Facciamo finta che io sappia aggiungere una tag.
(In realtà non ho il coraggio di disturbare un’amica e chiedere come si fa)
Facciamo finta che questa tag indicizzi degli “Effetti di lettura” e si ponga come il risultato di uno scorrimento fra un libro e un suo lettore.
Facciamo finta che questo scorrimento approdi in forma di parole.
Il primo libro è Iancura (GBM, Messina 2003). Il suo autore è Paolo Casuscelli.
Per Iancura
Ci sono parole che arrivano senza preavviso.
Non pensate, neppure cercate.
Non era dato conoscerne l’esistenza.
Eppure, messe in circolo, sanno decidersi e decidere. Chiamano con la seduzione benevola della sorpresa, con il richiamo incantatore del lontano.
Si legge.
E non è “riprendersi l’ombra” che pareva essersi appartata. Non è specchiarsi in un doppio.
E’ sentire il sollievo di nodi/distanze appianate, come le pieghe di certi lenzuoli conservati a lungo, cui basta l’aria per perdere un segno di ferro indurito.
E’ sapere di essere a casa, fra tele di grana grossa e pesce, fresco di mare, nel forno.
Nella casa del padre.
“Luogo originario” delle parole di “prima”, orma, non nido, direzione non sosta.
“Luogo originario”, dove non si osano voli a rimarcare un sapere, ma si sceglie l’alfabeto (del dire e del dirsi) più semplice ed universale.
E’ la casa delle carezze di nardo e di olmo, dei gesti che non si spiegano se non coi gesti.
Nella casa del padre non sono ammessi stupori o clamori che sommuovono la quiete di certi conversari lenti: solo nel parlar pigro si trasmettono i modi che fanno bene alla vita.
Nella casa del padre stanno i calchi, gli stampi, la prima volta delle cose.
Si torna alla casa del padre come si torna al mare, come si torna all’isola: per ripassare, in libertà sciolta, la prima volta della vita. Radice o archetipo non importa: è certo che si vive da essa derivando, in essa rientrando.
Per questo Iancura è casa del padre e della prima volta, non rivelata come sa fare un dio, ma esperita.
E’ il luogo dove si torna a cercare la propria nudità, che è infanzia, natura, corpo.
Non locus amoenus, ma locus imus.
Terracqua, quanto una foce e una sorgente.
Si legge.
E si assapora la leggerezza, lieve come sa esserlo il riposo dopo la fatica, quando le membra giacciono al fondo e il respiro riprende la sua regolarità.
Leggerezza del guanto che si rivolta e fa fiorire sulla superficie una peluria morbida e gentile, mentre lascia sull’altro verso, sull’altro lato, le ammaccature e i segni impressi dall’esercizio dell’esserci.
Leggerezza come decantazione, che nasce dallo sgravarsi progressivo dei pesi: percorso di libertà e di liberazione rispetto all’inessenziale.
Leggerezza come sguardo che perde la marca del giudizio e del pregiudizio e si fa delicatezza del cum-prehendere, senza rinunciare alla profondità.
Di questa salita alla superficie godono fudditti e alunni, maiali e cernie, asini ed intime epifanie, alla stessa maniera: con la gioia dell’aquilone.
Per questo Iancura è operazione alla Chagall.
E’ scorrere lieve sul biancore del mare che baratta la sua profondità per trasformarsi in superficie su sui scivolano sospensioni e attese.
E’ togliere confine fra mare e terra, fra dentro e fuori…
E’ salire (ma non con la presunzione della superiorità, bensì con la perdita di scudi, difese e zavorre) e ampliare la prospettiva fino a renderla capace di accogliere, nello stesso sguardo, la bufera e il porto.
Iancura, allora, come conquista della postazione dell’aquila-io che “si libra in alto su se stesso”, felice di vivere come un’isola, dimora di se stesso.
Si legge.
Felici di chi ha imparato a vivere sopra un’isola e “fa di sé, felice, quell’isola che vive”.
Felici di chi sa trovare l’anima delle cose e lo spessore della trasparenza.
E felici, ancora, di chi ha celebrato il suo particolarissimo incontro con la scrittura.
La scrittura può essere tante cose.
Desiderio, aspirazione volta a colmare una privazione o un vuoto di realtà: ponte verso un completamento o una rimagliatura fatta di parole.
Necessità, imperativo ineludibile “ in tutti i mondi possibili”, inevitabile risposta a ciò che “ditta” dentro: urgenza non contrattabile.
In Iancura la scrittura sembra levigare questa opposizione e scioglierla nel piacere della necessità, nel desiderio amorevole verso ciò che è indispensabile alla vita, ciò che la profuma e le dà colore.
Verso la parola, pertanto.
Ciò che passa per la parola, in Iancura, nasce dalla vita e, circolarmente, torna alla vita, portandosi dietro lo “struscio” con la realtà e, come ostaggio, i nomi delle cose: quelli colti e desueti, quelli popolani e terragni, quelli che fanno sorridere, quelli che galleggiano sul dolore senza mai affondare.
E’ parola che si getta agli estremi, che si attarda in registri diversi e di tale varietà si compiace, sicura, perché, in questo imparentarsi con la realtà, si compie nel suo destino.
Si fa parola di lingua materna, cui spetta il compito non di giudicare, bensì di accogliere nel suo grembo il brusio dell’esistenza, non confuso e indifferenziato, ma polifonia di voci e di cose.
Parola femmina, come iancura, latte di mare.
majara ha detto:
scusa, dicevi…?
;-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
ma come si faaaaaa????
:)
(grazie grazie grazie)
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ArimaneBis ha detto:
Sullo Ionio, dunque col sole al mattino che la accende, una spiaggia fra tanti piccoli fiumi dalle acque alterne che portano al mare canne e rami. Un gioco di correnti li porta al largo, li fa macerare nel sale, poi li riporta a riva a calcinare al sole, su una spiaggia riposta, quasi inaccessibile, che si decora di un groviglio sterminato di canne candide.
La chiamano ‘U Iancu, quella spiaggia.
:))
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aquatarkus ha detto:
nella Biblioteca di Babele dove ogni cosa verrà scritta, sempre ritroviamo continuamente, vergati da mani sconosciute, i nostri pensieri e il contrario di essi. A differenza di quelli che ne stanno fuori noi sappiamo che non esiste un fuori o un dentro. Ma, soprattutto, che leggere e scrivere sono le due facce della stessa medaglia. Buona Estate, Zena, so di farti un buon augurio pensandola breve e tempestosa come quella di Vivaldi.
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madeinfranca ha detto:
bisous-savasandire !
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melpunk66 ha detto:
che delizia. mi piace anche “parola femmina”. grazie per il contributo da me. saluti
mel
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colfavoredellenebbie ha detto:
Majara, Arimane, Aquatarkus, Madeinfranca, Mel, vi ringrazio tanto e vi saluto.
Mi assento per alcuni (pochissimi) giorni.
Un saluto onnilaterale a tutti e a ciascuno.
zena
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MIRELLADEPARIS ha detto:
Abbraccio cara Zena :-)
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linodigianni ha detto:
un abbraccio a voi due
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farsergio ha detto:
subito subito un abbraccio e un bacio… a entrambi naturalmente.
e poi, facciamo finta che ho letto il tuo post, prima di leggere le tue fascinose parole preferisco leggere il libro: una salto in libreria, leggo e poi torno.
a presto
s.
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multiversum ha detto:
la prima occhiata giorni fa mi ha suggerito che era meglio di no…la casa del padre da dove ogni altra casa è fuori luogo e poi la lingua materna. Ci tornerai a leggere quando andrà meglio….
Non va meglio ma eccomi…”si legge” :)))
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cicabu ha detto:
Mi hai più che convinta…ciao Col..buona vacanza…^^
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anandamide ha detto:
…ciao Zena, un abbraccio :)*
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melpunk66 ha detto:
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setteparole ha detto:
Addirittura io non so cosa vuol dire tag, a cosa serva esattamente. Vabbè…Dopodomani sono cinque anni che ho aperto un blog e non so se ho fatto passi avanti. So però che ho “letto” ho “scritto”, che certamente tra tutti quelli che ho letto tu occupi un posto di rilievo. Anche per come interpreti le letture. E so di aver trovato un tuo commento già nel settembre del 2003. Ci conosciamo da un po’, sembra.Un saluto,setteparole.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§§
Piace tornare e trovare saluti.
Come dire: il luogo resta aperto e conserva i segni, come certi cassetti che dicono molto più del resto della casa.
Grazie dunque per gli abbracci, a LinoAlp e a Mirella.
Un saluto a Sergio e a Cicabu, che, sono sicura, non saranno delusi da un’eventuale lettura…
Un pensiero d’abbraccio sorellesco a Multiversum, che non aspetta “quando andrà meglio”, perchè la ‘fragilità resistente’ insegna…
E poi proprio un sorriso di contentezza nel vedere ricomparire Anandamide: spero sia il segno di un bellissimo e atteso ritorno:)
E poi ancora uno sguardo attraverso la cornice mirata e mirante di Mel, che sa tra-vedere e raccontare per metonimie. (Un saluto, eh)
Per Setteparole un momento di amarcord (uno dei primi blog, il suo, sogguardati per capire cos’era mai questo strano strumento capitato per caso nella mia vita).
Cinque anni a settembre, per me e mi verrebbe voglia di parlarne)
:)
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colfavoredellenebbie ha detto:
Volevo dire: sono abbastanza tornata, ecco.
(Riguardo, intanto, l’immagine postata da Arimane: quelle canne bianche sembrano le ossa del mare. Bellissime. O le ‘penne’ spuntate (o bifronti) per scrivere sulla lavagna di Babele, vero Aquatarkus?)
buona notte, a tutti.
z
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elisnelpaese ha detto:
Ho comprato e letto Iancura circa due anni fa: bel libro.
Non avrei saputo descrivere e interpretarlo come fa Zena, ma posso dire che il mare lì vive e palpita insieme e affianco al protagonista.
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farouche ha detto:
ot:cara un bacio…spero a fine agosto…!
per rinfrescarci, poi torno…
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farouche ha detto:
habanera2 ha detto:
Ben tornata. Si fa presto a dire mi assento solo per pochissimi giorni… a me questi tuoi giorni di assenza sono sembrati lunghissimi.
Egoismo d’affetto?
H.
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PrimoCasalini ha detto:
Eh, Zena, tocca sempre leggerti due volte (almeno). Non è faticoso, ma è un impegno non piccolo di tipo però piacevole.
Si sente il proprio limite, la delimitazione dei propri spazi, e la scelta è: lodare velocemente scappando alla propria magione magari confortevole oppure inoltrarsi in un hic sunt leones (e molte altre bestie selvatiche e domestiche….).
Mi fa bene, inoltrarmi, perché trovo quella che tu chiami la seduzione della sorpresa e i gesti che si spiegano di per sé, gestendo, come fa la musica, che non necessita di parole-remore.
Una critica. Le dominanze esistono, con le relative pulsioni. In tutti -e tutte. Non vanno negate, ma vedute in azione, ad esempio nella necessità scrittoria. Quando le vedi, puoi servirtene, utilizzarle, perché ti donano forza: parola non sporca, ma sporcata, ma ci vuole forza per indossare la propria debolezza. Se non ci fossero queste pulsioni non ci saremmo neanche noi, quindi usiamole a pro’ nostro e degli altri -anche delle altre, perché no?
grazie Zena e saludos
Solimano
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Deli ha detto:
anch’io tornata :-) un abbraccio :-)
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skipper246 ha detto:
Non ha quasi più importanza leggere il libro, le tue parole sono interpretazione poetica per se stesse, chissà se fai un buon servizio al testo! :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Cara Elis, la iancura del mare ha proprio incantato anche me :)
Ricordo il tuo giudizio positivo sul libro. Un saluto grande.
§§
Cara Farouche che risorgi dalle fonti:), ti aspetto, insieme alla frescura…
§§
habanera cara, l’affetto quando sa moltiplicarsi per rami, radici & blog supera l’egoismo :)
§§
Solimano, tu mi costringi sempre a pensare e a ri-pensare (e poi mettici tante ri-, a piacere…) :))
E lo faccio volentieri, ci mancherebbe…
Spiegami un attimo, però, questa cosa della ‘dominanza’: così posso meglio conversare con te.
Una scrittura credo segua la sua ‘dominante’, come cifra di stile, come territorio (tematico) da attraversare, come colore, da scegliere fra i tanti, delle parole.
E poi c’è forse una dominante che agisce ancora prima della scrittura e che è scelta dello sguardo e del sentire…
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Deli, Skipper, accomunati dal ritorno da viaggi diversi.
Ho voglia di leggervi, ma anche di vedervi.
Un abbraccio bilaterale.
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PrimoCasalini ha detto:
Zena, intendo la pulsione di dominanza della persona, non del modo di scrivere (che ne è comunque una conseguenza). La pulsione di dominanza c’è in ognuno di noi, a prescindere che noi lo vogliamo o no. Va vista, accettata, gestita, utilizzata. Non negata o denigrata. E’ una forza, persino i boy scout dicono che l’aggressività va incanalata, non repressa. La critica non era tanto rivolta a te, ma ad un certo milieu specie letterario (i tecnico-scientifici conoscono l’esistenza di Darwin e di Laborit) fatto di persone che si dichiarano umili, non aggressive e non invidiose. Lo fanno spesso più per ingenuità che per malizia, ma il risultato è che scrivono cose non vere (quindi non belle), tardo-tardo-tardo romantiche o tardissimamente arcadiche (che è meglio, almeno ci sono le pastorelle).
grazie Zena e saludos
Solimano
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
Solimano, grazie: ora capisco meglio il referente (psicologico) in cui leggere il tuo ‘passaggio’.
Ecco, questo vorrei dire: di mio, faccio un po’ fatica a coniugare l’idea della complessità (di una persona) con l’individuazione di una tipologia delle sue pulsioni. A giocare a mio sfavore è forse la diffidenza maturata verso strumenti di analisi fin troppo codificati, che espongono, spesso, al rischio di catalogazioni irrigidite.
Questo non significa, comunque, evitare di misurarsi con il tema della pulsione di dominanza.
Diciamo allora che, nel mio percorso di vita, ho lavorato maggiormente sul tema della ‘cedevolezza’, forse sulla scorta di suggestioni familiari che provengono da molto lontano, in parallelo al tema della ‘resistenza’.
Un’amica cara (Multiversum) parla nel suo blog di ‘fragilità resistente’. Penso si possa dire anche della cedevolezza…
Credo si possa scrivere in verità se si attinge alla propria confidenza con la vita, aldilà della misura e delle scelte adottate per ‘guadarla’.
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cicabu ha detto:
Buona estate Col…
^^
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giuliadalmare ha detto:
Cara cara Zena, io ormai sono diventata una chioccia e vado sempre a finire lì, però come mi piace quella lingua materna che non giudica ma accoglie, e riconosce, la polifonia (rispettando la partitura: i timbri, i volumi, il ritmo, le pause). E’ la mia aspirazione…
Come sai dire bene. Un abbraccio grande, anche dalla chioccia bis che sta qui da me. A presto, g.
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farsergio ha detto:
facciamo finta che solo oggi mi è arrivato il libriccino, purtroppo già un po’ segnato (sarà l’età?), e di un colore che a un vecchio teatrante ha fatto rizzare i capelli (ma lo chiameremo glicine o lavanda, e tutto andrà bene).
lo leggerò con calma e poi fionalmente potrò leggere davvero il tuo post!
per fortuna un vento caritatevole ha portato refrigerio in queste torride giornate.
un abbraccio a entrambi
s (senza m che è in vacanza!)
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
cara Cica, grazie: ma anche questa è un’estate un po’ strana. Un po’ strana, sai… Sperem!
§§
cara cara Giulia :) Mi piace sapervi tutti lì, pure voi in polifonia.
Salutami la chioccia mater, che nel frattempo avrà pettinato in su i cespugli, allineato e lustrato i sassi del cortile, tentato di spostare mobili e, forse, ridipinto la staccionata…se solo la conosco un attimo :))))
Un bacio a tuttitutti.
§§
far Sergio, poi mi racconterai, neh:)
Un abbraccio e un arrivederci, magari anche prima di ottobre…
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cicabu ha detto:
Estate stancante…la patisco..
baci…^^
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Deli ha detto:
:-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
un saluto a chi è ancora in giro.
son giorni così caldi…
mi fermo un attimo.
ciao
zena
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majara ha detto:
Zena, ti abbraccio… forse per sentirmi abbracciata.
un saluto.
t.
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miskin ha detto:
ciao vengo a leggere quando ritornerà la linea a presto
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Pattinando ha detto:
Felici giorni estivi :-), baciotto*
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habanera2 ha detto:
Zena cara, un saluto ed un bacio qui da te e Salutazioni alla R****** sul Nonblog. ;-)
H.
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irazoqui ha detto:
la scrittura, questa desiderosa, malebene-detta, necessità.
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Senza ha detto:
Cara Zena, approfitto del fatto che sei ferma per un attimo, e faccio (facciamo) tanti auguri a Lino per domani… :)).
Ciao a entrambi!
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elisnelpaese ha detto:
Fossero anche due attimi noi restiamo qui, non ci muoviamo :)))
In attesa delle tue parole, ma senza fretta, prenditi tutto il tempo che vuoi. Un abbraccio da presso…
(nb: non è plurale maiestatis, mi arrogo il diritto di parlare a nome di tutta la platea…)
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ubaldoriccobono ha detto:
“Felici di chi ha imparato a vivere sopra un’isola e “fa di sé, felice, quell’isola che vive”.
Certo, felicità di vivere in un’isola (nella propria isola, anche in un frammento). Ma questa felicità di vivere, di viverci, pesa. E’ una scommessa d’incerto risultato per noi “isolani”, ma va vissuta fino in fondo. Anche la scrittura, la comunicazione, è una scommessa. Un caro saluto
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