d’oro, i pomi d’amore, e il sapore del fuoco di legna sotto i calderoni, e l’acidulo che fa tremolare l’aria, e il macinare elettrico e la fine del lavoro, e poi ancora il lento bollore della conserva imbottigliata che vive per una notte ancora, illuminata di brace fino al giorno dopo
(a quintali, a quintali, non con il senso della misura)
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linodigianni ha detto:
si legge del tappare di una bottiglia e si incontrano tutte le persone catturate dalla tua vista, dalle tue mani, dalla tua memoria/talpa.
Se mai, in qualche circostanza da fiaba, ti avessero catturata e interrogata, ti avrebbero rilasciata subito( prima di uscire pazzi)(Bravabrava)
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Ihadadream ha detto:
come ci riesci, a tessere certi arazzi di luci, ombre, colori, odori, presenze…Dio solo lo sa.
Un abbraccio forte
Anna
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birambai ha detto:
Sì, olfatto e tatto e gusto. Ma anche udito a ben sentire. La vista c’è sempre in quello che scrivi.
I sensi che ricordo anche io, insomma. Perché quella lunga giornata della conserva me la conservo bene nella memoria.Ché anche noi maschietti si aiutava, quel giorno. era fatica, ma anche festa.
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multiversum ha detto:
un saluto di ritorno :)
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cybbolo ha detto:
bello il concetto del rituale della conserva ad imprigionare il tempo e l’operazione si nobilita di magici sortilegi protettivi per nuove crociate con abbondante sangue finto che mette buonumore.
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toporififi ha detto:
Io scappavo i giorni di conserva, perchè, memore del rancido del collegio, la pasta col sugo non la potevo proprio sopportare, ma come un moscone ronzavo fra le zie quando si faceva la marmellata di mirtilli che rubavo a piene mani dai secchi aspettando fremente lo scoppio dei: Mario!!!
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madeinfranca ha detto:
Cara Zena,
stampato e letto iersera,
stamane volevo lasciarti
il commento…
tu sai come io ami giocare con le immagini e avrei voluto creare
un tessuto…sì…”pentafìlo”…
ma non sapevo concretizzare
il tatto, il gusto, la vista, l’udito e l’odorato…proprio i 5 fìli-sensi
con i quali Tu intrecci
i tuoi “peciòtt” che,
insieme e sempre,
ci avvolgono di poesia, sorriso, malinconia, riflessione,…
mi sono detta ora mi rivolgo
al signor Ottavio…
sì chell’ lì…il Missoni…
e se poi alla moglie Rosita non
le garba che… “mi butti”
sul suo bel fiòl di marito ?
allora qualcuno dei Benetton?
no…i miei figli m’hanno proibito
di rivolgere loro la parola
perchè producono nei paesi terzomondisti…
ecco ! ho trovato…
quel santo di Monsieur Jacquard !
l’ inventore del “mélange”…
…MelAngelo, appunto.
bisousmescolati !
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giuliadalmare ha detto:
Quella zia era davvero tutto ciò che di bianco e dolce si possa immaginare: non ha mai perso, il suo vestito, né la fragranza né il candore. E’ stato bello rileggere questo racconto. Un bacio, g.
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farolit ha detto:
“fari i buttigghi”
che impresa d’arcaicità
mia nonna nel cortile col bidone calderone e il fuoco da tenere acceso per 24 ore e quella strage di pomodori lessi, passati, imbottigliati premiati con medaglia al valore di basilico….
…. ah! che mi ricordasti! un pezzo mondo che scompare, tipo Biagi.
ah!….
(a zio filosofo piacerebbe questa evocazione che, ricordo, lo colpì di te in un commento il tuo bàttere il tempo a suon di conserve di pomodoro…)
besitos mi linda
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colfavoredellenebbie ha detto:
Rientro ora.
Sono giorni di ricordi al galoppo: arrivano da ogni parte, da angoli addormentati, da altri vivi come la pelle che ricopre una ferita fresca.
§§ In effetti, cara Farolit, da bambini si scandiva il tempo accompagnando le stagioni dentro e fuori gli armadi, dentro e fuori le bottiglie: l’ultima conservava la saba, il mosto cotto, e si apriva con la prima neve. Ora il tempo lo misuriamo con gli attacchi del dolore e con i graffi delle mancanze. C’è un bel libro, di cui non so più il nome dell’autrice: La canzone di Be’. la madre non sapeva contare, ma ricordava l’anno per il contenuto ospitato dai giorni… Quello fu l’anno che…. Ecco, questo è l’anno che vorremmo non aver vissuto.
§§ Giulia del mare, cara ragazza di casamia, un abbraccio dentro a quel vestito, ricordandone un altro, a fiori, e un immancabile giro di perline. E altro, altro ancora. Un bacio. z.
§§ eccola, l’amica che arriva su ali jacquard:). Il tuo melangelo mi ricorda le figurine fatte con la pasta di pane, cara Madeinfranca: croccanti di forno e leggere. Sanno di casa, come i peciòtt, che da noi erano i tappetini fatti con i fili vecchi di lana e pure con le calze, ridotte a budellini lunghi e sfilacciati: scompagnati, pure. Proprio come i miei racconti. Grazie, con affetto.
§§ Caro Topo, ricordo un tuo accenno al rifiuto della pasta rossa. Da poco mi sono riconciliata col pomodoro: la ricongiunzione è diventata ‘salsa’, perchè ho ripreso il rito, vuoi per nostalgia, vuoi per un passaggio di consegne. Sono ben strani i riti di iniziazione all’età adulta…Con affetto, Topo.
§§ sì, Cybbolo: rituali, appunto. E anche un po’ scaramantici. Si usciva dall’estate con la conserva di pomodoro e si entrava nell’autunno per davvero con il primo sugolo, che è una crema di succo d’uva. Bisognava scottarsi, proprio per necessità: il sugolo mangiato caldo cacciava tutti mali.
Anche la malinconia. Un saluto.
§§ Leti, eccoti tornata. E’ tranquillizzante saperti a ‘metà costa’: non dico vicino, ma almeno non troppo lontano :)
§§ Sì, Birambai…Non che fossero proprio utili, i maschietti, ma, via, li si lasciava curiosare in giro :)). Mio marito mi racconta che aveva una sua strategia: faceva arrabbiare subito, così le prendeva e veniva esonerato immediatamente.
(un saluto)
§§ Ihadadream, intanto un abbraccio: ho voglia di scriverti e appena potrò lo farò. Grazie :)
§§ Lino, lo sai bene che le persone a cui vogliamo bene ci abitano e si/ci raccontano. (un saluto grande)
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Deli ha detto:
una carezza leggera, ma leggera proprio :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ Effe, coi pomi d’oro/ pomi d’amore occorre esagerare: vige la regola dell’abbondanza, del fiume rosso, dell’eccesso. E del basilico, tagliato nel nome dello spreco, e che poi comincia ad avvizzire, come il collo delle vecchie. L’ultimo è solo pallida memoria del primo: neanche parente!
Tre casse di pomodori, quest’estate! Per sentirsi stanchi la sera e per dar senso alla conta dei vasetti, anche qui rigorosamente riciclati. Anzi, se qualcuno ne ha in eccesso… :)
§§ Irazoqui, di Rosetta Loy ho appena finito di leggere La porta dell’acqua. Le strade di polvere, no.
Nero è l’albero dei ricordi azzurra è l’aria, sì. E altro ancora.
Mi piace. Tanto.
La Pariani, invece e purtroppo, non sono ancora riuscita a leggerla. Piace molto a una amica cara,
che, proprio del libro che tu citi, mi dice cose bellissime (è quello edito dalla Sellerio, vero?).
Spero di trovare il tempo di leggere come vorrei.
(grazie, neh)
§§ Nuccina, benvenuta, qui. E grazie.
§§ Senza, progetto interessante: purchè i fari siano a schizzo, ovviamente, con preventiva segnalazione sonora. Metto a disposizione la materia prima. :)
§§ caro Mario, ho letto e ti ringrazio per questa attenzione che sono sicura di non meritare. Il microclima di questo blog è dato dagli amici che lo frequentano: trattasi di implementazione ad alta densità umana e di donazione di senso continua. Un saluto grande.
§§ Cicabu: trattasi di odore traforante pure ora: ti ritrovi con lo stomaco a orlo a giorno, però….
:)
§§ eccola, la Nic multimamma: bellisssimo ritorno.
Come state? Un abbraccio formato famiglia.
§§ cara Elis, sentimenti e sensazioni: attraversano la vita e arrivano diritti alla memoria, vero ?
Impossibile, ad esempio, separarti dal sapore del mirto e di certi capperi raccolti amorevolmente.
La Deli è ancorata alla raclette.
remo ai biciolani.
Lino/alp al fritto di sua madre, in un giorno ligure, di mare…
La Leti a certi dolci di crema di un giorno di sorprese.
Gardenia (e Notimetolose può confermare, se passa di qui) ad angeliche meringhe di panna…
A volte mi chiedo con quale sapore ci fermiamo nelle persone… Un abbraccio.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ cara Stefania, io li ricordo certi cannicciati di pomodori ad asciugare, stesi assieme alle parole, al Sud. (mazzolini di origono a fare da contorno…)
Ed altri rosari di polpa rossa: meglio del corallo.
Molto meglio. Un abbraccio.
§§ Deli, cara Deli, ti ho appena letto. Grazie. Carezza arrivata a destinazione…
§§ Aitan, i taglietti alle mani erano come medaglie conquistate sul campo… Anche oggi non posso farne a meno, vuoi perchè mi dimentico di guardare, vuoi perchè i coltelli vivono di carne incantata, ecco :) Un saluto.
§§ Arden, diciamocelo fra noi: un post sulle madeleine sarebbe stato molto più fine e meno ruspante:)). Ma, dopo un racconto su mucche e tori, devo pur tener alti i colori del cortile :)
Un abbraccio, carissima.
§§ cara Gardenia: era un omaggio, anzi una citazione, senza dubbio. :)(a presto)
§§ Far Sergio, oggi si parlava dei tuoi luoghi, sai… del paese piccolo, stretto fra il Po e il canale, dove, per colpa di una certa tribù di ragazzini, gli orti confinanti non han mai visto il bene di una carota ‘adulta’: mangiate tutte prima, lunghe 3 cm, terra compresa :)
§§ cara Leti cara. I pensieri sono arrivati ed anche ripartiti… un abbraccio.
§§ Arimane, mi hai regalato un affresco bellissimo. Oro lo arrotolo con tutto il suo contenuto, per non fare pieghe.
Lo stenderò sulla tavola, il primo giorno di nebbia, perchè torni il sole. Grazie. Di cuore.
§§ Dodo gentile: è il pomodoro che è a lenta cessione, come i ricordi, appunto. Un saluto grande.
§§Ora sesta, amica cara: so e ti sento vicina, come un abbraccio. z.
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colfavoredellenebbie ha detto:
buona notte…
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linodigianni ha detto:
“tutta la voglia di battere il tempo, di aggirarlo, di chiuderlo in un barattolo.”
un abbraccio tenero e commosso, per i tuoi distacchi
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usermax ha detto:
da noi, nella nostra famiglia intendo, si fanno ancora regolarmente (26 casse, quest’anno!)
poi non si sa dove metterle, tutte quelle bocce e bottiglie.
così si comincia a regalarle, a portarle in viaggio, a spedirle ai parenti lontani
(mia madre stamattina si è presentata alla stazione con una valigia piena…).
grazie, un abbraccio doppio a tutteddue (quindi quattro!),
baci, M.
:)
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Gardenia ha detto:
va meglio, nebbiolina?
baciograndegrande
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proteus2000 ha detto:
Miamamma le fa ancora, le conserve di pomodoro, insieme alla zie e le vicine. Fare l’astrattu è sempre una faccenda che coinvolge tutta la tribù, lì da noi.
Sono di due tipi, le conserve: a salsa e l’astrattu. A salsa è sugo di pomodoro in bottiglia, l’astrattu (estratto, concentrato di pomodoro) è una pasta densa come il burro, ottenuta con un procedimento di asciugatura al sole. Il passato (di pomodoro) viene spalmato su delle tavole e lasciato ad asciugare al sole, proprio come si vede nell’immagine postata da Arimanebis.
Più che raccontare, sto cercando di ricordare. Sì, specialmente il sapore dell’astrattu spalmato sul pane, intensissimo.
Grazie ancora per le tue saporosissime e odorose conserve, cara Zena.
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Deli ha detto:
‘notte, ‘notte :-)
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multiversum ha detto:
un pensiero per voi da noi :)
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mianonnaincarriola ha detto:
quanti ricordi quasi in comune
le bottiglie di pomodori messe a bollire in un grosso recipiente di metallo scuro poggiato su un treppiedi con un fuocaraccio di legna e quando nonno comprò il bruciatore a gas perché i vicini si lamentavano del fumo fu l”arrivo della modernità …era anche l’anno che comprammo la televisione
la liscivia profumata con i semi di gerbera e di dalia
i barattoli di vetro con le melanzane che si aprivano a dicembre, spesso il 12 il giorno del mio compleanno
la zia Concetta che veniva solo per raccogliere la sua decima ma restava tutto il tempo a guardare quando gli altri lavoravano
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irazoqui ha detto:
sia mia nonna manin che mia bisnonna cichina facevano la conserva. manin era la madre di mio padre, quindi ligure (di vesima, la sesta terra delle cinque terre ma a ponente, tra voltri e arenzano). ricordo un sacchetto di juta e il pomodoro che colava dal filtro. restava una salsa scura e salata, tostissima. la nonna cichina era la nonna di mia madre. mia madre è nata a molare, cichina -invece- a cassinelle. ma abitava a morbello perchè suo marito minichino era di morbello (frazione bricco). non l’ho mai vista la conserva di cichina, perchè la bisnonna è morta qualche tempo prima che io venissi al mondo. conosco la “conserva della nonna cichina” nella versione, non so quanto rivista nè quanto corretta, dello zio sandro, fratello di mamma.
la salsa l’ ho vista bollire tra il pero e il baraccone dove sotto c’è il trattore a sosta. la vedo bollire lì tutte le estati, verso la seconda metà d’agosto, in quelle pentole d’alluminio con il culo nero di fuliggine.
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stayhard ha detto:
Ciao!
scusa se mi ricavo un piccolo spazio pubblicità. Ma credo che la cosa ti interessi, siccome vedo che bazzichi i cartografi. Voglio dirti che è nato il forum dei cartografi, a questo indirizzo:
http://cartografi.forumer.it
Per ora siamo una decina (tutte donne..o quasi.. Maschietti dove siete?) qualcuno dai Cartografi qualcuno dell’ex forum della scuola Holden di Baricco.
Fine della segnalazione.
Chi vuole venirci a trovare..troverà un bel gruppetto.
Grazie per lo spazio.
Un saluto a tutti.
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nuccina1 ha detto:
aspetto di leggerti. mi piace il tuo modo di porti.
Nuccia
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farsergio ha detto:
un buon fine settimana, a presto
s.
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habanera2 ha detto:
Cara Zena, questo tuo blog emana un calore dolce, da focolare, ed il profumo intenso dei ricordi più cari. La nebbia scompare all’istante, sconfitta dalle tue parole, e non ne resta più traccia. Su Nonblog ripropongo spesso le perle che scopro navigando in rete e poco fa ho inserito il tuo “Le pareti color di crema”, naturalmente a tuo nome e con il link a questo blog. Spero che non ci siano problemi, altrimenti ti prego di avvisarmi con una e-mail.
Un saluto carissimo
H.
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elisnelpaese ha detto:
Questo post conserva ancora profumo e sapore.
Abbracci
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stepa ha detto:
di passaggio, un abbraccio grande
S.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Risalendo, dal punto di interruzione…
§§ Lino/alp, neh che persino la parola ‘distacchi’ fa rumore? Ha dentro il suono di uno schianto…
Grazie a te, con affetto che sai grande.
§§ Max, e io che te ne avevo riservato un po’!!! Ora non solo hai il prodotto finito, ma la mano d’opera specializzata. Qui ti si saluta in due.
§§ Cara Gardenia, on va. E per adesso la scelta dell’avverbio di accompagnamento è ancora un po’ incerta. Buona notte buona :)
§§ Proteus, l’astrattu è già nei miei pensieri: devo averne un po’. telefona in Sicilia, da bravo :)
§§ Deli & Leti, non per pigrizia vi associo nello stesso abbraccio. E ci metto dentro pure la piccola grande assente presente antica bambina.
§§ Raffae’ pure qui ci sono accreditati richiedenti di decime, sai:). Il 12 dicembre è la vigilia di santa Lucia: anche lei viene a pretendere la sua quota di melanzane?
Un saluto.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ Irazoqui, piace che tu faccia ‘rivivere’ col tuo passaggio questo ‘fitto’ di persone e luoghi. Anche qui da noi o si risparmia sulla vocale finale dei nomi o si regala un diminutivo: così ti pare di avere attorno figurine piccole e sottili…
Quelle pentole col fondo nero di fuliggine le conosco: tropa cunfidensa cul foc a ruina al cul (u chiuse, grazie), diceva una vecchia vicina di casa :)))…
§§ Stayhard, grazie per la segnalazione.
§§ Cara Nuccina, qui non si sa mai quando arrivino i racconti o le parole: si presentano senza preavviso e allora non resta che aprire una finestra. Grazie :)
§§ Sì, Far Sergio, a presto :)
§§ Habanera, grazie: è un posto molto bello, il tuo.
§§ Elis, questo post ha il dovere tautologico di conservare qualcosa:)): per nome e contenuto!
(Per adesso conserva anche un po’ di polvere del tempo :) )
Un saluto d’affetto.
§§ Stepa! ma allora ci sei. Ciò è cosa buona. (contenta)
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catomaior ha detto:
Molto O.T. il mio commento: vale sempre la possibilità di un incontro “padano” l’8 dicembre? Qui al Nord tre persone sarebbero d’accordo…(che si mangia lungo il Po in quel periodo?)
fran
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Gardenia ha detto:
g***
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Franz, le nebbie sono una sorta di locanda perenne.Infinite squisite specialità, nella Bassa. Ancor non non nominate.
:)
§§
Cara Grazia: un abbraccio per la tua vicinanza affettuosa.
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