In fondo non era così strano che la natura si lasciasse andare a un gioco di colore.
(negli occhi di una vecchia, un fragore d’azzurro a tradimento)
Così, fra pelli d’oliva un po’ terrosa e capi di passeri arruffati, quella testa bionda di bambino. Riccia. Come le foglie del salice, col nervo d’elastico tirato.
Orgoglio di sua mamma.
E bastava un gioco al sole, provare una fionda contro un nido, svirgolare un sasso a filo d’acqua, a Po: i capelli parevano sbiancare, quasi stoppa, quella avvitata ai tubi, golosa di ogni goccia.
Il bambino non li voleva più, quei capelli che arrivavano giù, fino alle spalle.
Maschio maschio, mica ‘na bambina, bisognava sempre dire sul mercato, quando le donne allungavano carezze con un beeella da schegge sotto l’unghia.
Avrebbe fatto vedere qualche cosa, se non fosse arrivato lo strattone, al braccio, della Nellj, frettolosa.
Il bambino non li voleva proprio più, quei femmini capelli.
Allora vatteli a tagliare, disse la madre asciutta, una mattina.
C’è che, con i soldi in mano, uno si sente re. E il barbiere stava proprio in piazza, a una svolta forse di destino.
E prima, prima c’era la Ghelfa, con la sua bottega e con la sua vetrina, una vetrina con la carta traforata, senza cacche di mosche e moscerini: galletti di zucchero a fischietto, disoccupati di nera liquirizia, confetti appena un po’ appannati e un angelo, appeso per le ali, intento a custodire tanto ben di dio.
I soldi non c’erano già più.
Per guadagnare casa, poi, si camminava piano, un po’ cercando i sassi con la punta per sentirne il male sotto il piede e sfondare la suola compromessa, un po’ sedendo sul muretto a mangiarsi ben la cioccolata, che andava leccata fin sulla cartina, bianca di dentro e fuori di stagnola. Perché la cioccolata questo regalava: l’odore intorno, a benedizione, e morbidezza di lingua e di palato, e il gioco di scrostare con due dita la pelle d’argento dalla carta, fino a trovarsi una lamina croccante di tesoro. Da stendere con gran soddisfazione, cancellando le rughe dal nitore, col piacere dell’appiccichino che restava a lungo sulle mani, a memoria del gusto e del profumo.
Arrivò in casa con unghie lunghe di stagnola, a mo’ di confessione.
Ai capelli pensò la madre, giustiziera: due colpi di forbici arrabbiate, tre scopaccioni in basso, per via dell’equilibrio, i riccioli in pugno da buttare subito, visto che.
La strada dell’esilio offeso passava per la porta.
Il bambino uscì col collo rosso, vuoto all’improvviso e con stupore, come il suo orgoglio ora un po’ scheggiato.
Nessuno lo vide a mezzogiorno. E pure c’era la pasta con il tonno.
A sera la madre andò a chiamarlo nell’orto, a cercarlo nella mezza luce.
Lo trovò che piangeva, tutti i singhiozzi in gola, sui suoi capelli tronchi, sparsi fra bucce di cipolle e fondi di radicchio. In tetto al letamaio: biondo trofeo e berlina casalinga. Eppure, fra piccoli bagliori.
Con tocco di poeta aveva sparso strichetti di stagnola, farfalline d’argento, fra riccio e riccio, briciole di funerale al sapor di cioccolato.
colfavoredellenebbie ha detto:
Avevo nostalgia di questo racconto.
E di quel bambino.
Un saluto a chi passa fra queste parole.
zena
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Guido Mura ha detto:
Saluto ricambiato con piacere, Zena. Sembra proprio di vederlo, quel bambino, che celebra il funerale della sua infanzia, con la carta stagnola. E io ricordo le carte stagnole della mia infanzia, che brillavano di tanti colori da parere un miracolo. Le ho conservate, non so per quanto tempo.
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colfavoredellenebbie ha detto:
grazie, Guido.
Sono così poco sul blog in questo periodo e mi dispiace tanto.
Ricordo ancora il piacere della sfida con me: sarei riuscita a staccare la stagnola dalla cartina senza romperla? Quando ci riuscivo ne ero soddisfattissima e, dopo averla lisciata, la infilavo fra le pagine di un libro, per avere la sorpresa di ritrovarla.
un caro saluto.
zena
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poetella ha detto:
ma tu lo facevi il gioco del tesoro?
Si prendeva la stagnola, una con quei bei colori, rossao turchese, gialla, magari, argento…si prendeva la stagnola e un coccetto di vetro che s’era rimediato tra i sassi, in giardino.
E con quel bottino poggiato a terra, con cura si scavava una buchetta per sotterrarlo. Sotto la stagnola, sopra il vetrino. Tesoro da pirati.
Mica si sotterrava del tutto, però. Si lasciava uno spiraglietto. Un angolino minuscolo che luccicava al sole.
Ma piccolo, sa’? Piccolissimo…
e, chi lo trovava…era ricco!
Lo facevi tu ‘sto gioco?
io sì!
Un bacio, zena cara…per quando passerai di nuovo!
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katherine ha detto:
Ah lo vedo anch’io quel bambino che celebra il funerale ai capelli e all’infanzia!
Con i tuoi racconti ci regali sempre un’emozione. Grazie!
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colfavoredellenebbie ha detto:
cara Kat, grazie a te, di cuore.
Un saluto d’affetto.
zena
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colfavoredellenebbie ha detto:
Il gioco del tesoro…
certo che lo facevo, con i vetri, i sassi con le venature luccichine, e la stagnola (appallottolata, anche), il tutto appoggiato su una foglia ampia e generosa di bergenia, in un buco di talpa, allargato con le mani:)
Un abbraccio.
z.
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poetella ha detto:
e un bacio a te…
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colfavoredellenebbie ha detto:
ciao Poetella: le settimane sono lunghe un giorno, e io mi sto beccando tutte le influenze possibili…
Aspetto che qualcuno mi dica: alzati e cammina :))
baci e bacilli
z
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poetella ha detto:
ma no, no…riposa…meglio!
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lillopercaso ha detto:
Io non lo facevo, giocavo poco con gli altri bambini.
Ma questa di soterare a metà un vetrino sopra a una stagnola che ne duplichi il lucichio è una bela idea: proverò, mica si è tropo vechi per giocare, vero?
Voi, con la stagnola, non ci facevate i calicini, arotolandola su di un dito? che poi stavano in piedi e ci si potevan bere davero poche goce di vino? Me li faceva mio papà, e li facio ancora, così come ancora la liscio a spechio.
(Mi scuso per l’uso barbaro dele dopie, colpa del pc)
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colfavoredellenebbie ha detto:
cara Lillo, come stai?
come vanno le doppie?
Anch’io con la stagnola giocavo molto e non so resistere neanche adesso:)
abbracci
zena
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mitedora ha detto:
L’iniziazione. Il bottino delle meraviglie, un mondo così ricco di suggestioni. Un’era, un riverbero di nostalgie “ E bastava un gioco al sole, provare una fionda contro un nido, svirgolare un sasso a filo d’acqua, a Po: i capelli parevano sbiancare, quasi stoppa, quella avvitata ai tubi, golosa di ogni goccia. “. Le tue narrazioni sono dense. Di grazia, di colpi di luce. D’accurata nostalgia. Ché non faccia male voltarsi indietro. Solo quasi un ringraziare di aver vissuto. Con i personaggi folti d’umanità. Dal mercato, alle viuzze. Quando ognuno sapeva di tutti. Una benedizione, come di tenerezza, di grande famiglia collettiva. Grazie Zena.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Cara Mitedora, credo che tu sappia leggere molti sentieri interiori: sì, io guardo indietro soprattutto per ringraziare la rete di affetti che è lo sfondo integratore della mia vita. E’ il sogno della compresenza:)
Un abbraccio
z
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cristina bove ha detto:
Questa tua scrittura agile, frizzante, unica.
il bambino dai riccioli biondi, il mio secondo figlio li aveva, fittissimi, color platino. Quando furono tagliati, per sua stessa richiesta, mia madre li raccolse e ne fece fare una parrucca per una sua preziosa bambola di porcellana.
Non ho ricordi di cartine, ai miei tempi c’era al massimo qualche bastoncino di liquerizia, che non mi piaceva.
Però sto “vedendo” e conoscendo tempi e luoghi di persone e cose, attraverso le tue incantevoli narrazioni.
ti abbraccio forte
cri
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colfavoredellenebbie ha detto:
Mio padre aveva da piccolo questi ricci: crescendo (e subendo il taglio) i capelli si sono convertiti ad un colore corvino…
Era rimasto l’imprinting della mutazione: un ricciolo ancora conservato testimonia che io avevo i capelli ‘rosso tiziano’, dice con orgoglio la Rosa miamamma… E poi ho perso luce:))). vabbé: ce ne facciamo una ragione.
Un abbraccio, carissima.
z
(che spera di aver lasciato alle spalle la sequenza delle influenze)
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Deli ha detto:
che tenerezza :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
ciao, carissima.
sai che non riesco ad entrare nei contesdechaquejour?
z
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sgnapis ha detto:
Anche io ho nostalgia di Severi e questo racconto me lo riporta bambino come mai l’ho conosciuto, solo immaginato,senza ricci, ma biondo sì col guizzo azzurro negli occhi. Anche lui sparse piccoli gioielli di stagnola a lenire i dolori della vita. Con grande, grande amore.
Grazie amica della cristallina scrittura che riesce perfetta come una magnifica sinfonia.
Ti voglio bene.
Spero che tutto proceda bene.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Cara Sgnapis, sottoscrivo ogni parola d’affetto e ogni speranza.
A presto.
Un abbraccio
z
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lillopercaso ha detto:
Cara Zena, mi piaciono le persone che incontro sul tuo blog, anche i loro comenti mi aprono picoli mondi.
Perciò ti ringrazio dopiamente, e con te, oviamente, anche loro!
(certo che ‘ste dopie… Se non risolvo non scrivo più!)
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melogrande ha detto:
Lascia così, invece, ormai ci siamo abituati…
:-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
detto fra noi, Lillo, di qui passano persone incredibilmente care e sensibili, tutte diversamente meravigliose, ma il risultato non cambia:)
E’ per loro che il blog, quasi motu proprio, continua a fare da tanti anni il suo percorso.
Stai meglio?
Raccontami:)
un saluto affettuoso
z
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lillopercaso ha detto:
Con le doppie ho fatto pace, con la schiena proprio no, ma l’ultimo esame ha escluso patologie gravi. Con l’USL anzi l’ASL va tutto un po’ a rilento.. fortuna che è inverno, e stare in casa non mi pesa tanto. Ho la fortuna di avere voi!
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melogrande ha detto:
Curioso a dirsi, sono stato anch’ io un bambino come il tuo protagonista, avevo capelli biondi e ricci che i miei non si convinsero a tagliare fino a quando feci tre anni. Temevano che dopo il taglio avrebbero cambiato colore, il che effettivamente accadde.
Tre anni erano ancora troppo pochi comunque per subirne l’ impatto sociale, per mia fortuna…
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colfavoredellenebbie ha detto:
Ben venuto nel club dei mutanti, Francesco: io sono una castana di risulta:)
Comunque io e Diana, miacugina sorella, siamo state mandate per tutta l’infanzia a farci tagliare i capelli dal barbiere di mio nonno.
Avevo una frangetta tirata a piombo, a mezza fronte: seducente e veramente molto femminile:))))))
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annamaria49 ha detto:
Dolcissima storia di un’infanzia del tempo passato. Mi pare di vederlo quel bambino dai capelli biondi: la tua delicata penna ne tratteggia emozioni e situazioni.
Bravissima Zena, ti lascio un abbraccio.
annamaria
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colfavoredellenebbie ha detto:
grazie, cara Annamaria, grazie. A volte vi penso bambini, voi amici di blogger: chissà come eravate. Secondo me tu eri dolce anche allora.
Con affetto.
zena
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robertomeister ha detto:
Una carezza al bimbo… tra i capelli.
Roberto
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colfavoredellenebbie ha detto:
Gliela farei volentieri anch’io, Roberto.
Buona notte e buona settimana in arrivo.
zena
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ioviracconto ha detto:
Viaggiare nel tempo, in compagnia dei tuoi racconti, è una poetica meraviglia.
Grazie….
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colfavoredellenebbie ha detto:
Grazie a te, Tony.
Non so mai che porte si aprano in questo viaggio à rébours…
Un caro saluto.
zena
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marilumari ha detto:
I singhiozzi saranno pure rimasti — virilmente — sepolti in gola, ma quei trucioli d’argento marinati in un alchemico “intreccio buffo” di rimasugli e residui vari saranno di certo riusciti a sciogliere ali e sorriso all’angelo guardiano deil tesoro mangereccio. Dove il suo volo abbia portato entrambi, però, temo sia un segreto tra poeti destinato a sottrarsi anche alla mezza luce di quella sera autunnale, ammiccamenti argentei inclusi.
Abbraccio con trucioli di sorriso anche da parte mia.
marilù
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colfavoredellenebbie ha detto:
I trucioli sono diventati capelli neri e lisci:)
Sguardo fiero e severo, per tutta la vita, tranne quando, per gioco, lo spettinavo:))
cara marilumari sono sempre così contenta di trovarti qui…
z
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marilumari ha detto:
E’ una sorpresa per me ritrovarmi sempre sull’orlo dei riccioli dei tuoi racconti; piegano il tempo ogni volta ai tuoi voleri, col futuro che è solo un eccesso di trasparenza, spuma di sovrimpressioni.
Con ammutolita meraviglia,
marimarilù.
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atward51 ha detto:
Come al solito: rapito :-)
Un abbraccio
edoardo
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colfavoredellenebbie ha detto:
Edoardo, sia chiaro: sono pronta (con un po’ di ritardo, in effetti) a pagare il riscatto!!!
ciao, carissimo: a sentirci presto, eh.
z
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atward51 ha detto:
l’hai già pagato con il nuovo post: le parole sono meglio dell’oro
edoardo
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colfavoredellenebbie ha detto:
intanto un grazie, un saluto e un ‘a presto’ a ciascuno
z
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cicabubu ha detto:
Rileggere questo brano è stato un piacere grande..tenero e commovente il bimbobiondo che vuole crescere e disegna ricami con i riccioli e la stagnola profumata al cioccolato ^^
Ciao Col..scusa la latitanza..baci
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Deli ha detto:
Buongiorno cara amica :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
Buona notte, amica mia:)
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robertomeister ha detto:
Una buona serata zena… e un buon tempo.
Roberto
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colfavoredellenebbie ha detto:
rinnovo i miei saluti.
anche qui.
:)
z
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gelsobianco ha detto:
Tu mi incanti con le tue parole.
Quel bimbo fa il funerale alla sua infanzia…
“briciole di funerale al sapor di cioccolato.”
La tua poesia è grande.
Io non ho tempo per i blog in questo periodo.
Passare da te è sempre un grande piacere per me.
Grazie, cara.
gb
Voglio tanto bene a quel bimbo biondo e lo abbraccio.
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colfavoredellenebbie ha detto:
cara GB, sono così assente anch’io e non per scelta…
Si fa come si può …
E’ sempre bello incrociarti.
Grazie!!!
con affetto
z
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verastazioncina ha detto:
bella la dinamica del racconto :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
ma grazie, Vera:)
Un saluto grande
z
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falconieredelbosco ha detto:
Ero un bambino dai capelli ramati in quinta elementare e interpretavo l’oste del Cervo Grigio della poesia di Guido Gozzano per la recita di Natale. Mia mamma mi faceva sempre tagliare i capelli cortissimi da un barbiere che mi scotennava a dovere ed io ne soffrivo perché i compagni mi scherzavano – tusat pelat come la cua del gat- . Il giorno della recita pomeridiana prima di andare a scuola mi sono chiuso in camera e con le forbici, zac zac zac mi sono sfrangiato facendo scale a più altezze e siccome il barbiere non c’era a quell’ora mia madre mi disse di tenermi in testa il cappello tutto il giorno. ma durante lo spettacolo scolastico quando arrivò il mio turno , una delle maestre delle altre classi quando le passai accanto mi strappò il cappello dalla testa lasciandomi la in mezzo alla scena rosso in faccia come un pomodoro. Alle sedici del pomeriggio passai direttamente dal barbiere e fu un Natale come tutti gli altri.
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