(tragedia in due tempi e una riconciliazione)
atto primo
L’estate dei bambini, quell’anno, fu nel bel mezzo funestata dall’avvento della colonia.
Colonia spartiacque ideologico.
Le amiche spedite a Riccione, in privato odor di parrocchia, con un gruppo di vigilantes signorine del paese, all’ombra del don.
Io a passare il mare con la pubblica colonia del comune.
A Igea Marina.
Perché avevo fatto la tosse cattiva, d’inverno. Quella secca secca, con retrogusto sonoro d’organetto.
Bisognava, dicevano in casa.
Non si poteva fare come quell’anno, a Viserba, tutti insieme. La mia estate subacquea.
(Perlustrazione della fontana della pensione, fontana grigia con pesce rosso, caduta verticale, a testa in giù, per acciuffare il suddetto, salvataggio per acchiappamento di piedino emergente da parte del nonno)
Il nonno ora aveva lo stringimento di cuore, quel dolore forte al petto che chiamava le pastiglie col nome di gioco. Su Ninina, trentatre trinitrine tornavano da trento tutte trentatre trottando, canticchiava con me, dopo, perché anche il male diventasse filastrocca e io non avessi paura di quel disco bianco e piccolino, che, pallido come la terra, metteva sotto la lingua.
Non c’era modo di fare le vacanze di famiglia, ecco.
E se non era felicità perfetta, almeno andare con l’Anna e suasorella, dicevo io, coi preti insomma, a prendermi la benedizione tutte le mattine e a cantare prostrati nella polvere davanti al santo altaaaaaaaaaaaaar.
Questo volevo, ma mio papà macchè, sempre a fare le cose diverse.
Così, mentre miamamma e miazia cucivano i numeri rossi su ogni vestito, su ogni costume e persino sui fazzoletti, a me veniva la malinconia.
E barattavo.
Se sto a casa non scivolo più sul borotalco in bagno.
Se sto a casa non mangio più gli amici del sole.
Rinuncia grossa perchè quel trifoglietto dolce e brusco dallo stelo trasparente era quasi meglio della liquirizia e non costava niente, solo qualche scapaccione.
Le donne a testa china continuavano a puntare 3 , 1, 7 e a me non restava, allora, che giocare la carta del sentimento.
E se cado in una fontana?
E se mi fanno mangiare la minestra di verdura?
E se la sera mi viene il dispiacere?
Partii senza risposte, targata 317, con le donne di casa coccodrille che adesso piangevano giù dal finestrino della corriera. Fa’ bel Ninina, fa’ bel…
Ma la Ninina era inferocita e non sapeva più cosa dire fare pensare pur di castigare le artefici della partenza.
Sedile davanti, impettita, con la scrufna: occhi viperini sotto le sopracciglia a tettoia, non addolcita neppure dal vestito con le alette. Neanche a guardare chi saliva dalle frazioni e dai paesi vicini: che nella colonia rossa del comune quelli di piazza mica ci andavano, allora c’era da ripiegare sulle forze di campagna, sui figli dei braccianti che sudavano fra mietiture e sarchiature. Altroché mare.
Si arrivò col vomito, sotto un sole scottone.
Dopo un viaggio murato. Col magone muto, quello che cementa dentro i pensieri. Potevo dire, potevo fare… E la testa piena delle canzoni urlate dai veterani della colonia: storie di briganti tristi che pensavano alla loro bella, di macchine del capo piene di buchi nelle gomme e di rumori, e di porte che si dovevano aprire per farci passare.
La colonia era una scatola da scarpe, col coperchio rovesciato davanti, pieno di sabbia polvere, con striature di catrame: un muretto a separare l’altra sabbia e un mare color cacchetta.
Caldo grigio dappertutto e odore di minestra di verdura.
Era pomeriggio: ci fecero andare nella sala dei bagni.
Una donna senza sorrisi era lì, vicino ad una pila ripiegata.
– Prima di sistemare le cose negli armadi, mettete il costumino: uguale per tutti, così in spiaggia vi riconosciamo.
La divisa. Un colpo al cuore. Un pagliaccetto a quadretti bianchi e rosa, con pettorina di pudore.
Arrivai ultima. Ultimo pagliaccetto raso terra.
Scarafaggio, grasso e lucido. Sotto la pettorina. A pancia in su. Un po’ nervoso.
Il mio urlo arrivò in cucina, scese in camerata, passò per la direzione e planò sui piedi della sorvegliante.
Per quel giorno l’orrido costumino rimase là.
Nessuno riuscì a convincermi del contrario.
Io, vestita di tutto punto, sotto l’ombrellone, a meditare una sussiegosa vendetta.
brianzolitudine ha detto:
Io ho nella mente una colonia a misano di tre settimane, due delle quali trascorse in infermeria causa intossicazione alimentare o colpo di sole dopo passeggiata di luglio di 4 ore sotto il sole, non ricordo bene.
Comunque le signorine si cagarono addosso per quello che mi era successo, e mi trattarono e accudirono da re. I miei compagni di camerata mi invidiavano, servito e riverito come ero.
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elisnelpaese ha detto:
Mia cara, immensa, splendida Zena!
Di buon’ora il tuo “conto” e racconto mi ha dato la scossa, il buonumore, l’allegria di quando bambina anca mi e la “miasorella” partivamo per la colonia estiva.
Solo che andavamo in…montagna, un paese in collina (400 mt s.l.m)
distante circa 15o Km da casa…con i vestitini numerati, a me toccava sempre il 17…sarà stato un funesto presagio?
E anche a me occorse l’accidenti dello scarafaggio, passeggiava sul mio braccio mentre dormivo, ed io a cercare di scacciare quella fastidiosa zanzara…
Orrendi ricordi, legati anche alla presenza di una sorvegliante che ci sembrava uscita dal vaso di Pandora, tanti erano i cattivi umori (e odori) che emanava.
Ma la cosa più tragica fu quando tornate a casa, vedemmo le nostre chiome rasate a zero…per la presenza di piccoli e pruriginosi animaletti che avevano scambiato il nostro capo per un Hotel a 5 stelle.
Grazie Fata Carta di Zucchero, oggi la mia giornata comincia meglio.
Abbracci.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ Brianzolitudine, provo un’invidia retro-attiva :)
§§ Cara Elis, erano gli scarafaggi i legittimi abitanti delle colonie: noi gli intrusi. Saluto mattutino con sorriso.
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arden ha detto:
Come sempre un bellissimo post. Perfetta la descrizione del disagio nella colonia.
Io in colonia agli Alberoni (Lido di Venezia) dalle suore. C’erano gli scarabei sulla spiaggia che facevano rotolare le loro palline di sterco: li osservavo in assoluto smarrimento e disagio mangiando panini pieni di sabbia. Le suore intanto prendevano il sole entro un recinto chiuso da un fitto traliccio di canne. L’unica cosa bella era un girasole nel retro del giardino: ne mangiai quasi tutti i semi.
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junco ha detto:
L’associazione “Genitori cattolici sotto l’ordine di Sant’Ignazio di Loyola” mandava i suoi bambini in crociera su un Pershing 115, costa su costa, sino a Ibiza, solo i maschi, s’intende, le bambine restavano a casa, a infilare perline naturali in filini di seta pura, per ingranar rosari. Di fronte a un mare limpido, in trasparenza di sassolini ed alghe, i bambini cattolici venivano spalmati d’oli naturali per mano di Maddalene in topless, affinché la bronzatura, mica dicevano abbronzatura, le Maddalene, rendesse omogeneo, non certo uniforme, il colore della pelli cristiane. Massaggi e quant’altro, a quei bambini, cure, che dalla carne risalissero la china fino all’anima, perché presto fossero avvezzi a drizzar le coscienze contro il male, ad arginarne l’impeto. Erano vacanze di delizie attraversate, in terrestri paradisi estenuanti. In tal modo, pienamente soddisfatti e con un senso di vuoto appresso, ai bambini s’insegnava, con metodo apofantico, il distacco, dai piaceri terreni, il distacco.
Poi c’era, alla fine di tutto, la sosta, pedagogica, etica e politica ad un tempo, dal mare cristallino, ora oscurato, presso il recinto delle colonie laiche. Tutti i bambini sul ponte del Pershing, sulla via del ritorno. Ognuno aveva in mano il suo binocolo Zeiss e veniva data la direzione giusta da un prefetto biondo, quando il suo rolex segnava l’ora X, l’ora della riflessione sui casi della vita. “Guardate i bambini comunisti – diceva con un ghigno – e dite una preghierina per loro”
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colfavoredellenebbie ha detto:
:)) Mi sa che abbiamo tutti una colonia nella nostra vita, nei nostri incubi o nei nostri sogni…
§§ Cara Arden, anch’io ricordo panini pieni di sabbia. Sono convinta che il girasole, però, compensasse ampiamente chi, come te, sapeva vederlo. Saluto da un mattino stranamente rinfrescato.
§§ Ah, Junco, ma che bello bello… cosa mi sono persa.
Neanche le perline dei rosari mi son toccate, ma l’iniziazione ai misteri della vita, in colonia, quello sììì: racconterò, racconterò.
ps) ma tu ci andavi agli esercizi spirituali? Io ero gelosissima di chi andava a esercitarsi :))
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lostris18 ha detto:
Io in colonia non ci sono mai stata!!! :(
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lapardaflora ha detto:
sempre rifiutata la colonia, fieramente, però è vero che non avevo la pertosse… così come poi ho rifiutato fieramente i centri estivi preteschi e l’oratorio, con disperazione di mia madre.”così ti fai amici” diceva allora… poi quando nacque mia figlia e fiìu abbastanza grandina: così te la levi da in mezzo i piedi per un po’…
ovviamente tutto questo non ha aiutato i nostri rapporti intergenerazionali.
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lapardaflora ha detto:
a pensarci bene, però, con la mia allergia, sarebbe stata meglio la montagna, così ogni volta che vedo l’immenso “sanatorio” di fronte al lago di misurina, provo un brivido, e ripenso alla montagna incantata di Mann…
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ Sìsì, Pardaflora … e io penso anche a quel bellissimo libro di Bufalino, Diceria dell’untore. Da quel libro in poi, ho sempre seguito questo autore.
§§ Lostris, bisogna farsene una ragione :)
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dodo712 ha detto:
Pensa che, a vederli nella loro porzione di spiaggia recintata, i bambini in colonia li reputavo molto fortunati. Giocavano tra loro ed erano in molti mentre spesso io facevo una fatica terribile a fare amicizia con gli altri bambini vicini di ombrellone.
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farolit ha detto:
Pooovera Ninina… certo che ancor oggi mi rigetti il mare, guarda che “imprinting”, che premesse!
Pensa che quando, d’estate, io e miasorella facevamo le pesti in litigi linterminabili, rumorosi, animati e sanguinari (soprattutto mia sorella che era selvatica e violenta) e niente e nessuno varebbe potuto frenare la nostra selvaggia faida … la miamamma (che da piccola come te aveva subìto la colonia ) esausta “minacciava” seriamente di deportarci in “colonia”; quella parola per noi aveva lo stesso suono di “lagher”. Inutile dire che alla parola “Colonia” (come alla parola “Collegio” d’Inverno) la Faida s’arrestava di colpo.
Son curiosa a questo punto di sentire il seguito… aspetto, trepidante, di leggere la meditata vendetta della piccola grande Zena.
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sambigliong ha detto:
rivedo tutto, i colori e gli odori: Lido di Camaiore, colonia della Montefibre. risento anche gli sberloni che mi davano le signorine. ho adiato il mare, per anni, colpa di quei venti giorni venti ogni anno, antidoto al mio essere malaticcio.
ho reincontrato il mare, anni dopo, a follonica: propria davanti a una vecchia colonia. e sempre ora, dopo la riconciliazione, rivedo, risento, ripenso: a quei tristi giorni in colonia. il peggiore il primo, con pianti e lacrime. il più bello: l’ultimo. si tornava a casa a fare i compiti della vacanze.
la liberazione.
(remo)
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Fiorile ha detto:
essì, abbiamo tutti una colonia nei ricordi, negli incubi e nelle minacce; nei desideri però mi sa che sono tra le poche state-bambine ad averla ospitata. Perché anche io ero seriamente minacciata di colonia da mia madre, soprattutto perché non si riusciva a cacciarmi fuori dall’acqua – almeno finché il mitico Pedro non convinse mia madre a darmi il cestino con il pranzo in entrata ché se digerivo dove mangiavo, assicurava lo speziale, non mi sarebbe successo nulla ..si intendeva lui di bimbi felici …- ; inoltre perché pare che io riempissi di turbolenza l’ora della di lei intangibile siesta. Ricordo nettamente, pertanto, che la minaccia di colonia cadeva su di me come un miraggio, uno squarcio di orizzonti di gloria…soprattutto perché la colonia del posto ospitava bimbi… orfani. E vabbé mi dovrei sentire una carogna, ma chi si ricorda le madri degli anni ’50 forse mi può capire…
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junco ha detto:
Zena,
Ci andavo agli esercizi spirituali? Che domande! I gesuiti mi hanno persino espulso dalla loro scuola per quanto ero bravo negli esercizi e atletico, invidiosi. Porta pazienza… avrei preferito una Santissima Inquisizione, almeno di fronte al rogo avrei avuto la forza di abiurare. E invece no, sempre a fare quegli esercizi spirituali a modo mio. :-)
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lapardaflora ha detto:
la storia di bufalino è singolare. Appena uscì, un amico me ne parlò lungamente in termini entusiastici, ma allora non ebbi più il tempo e la voglia di leggerlo. Insomma lo scordai. Mi capitò fra le mani molto tempo dopo, e lo lessi d’un fiato, con il ricordo sempre vivo di quell’amico e della sua storia personale. Poi venni a sapere che era morto di AIDS da ormai tre anni. Non parlatemi di Bufalino, per favore, perché è una ferita non ancora chiusa del tutto: mi arrabbiai di non essere stata avvisata dagli amici comuni (lavoro e famiglia ci avevavo allontanato) per esserci almeno al funerale. Ora basta, da quasi dieci anni non c’è più,e tante cose di lui che so, e non è il caso di di scrivere qui mi stringono ancora il cuore, perché fu vittima sin da bambino, e morì a poco più di trent’anni.
Per me , la diceria dell’untore è questa.
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cf05103025 ha detto:
Bella storia, Zena, ben raccontata ed ariosa, i termini pagliaccetto e pettorina, mi ricordano cose di maglia spessa di odio di lane ruvide di mani che tirano il giacchino la calza la maglia:
che barba che barba che barba!!!!
Niente colonia, io,
meglio mia nonna e la campagna e correre a perdifiato e le cotolette inpanate ed i ragni lapolvere le erbe anche le vespe, però.
Mario
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Bostonian ha detto:
Eh, sì, in effetti per noi bambini in mutande che al mare ci abitavamo 365 giorni l’anno, la colonia era usata come minaccia damoclea dalle mamme inferocite che ci inseguivano per le spiagge. Mi pare ancora di ricordare una mattina, in cui lacrimante e tremante aspettavo che qualcuno mi venisse a ripescare nel posto in cui mi ero perduto. “I genitori del bambino XY sono pregati di presentarsi al bagnino dello stabilimento Tinozza”, gracchiava l’altoparlante metallico. Arrivò mia madre, scappellotto sonoro, e solenne promessa: “L’anno prossimo te ne vai in colonia, come Michele” (Michele, povero bambinetto dall’aria vagamente tisica e sitibonda che abitava nell’appartamento accanto al nostro…)
PS: Parda, a me risultava che Bufalino fosse morto in un incidente stradale….
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ Dodo, veniva una tristezza, invece, a vedere gli altri bambini con le mamme, che compravano bomboloni meravigliosi per i pargoli e cambiavano costumini bagnati in autarchici marchingegni di teli da bagno…
§§ sìsì, Farolit, povera Niniiina :(
Ma feci così arrabbiare, lontana da casa, che non mi ci mandarono più in colonia. Mai più. Una tantum ;)
§§Remo, che siano uguali dappertutto gli odori delle colonie? Io ricordo quello del caffelatte orzaceo, nel mattino… già nelle tazze, coi mucchietti di pane raffermo nei cestini. Perchè la mia era ‘na colonia un po’ della mutua, mica come quelle a 5 stelle (nei sogni) di Junco…
§§ Davvero Fio?… A saperlo avremmo potuto barattare :))
Ci credo, però, che dovevi essere tremenda e tumultuosa, sempre in acqua come un’anatrina. Lo dice il colore della tua pelle: da spirito libero, mica da placida gallina da cortile, come me. :).
§§ Junco, ho come un velato presentimento circa i tuoi esercizi ;)
Don Ignazio de Loyola è sempre stato un tipo un po’ invidiosetto…
§§ Laparda, davvero viviamo fra continue corrispondenze. A molti libri ho appeso giorni di dolore (si legge per scappare, ma poi torni: certe attese accanto ad una sala operatoria che non si apre mai, ad esempio), ad altri si abbinano cose d’armonia. Lessi Bufalino nell’inverno più terso e soleggiato della mia vita, un inverno freddo e pulito, di galaverna eterna.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ Mario, anch’io la sensazione di prurito sulla pelle… e le calzine di filanca, poi: o mollacchiate, slabbrate e a penzoloni, tipo rughe di elefante, o a laccio emostatico, col segnino scavato attorno alla caviglia…
§§ Bostonian, come li invidio i bambini col mare vicino per 365 giorni all’anno, perchè io, al mare, voglio bene, tanto, ma ho bisogno di circostanze favorevoli ;), che ne so…una casa sulla spiaggia, fra gli oleandri. Ohi, van bene anche i pini marittimi. Un assolato saluto.
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colfavoredellenebbie ha detto:
o.t. Deli, se mi leggi: ti ho appena scritto :)
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lapardaflora ha detto:
bostonian, Bufalino muore in un incidente nel 1996, ma la la diceria dell’untore parla di TBC, e della morte segnata di quasi tutti gli ammalati, medici compresi, raccontando la sua esperienza in sanatorio ngli Anni ’40. E’ la storia di una malattia che si intreccia con una storia d’amore mortifera, come fu quella del mio amico che certo non si beccò l’AIDS andando a farfalle, tanto più che era medico specialistico. Il primo malato con sarcoma di Kàposi me lo vece vedere lui.
Non so quanti anni abbia tu: io per le ricerche per la tesi usufruii dei primi fondi stanziati per lo studio dell’AIDS, del quale allora non si sapeva quasi nulla, tanto che non esisteva per la mia università neppure un casellario che riunisse i casi, tanto che che contibuii in larga misura a crearlo io manualmente, con mesi di lavoro. Una volta alla setimana andavo dal mio referente alle malattie infettive e negli archivi, e raccoglievo storie cliniche di ex drogati, di omosessuali(ma meno allora, prevalevano i drogati e i loro figli). Storie strazianti che mai riuscivano a restare nell’algida storia clinica, malati cachettici, con fegato spappolato (più o meno tutti con epatite )e un senso di impotenza inenarrabile. Bisognava seguire quelle autopsie, che erano chiuse al pubblico per motivi di sicurezza, per capire l’orrore – e la rabbia che ti prendeva di fronte a certi dicorsi da benpensanti: che colpa poteva avere un bimbo di un anno e mezzo che aveva trascorso tutta la vita in ospedale?
A Dio piacendo sono cose che non mi riguardano più, ma i ricordi restano, come quello del piccolo Igor che non vide mai l’esterno della sua stanza d’ospedale. Credo nella pietà, e credo che il giudizio tocchi a qualcuno più in alto di me. Conosco il dolore, lo conosco bene, perchiò non giudico: nella vita c’è anche chi non si rende neanche conto di quanto è fortunato.
f.
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usermax ha detto:
la mia “colonia”, quella che conosco, era quella che la mamma o la nonna mi strofinavano da bambino in viso e sui vestiti la domenica mattina o nei pomeriggi in cui, dopo i giochi, bisognava darsi un contegno.
quell’altra è rimasta, in un angolo della mia immaginazione come l’attuazione di una minaccia, di una possibile punizione, che aleggiò, per un po’, ma che per fortuna non fu mai messa in pratica.
che dire del post?… lo sai che ti voglio bene!
:)) M.
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IdaKrot ha detto:
Come sempre hai il dono di raccontare storie in bianco e nero che si accendono di colori ardenti..
Anche io sono una “vittima”di colonia…mi mandarono i miei per ,afarmi assaggiare la collina pistoiese…a Gavinana e dalla Calabria… dove lasciavo,in lacrime, un mare cristallino…soffrivo di tossetta pure io..e qualche medico che mi aveva in antipatia..consigliò i boschi di quella regione.Partii anche io,col le cifre che vennero cucite sui vestiti e gli indumenti,e alla sera,sembrava una tombola triste… di bambini seduti a cerchio, ad aspettare la consegna.
Che pianti e quanta nostalgia alla sera!Quante storie di paure e di lupi mannari raccontate dai piu’ grandi e segni di unghiate sulle lastre..E l’alzabandiera alla mattina?E i cesti grandi..grandi con le fette di pane senza sale con la marmellata sopra?Io allora,avevo lunghe trecce e per lavarmi ci doveva pensare la maesrtina che… per la rabbia… mi strattonava un poco…gli altri coi capelli corti facevano la doccia.
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cochina63 ha detto:
e pensare che io li ho sempre invidiati i bimbi in colonia…
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cf05103025 ha detto:
Zena cara,
ho appostato una cosa sul nostro blog:
http://societe.splinder.com/
natami in testa dal tuo testo coloniale etc. e tossette e bronchiti e luoghi comuni vari
Mario
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Ihadadream ha detto:
a me la colonia faceva paura.
Vicino al paese di mia nonna ce n’era una (colonia di collina)Dicevano che ci venivano i bambini da Milano. A me sembravano carcerati. Quando passavano vicino a noi avevo paura che qualche adulto malvagio mi rapisse e mi segregasse insieme a loro.
Non farci attendere troppo la continuazione!!!
Anna
P.S. la mia mamma mi chiamava Nini o Nina…:)
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Effe ha detto:
la colonia era il mondo
c’era chi l’affrontava conquistandolo
chi sorrideva arrendevole
chi dettava legge
chi la subiva
chi dichiarava i sommerisi e i salvati
chi si faceva benbvolere
chi aveva colpa di tutto
io osservavo, a margine, e mi raccontavo storie
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madeinfranca ha detto:
quando vengo qui mica apro un blog
…noooo, ogni volta apro un baùle…
stavolta di cifre rosse ,E.R.,sulla biancheria , di “bronchitella del piccino”, di invidia -la mia- per quel “Favorito” di mio fratello che, in colonia, andava nientedimeno nel profondo Nord ,a Salsomaggiore,…e che, quando ritornava quaggiù
(per la qual cosa i miei facevano un viaggetto in macchina lasciandomi dalla nonna…me, “abbandonata,meschina,mal-aimée”, con la tenda rossa di velluto alla Eleonora Duse, come diceva mamma , tanto la facevo tragica …)
cominciava a parlare dei variegati bambini conosciuti …quello di Milano o di Torino esotici al pari di uno del “Belgiù”, con i quali oltre ai giochi, fotografie e cure termali, continuava pure a scambiarsi cartoline e telefonate , l’Impunito…
ma io mi rifacevo eh…mi rifacevo esibendo parole come “papillon”, “glace”,”ville”
-dette così come si scrivono-
lette su un vocabolario di casa, ma che dicevo aver imparato nientedimeno a Noci, al paese della nonna, nel profondo Sud…
ah! l’effetto “colonia” quali bassi istinti ha scatenato !
bisousZezou!
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astrokudra ha detto:
accidenti, difficile lasciarti lì a meditare sussiegosa vendetta senza avere l’impulso di saltare su una macchina del tempo (mascherata da Lord Baygon, of course) e venirti a salvare, piantando un sassolino rosso nell’ingranaggio che ti ha lasciato partire! un abbraccio premuroso e sorridente. K.
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proteus2000 ha detto:
Ah, Zena! Mi hai fatto rivivere l’angoscia e l’incubo della colonia estiva di Enna, certamente peggiore di ogni altra in Italia. Una colona-lager. Ore e ore seduti per terra sotto il sole a giocare con le catenelle, e guai a chi si alzava (ve le ricordate, le catenelle di plastica?). Tutti in fila a marciare nel cortile, in fila alla mensa, in fila per andare nel bosco, dove poi, al “rompete le righe”, dovevamo cercare in fretta un pezzetto di corteccia e scavarlo con un chiodo, sempre stando seduti per terra. Scavare e levigare e sagomare la corteccia su una pietra fino a ottenere una barchetta di legno, che poi veniva ispezionata dalla “signorina”. “più liscia, falla più liscia”, intimava la megera.
Il nostro unico giocattolo era quel chiodo, un chiodo a testa.
I bambini più grandi ci picchiavano, ci facevano i gavettoni di notte come a militare… Un inferno.
Adesso capisci perchè sono così ;))
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ Cara Lapardaflora, mi convinco sempre più che, oltre e sotto quanto noi appoggiamo su questo strano leggio che si chiama blog, ci sono tante esperienze, tante vite. Grazie per averne condiviso un segmento.
§§ Caro Max, megli la colonia soffregata sul viso :)
§§ Cara Ida: hai ragione, la sera era il peggio del peggio, veniva la malinconia e ti sentivi in esilio; il sonno non arrivava mai e neppure l’ultimo giorno
§§ Cochina: se la conosci – la colonia estiva- la eviti :). Ohi, poi ci sarà anche chi si è divertito
§§Mario, ho visto, apprezzato e commentato :) Grazie.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§ Sì, Anna, appena avrò un attimo di tempo… I giorni prima di partire mettono a nudo la mia totale disorganizzazione casalinga: non trovo più nulla, e, se trovo qualcosa, non va bene, ecco.
§§ Signor Effe, io vorrei conoscerle quelle storie: sono convinta che ci sia un mondo parallelo raccontato da lei e nascosto da qualche parte.
§§ Cara madeinfranca, che bel ‘milieu’ familiare hai messo in scena. Chissà, magari il tuo amore per il francese parte da lì :)
§§ Kudra, io lo so che lo faresti, anzi ci conto :) Un abbraccio galattico-siderale, pertanto.
§§ Proteus, ma allora meno male che c’è stata la colonia, perchè tu vai bene esattamente così. E mica cambiare, please.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Buona notte buona.
A tutta la pagina e a chi la legge :)
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mammagiovanna ha detto:
…sai nell’educazione cristianomoraleepopolare ricevuta, per quanto mi possa ribellare, “meditare una sussiegosa vendetta” non è auspicabile, eppure a tutti ho visto orlare ;-/…;-)) sì vendicati, vendichiamoci…altro che porgere l’altra guancia…scarichiamo le tensioni…fa bene, è salutare…l’ho imparato…;-***
Fraterni baci sul nasino Zenadolce
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agomast ha detto:
Ame piacevano i bambini delle colonie. Tutti candidi.
pero’ non ci si poteva giocarte, non andavano avvicinati.
Ho sempre pensato che in realta’ fossero in convalescenza e dovessero essere trattati con riguardo.
Qualche malattia del sangue pensavo. Chissa’ perche’, forse il pallore.
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Fiorile ha detto:
quando sbolliva la rabbia verso mia madre e il suo decalogo e tornavo “lucida” – ché da piccola gli intervalli erano più netti e di conseguenza tutto mi sembrava più chiaro – anche io avevo pena di bambini e di colonia, osservavo il pallore dei visi e le gambe magre; come ho letto qui in un commento, più tardi ripensai a quel pallore leggendo di Davos e della camera di Nietzsche a i Sils-Maria
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pispa ha detto:
ma tra i dodici briganti
uno solo resta muto
ha il bicchiere ancora pieno
perchè ancor non ha…
messo il pagliaccetto? :))
ma che bello questo racconto, però se è vero mi dispiace anche, i bambini affogano rabbie terribili in certi casi, poveri piccini sempre inascoltati.
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astrogigi ha detto:
Ciao Col: se saltando sulla macchina del tempo di Kudra sapessi di trovarti là, giuro che sarei disposto a farmi tutta l’estate in colonia….a costo di combattere epiche sfide con sir Scarrafone e le sue torme di Foschi Carapaci armato solo di paletta per le mosche e flit. per anelare un tuo sorriso ed una onoreficienza ambita: essere da te insignito del titolo di Palettiere Ufficiale Difenzore della Madamigella Zena della Sermidea Corte del Pò !!!
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triana ha detto:
Io invece vedevo i bambini delle colonie nella spiaggia di san remo, coi cappellini bianchi, che facevano il bagno in un loro recinto e prendevano il sole come tanti soldatini: fischietto, pancia in su, fischietto, pancia in sotto, fischietto in acqua, fischietto, fuori dall’acqua. a dir la verità mi si stringeva il cuore…
Ma poi com’è andata a finire?
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clodclod ha detto:
-Il viaggio muto verso la colonia penale;
– il numero del prigioniero;
-il carcere grigio nel caldogrigio e nella sabbiapolvere;
– il mare di cacca ( o volevi dire “il mare e il cocco”?)
– la divisa del carcerato (con pettorina);
– lo scarafaggio…
Ma perfavore, Colfavore…! Questo è Papillon!!!
Abbracci e baci, e aspetto la seconda puntata….
Clodclod.
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agomast ha detto:
Debbo dirlo
alla colonia a cui facevo riferimento oggi, dopo aver letto sto post e che aveva aperto un ricordo che non ricordavo di avere
oggi e’ morta una bambina di tredici anni annegata e sola a due passi dalla riva.
Mi ha sinceramente colpito nella sua potenza.
Scuse per la durezza.
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Opposite ha detto:
Dall’alto della finestra, io bambino che guardo in basso. La distesa di cappelli bianchi in attesa dell’autobus è troppo accativante per non lanciare una manciata di ciliege. Il pianto che si leva dalle divise macchiate di rosso, la ritirata a precipizio prima che le signorine levino lo sguardo a cercare il colpevole, l’abbraccio a mia madre. Un peccato in più da scontare perché non è vero che i bambini sono sempre innocenti.
E’ bellissimo il tuo modo di scrivere.
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lontanoda ha detto:
Lo conosco quello sguardo e il magone silenzioso, come la violenza del sonnellino pomeridiano, per me bambina di campagna, impensabile e intollerabile, ho rifiutato quella minestra di vedura e dopo due giorni, hanno dovuto venire a riprendermi! Io stavo a Gabicce Mare, pochi chilometri di distanza, ma stessi sentimenti! Grazie per questi ricordi, non ci pensavo da tempo, un saluto Claudia
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NicDwaRazy ha detto:
io ricordo con piacere lacolonia estiva …del resto era in montagna edi costumini niente da fare solo calzoncini corti e scarpe da camminata ….macchine del capo e le nostre signorine a squarciagola pero’-…..
;))))
ciao Zena, entro domani mi faccio sentire promesso…qui si boccheggia fes….
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Pattinando ha detto:
Interessante questo articolo sulle colonie marine.
Per me solo vacanze familiari, andavo dove decidevano i miei genitori. Che rabbia non poter seguire i miei amici e amiche che partivano felici (a dire il vero qualcuno, fatto salire a forza sul pulman, piangeva), per le colonie. :-).
Baciotto*
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Flor ha detto:
sorridevo mentre leggevo… una volta sola mi mandarono in una spece di colonia (organizzata però dalla scuola) e fu una vera tragedia… come dici tu da “magone muto che cementa dentro i pensieri”.. gli anni successivi i miei ebbero più cuore :-)
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farsergio ha detto:
OT.
Sono tornato, il mio HD ha avuto un crash irreparabile, piango la perdita di GB su GB di dati (personali) e per il momento sono al lavoro per ricostruire la mia configurazione.
Tornerò presto a visitarti per vedere e commentare quanto hai scritto durante la mia assenza.
A presto, grazie per l’interesse e la simpatia
Farsergio
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junco ha detto:
Atto II, Atto II. Fffffiu (fischi, come nelle vecchie sale cinematografiche parrocchiali, quando s’interrompeva il film). Fffffiu. Atto secondo. Atto secondo.
Tu Mari del Nord, noi Atto II.
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Deli ha detto:
tutto bene Col? Non preoccuparti se ti sembra che non hai messo abbastanza (o troppo) in valigia… vedrai: come nella borsa di Mary Poppins quel che ti servira’ apparira’ al momento giusto :-)
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arden ha detto:
un ricordo: mio papà con me e mia sorella bambine aspettava un qualche autobus nella piazza in cui si fermavano anche i pulmann che portavano bambini in colonia.
Era piena estate, nel dopoguerra, e io e mia sorella avevamo due cappelli di paglia per il sole. Una signora in affanno, forse in ritardo, si avvicinò e chiese a mio papà: “Arrivano dalle colonie queste bambine?”
“No – fu la risposta un po’ sdegnata- sono italianissime!”
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mammagiovanna ha detto:
Fiori per te:
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caprettetibetane ha detto:
Per me niente colonia, al mare c’ero tutto l’anno…
Però si andava in val di Fiemme, al paese della nonna, per funghi e frutti di bosco, tutta l’estate.
Poi a 15 anni sono iniziati i lavori estivi, prima alla spiaggia e poi come marinaio su un bel due alberi, lavoro estivo che è finito ovviamente al diploma, quando sono passato a lavori seri e annuali.
Ma la passione per la vela mi è rimasta.
Paolo
p.s. l’occhio sta bene, ora un po’ di convalescenza.
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cf05103025 ha detto:
Però con ‘sto caldo che ci ho stanotte mi pare d’esser in colonia, tipo baia di Assab, Eritrea.
Beata te, Zena, che te ne vai al fresco!
Inteso come luogo fresco…
Mario
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Fiorile ha detto:
OT: sms di scuse dal mare alto – mi ricordo ancora come si governa la vela, è stato fantastico – per augurarvi buon viaggio e..dai ascolto a deli ;))) baci amica cara :)
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toporififi ha detto:
A me mi mandarono solo un anno, perchè c’era mio fratello grande, a Noli, una villa dei gesuiti con piscina.
Odiavo la pasta col sugo e l’avversione si confermò radicalmente dopo lo scherzo che fecero i grandi facendo rotolare di notte i barattoli vuoti di conserva per le scale e facendoci trovare un accoltellato riverso sugli scalini dell’entrata con un sacco di sugo addosso, fosse stato sangue non mi avrebbe impressionato così.
Sul giornalino della scuola si leggeva che l’anno prossimo saranno cresciuti gli alberi delle calzine che ha seminato mariolino Pandiani.
Ricordo come un incubo le scarpe senza calze degli ultimi cinque giorni.
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