(pensieri molto sparsi, appesi a un filo, per aprire un’altra finestra…)

Ho lavorato sul ricamo, in questi giorni.
Sul ricamo e sui suoi luoghi: casa, convento e baule.

Cercando e ri-cercando, ho trovato una cosa carina: in un manuale per le giovani spose, del ‘700, veniva consigliato il ricamo, per abituare alla pazienza, necessaria a “sopportare mariti e figli”.
La parola “pazienza” è intensa, va molto più in là…
Dice S. Agostino che “pazienza e silenzio vogliono insinuare qualcosa, indicare una propensione”.
In effetti è la forza dei desideri a farci tollerare fatiche e dolori.
“Pazienza” è radicata in patior che, equamente, rimanda alla capacità di tollerare, ma anche alla capacità di provare sentimenti intensi . Pazienza e passione hanno la stessa origine, insomma, e io mi son fatta l’idea che è la passione a portare alla pazienza, è la passione a rendere sopportabile la fatica dell’applicazione, che è precisione, meticolosità, misura, attenzione, scrupolosità .
“Pazienza” mi pare propensione ad accogliere il tempo senza inveire, senza recriminare.
È veggenza del risultato, anche quando è lontano.
È veggenza dell’intero, in ogni micro-situazione, punto, passo, nota, parola….

È tenuta, la pazienza, è il senso buono del durare, sottratto alla fretta.