La bambina aveva l’ossessione.
Se la sentiva nella testa, quella voce.
La chiamava dal sonno la mattina: un sonaglio basso, proprio vicino al collo, che si scuote e sfruscia e sfrega contro la tela grossa del lenzuolo.
Un fiato stanco e biascicato.
Scheischeischeischeischeischeischeischeischeischei
Allora avrebbe fatto come il cane, quando le spighe matte gli vanno nell’orecchio.
(Un rotolarsi nell’erba e nelle stoppie. Un grattarsi disperato con la zampa, quasi volesse scarnarsi lui da solo)
Invece si drizzava, correva ad aprire la finestra, guardava sotto il letto, cercava lì, fra le lenzuola, la cicala. La serpe bianca delle fiabe. Anche la strega.
Niente.
Solo quel fiato che diventava sciame e la faceva scappare giù in cucina, col sudore fermo sulla pelle, a cercare qualcuno in compagnia.
Perché allora la voce si spegneva, ma tornava di colpo, nella casa vuota, anche solo ad aprire la credenza o a scendere in dispensa, per una bottiglia di conserva.
Scheischeischeischeischeischeischeischeischeischei
Veniva voglia di correre più forte della voce.
Invece restava e sentiva la pelle raggrumarsi, coi puntini duri in superficie, come se tutto il corpo volesse sputare la paura.
Era cominciato nei giorni della carta.
La carta diceva della casa persa.
Sgombrare. Niente più da fare. Tutto mandato all’asta.
E suamamma con lo stringicuore, con la voglia più di fare niente, neanche grattare la barba del salnitro, neanche la tovaglia sulla tavola.
Solo voleva spegnere la luce.
Non vedere quella figlia, matta all’improvviso, con gli occhi da spinone tutti rossi, che scappava, le mani sugli orecchi.
Non vedere neppure suo marito, che nel rustico scortecciava i fusti col coltello e faceva il fondo delle ceste. In mezzo a quell’odore verde di palude. L’odore della vita povera di riva, di canna e di piuma bagnata a macerarsi, l’odore della vita che non si è mai asciugata e che se ne sguscia via, umida come l’anima del salice senza più corteccia: carne bianca e vischiosa, così fredda e nuda.
La madre l’aveva detto al prete, del maligno all’orecchio della Lina.
E dei cesti che restavano invenduti, perché non c’era né vendemmia né raccolta. Della maledizione sopra la sua casa. Di quel dovere andare via, sperando nel cuore del cognato. Un rustico lontano dalla strada.
Basta parlar di soldi in casa, aveva detto il prete, i soldi sono maledetti. E non c’era bisogno di croci e di novene. E il diavolo lo si lasciasse stare e pure le fatture di streghe contadine, ché bastava il pettino benedetto, tenuto sempre sopra il cuore e le rose a Santa Rita, sull’altare.
Poi le ceste presero a partire, sul banco del mercato.
Tornò l’olio sul pane, sopra la tovaglia, nella casa prestata dal cognato.
Si spensero le voci e la vita continuò come poteva, fiele e miele. I vecchi sotto terra, i figli grandi a camminare sulla strada.
Ormai sposa, la Lina qualche volta ci pensava, al fiato stanco e biascicato, sparito per la cappa del camino.
Forse credeva di capire quale genio malvagio di pianura accendesse nella testa dei bambini quel sonaglio sonoro e serpeggiante: ci pensava pezzando le braghe del marito, un colpetto sulla mano della figlia, pronta a prendere un po’ troppa pietanza. Ci pensava mentre lasciava che la stufa si spegnesse già prima di sera…
E non stupì quella mattina: la piccola giù di corsa per le scale, sfregando gli orecchi disperata, gli occhi da spinone tutti rossi.
colfavoredellenebbie ha detto:
‘schei’ significa soldi, qui da noi.
buona notte o buon giorno, a piacere :)
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manfredonia ha detto:
il tuo periodare è magico in una realtà dolorosa riesci ad attirare l’attenzione del lettore senza che questi si stacchi neanche un nanosecondo dallo scorrere del discorso oserei dire poetico del racconto…di una scorrevolezza disarmante…una punteggiatura che solo con pirandello sono riuscito ad intravvedere…una pnna la tua ricco di inchiostro inventivo (?)…credo che la realtà ti colpisca amorevolmente…e il tuo animo
” gentile ” chiude il cerchio giottiano
dela scritttura….
tuo james
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arden ha detto:
L’odore della vita povera di riva –
Questo tipo di sensazioni sei la sola capace di farle provare fisicamente a chi legge senza averne mai avuto esperienza diretta.
Cos’altro dire? Lo sto rileggendo ancora, e non mi stanco di scoprire nuovi angolini da cui sbirciare gli scorci bellissimi del romanzo che si intravede, con i suoi interni e le sagome dei personaggi che li popolano. La figura del cognato, per esempio.
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Atward ha detto:
… il tepore delle tue parole aveva chiuso o aperto il giorno, “come vuoi” … dopo che siamo partiti hai licenziato quest’altra perla, e questo giorno sale, ancora ricco delle emozioni di ieri sera.
dado
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annaritav ha detto:
Un sapore d’altri tempi, di vacanze in campagna a contatto di una realtà contadina che la vita di città non aiutava a capire. Che altro dire? Bravissima! Buona domenica, Annarita
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linodigianni ha detto:
Roba che se l’avesse letto Elsa Morante avrebbe provato invidia..bravabrava
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isabel49 ha detto:
Il tuo ritmo narrativo è musica, come una cantilena dolce che avvolge e cattura. Sono entrata in quella casa, ho visto la Lina bambina e poi adulta e ho sentito la pelle raggrumarsi con i puntini duri. Sei troppo brava, sei unica.
Complimenti sinceri.
Annamaria
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elisnelpaese ha detto:
…”l’odore della vita che non si è mai asciugata e che se ne sguscia via, umida come l’anima del salice senza più corteccia”…
Mi sembra di sentirlo ancora quell’odore…e tu sai di cosa parlo :)
Abbracci, tanti.
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amfortas ha detto:
Oddio, anche qui si parla di diavolo…che sia un argomento trendy, zena?
Schei anche qui da noi significa soldi, ma con quell’accezione un po’, come dire, maliziosa, non so se mi spiego, come fossero soldi in nero.
Ciao!
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Deli ha detto:
questo è bellissimo. Brava davvero :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
caro Giacomo-Manfredonia a volte sento che scrivere, anche semplicemente su un blog, trasmette la responsabilità di essere all’altezza di chi legge.
E stupisce, parallelamente, il rilievo del grande dono di senso che, ad ogni passaggio, si accumula sulle parole di partenza.
Tu usi una espressione bellissima, che mi accompagnerà a lungo: “scorrevolezza disarmante”. Disarmante: non so immaginare espressione più bella ed ‘irenica’, capace di togliere sassi spigoli e ostacoli, come i sentimenti più grandi. Ti ringrazio tanto.
§§
Cara Arden, quegli spiragli, veri e propri pertugi per tortore e colombi, si aprono solo se avviene il prestito amorevole della comprensione, che coglie il sottinteso e completa, in generosità, la storia. Grazie dunque, come ogni volta.
§§
caro Atward, ‘giudice’ prestato dalla Storia alle storie, così contenta di questo ‘striscio’ di chiacchiere ‘nottambule’. E’ stato bello salutarti in una cornice festosa. Un saluto a te, alla carissima D. e ai tuoi altrettanto cari amici. A presto: promesso!
§§
cara Annarita, grazie per questo tuo apparire anche qui. La campagna è tante cose, molte delle quali dolorose e affaticanti. Sopravvivere è un po’ un addomesticarla, un portarla ad essere una vicina di casa anche generosa. A volte se ne sta impettita nella sua distanza e non ricambia per nulla. Proprio qualche settimana fa guardavo due medicai contigui: dico, dello stesso padrone. Uno era ordinatamente glorioso, l’altro pareva un mentecatto al confronto, pieno di erbacce, stento, ‘na gran brutta cera… Un rigurgito anarchico, io credo :)) Ciaooooo
§§
Lino, tu mi confondi e poi mi confondi e poi mi confondi:))))
Dai, va’ là: non scherzare con la Morante, che per me è su un altarino, che neanche le mosche osano…:)
Però son contenta che il racconto ti sia piaciuto:’varda, ti abbraccio pure. Ciau.
§§
Cara Isabel-Annamaria, è la parlata ad aiutare, sai. A dar le pause, sul filo dei respiri ( e dei sospiri, qualche volta). Un paio di settimane fa ero a Genova e ascoltavo la parlata bellissima dei genovesi, con quell’arricciolare la parte finale delle parole ( prima distese e poi risucchiate indietro)… Pensavo a come sarebbe bello provare ad imitare quel ritmo, anche nella scrittura. Ti saluto tanto e grazie, come sempre, per il tuo passare e dire.
§§
Cara Elis, e come potrei non capire:) Tu sei brava brava nel restituire certe atmosfere e i sentimenti che ne nascono, intensi.
Un abbraccio, carissima.
§§
Caro Amfortas, l’unico diavolo reale mi sa che sia la povertà: quella è il babau sempre risorgente, in forme nuove. Quelle che temo di più si annidano dentro l’anima. Un saluto grande.
§§
Cara la mia Deli: un abbraccio col desiderio di sentirti prima che si può.
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irazoqui ha detto:
scavi, scavi nella lingua e dici le cose. sei una grande narratrice.
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colfavoredellenebbie ha detto:
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Iraz, tu lo sai, vero, che adesso ci penso su una settimana…
Devo dire che il tuo ‘sguardo’ su queste cose mi mancava molto. Molto.
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HannaSchygulla ha detto:
E’ confortante seguire i tuoi pensieri che dipanano storie. Ogni parola ha un senso e un posto, ogni sillaba è suono e la musica dei tuoi racconti è balsamo per il cuore stanco. Un sorriso e un abbraccio
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Senza ha detto:
commovente ed entusiasmante, come sempre. A presto. Un abbraccio!
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§
cara Hanna, in realtà ho sempre paura che queste storie raccontino fin troppo poco, limate come sono…, ma, e lo dicevo a qualche amico, ho la sensazione di saper/poter fare solo così. Un saluto grande.
§§
Senza! Ovvero il ritorno:)) Bello saperti in giro, qui nei pressi. Salutami tutti.
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ubaldoriccobono ha detto:
“la vita continuò come poteva, fiele e miele. I vecchi sotto terra, i figli grandi a camminare sulla strada”: In ogni frase, è un bel scrivere il tuo.
Un caro saluto
U.
Amici di Pirandello, Sciascia, Empedocle
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albafucens ha detto:
Mi piace il tuo stile, quello che scrivi, come lo scrivi …
Questo racconto è molto bello, ha un ritmo che ti cattura fin dalle prime righe.
Sei Brava con la B maiuscola.
ciao
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Milosz ha detto:
cara Col…
sono sempre stata qui, anche senza commenti. C’è una piccolissima cosa nel mio spazio, una piccola storia vera, come sempre. Buona domenica e a presto.
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passandoperme ha detto:
i tuoi sguardi nel passato catturano. rendono attuali i ricordi, alcuni fanno male, ma dimenticare sarebbe peggio. mi piace molto quello che scrivi, e come lo fai.
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ISO9660 ha detto:
Bellissimo racconto.. spero che i soldi non arrivino a rovinare anche la vita dei bambini… Fanno già troppo malea noi!
Stupenda…
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DanielaRaimondi ha detto:
Ciao Zena,
hai una scrittura ipnotica, che cattura fin dalla prima riga. Mi piace molto il tuo narrare, così curato e asciutto. Sai togliere e lasciare quello che va lasciato: l’essenziale, la poesia senza sbavature, senza alcuna sdolcinatura. Brava davvero. Un piacere leggerti.
Un abbraccio e a presto,
daniela
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giuliadalmare ha detto:
Zena cara cara, torno dopo una lunga latitanza… è dalla fine della scuola che mi riesce difficile passare qualche momento in lettura, ma ora ho recuperato. (la cifra delle mie giornate è proprio quella di recuperare i ritardi accumulati, ammassati gli uni sopra gli altri, e non sempre con successo… e poi non è mica vero che l’estate è per il riposo, almeno, da noi così non funziona!).
Ho letto e riletto, con stupita delizia: tutti i sensi escono trionfanti da ogni tua parola, ma come suonano i tuoi racconti… Non c’è niente di più aderente al suono di “schei” dell’idea del sonaglio, richiamo di doni festosi come di morte, la neve e il deserto. Il fatto è che a uno che legge viene da pensare:- è propriò così, avrei potuto dirlo anch’io. Credo stia (anche) in questo l’altezza di ogni arte: la naturalezza con cui ci mostra qualcosa che è già parte di noi, trovando il modo che noi non avremmo saputo, ma che riconosciamo, riconoscenti (in tutti e due i sensi!). E tornando alla musica, quante esse sibilano in questo racconto?
Ti abbraccio forte, e scusa la lungaggine! A presto, cara Zena, g.
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isabel49 ha detto:
Prendo una pausa. A presto, Annamaria.
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camelia1944 ha detto:
Mi ha preso dall’inizio alla fine il tuo racconto,mi hai portato in quell’umile casa, e ho visto l’altarino con le rose per Santa Rita.
un sorriso.
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colfavoredellenebbie ha detto:
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Ti saluto con piacere, caro Ubaldo. Ti immagino nel chiarore della tua Sicilia: ‘jancura’, dice il titolo di un bel libro di un amico.
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Albafucens, che belle cose mi scrivi: ti ringrazio tanto. E come dico agli amici, mi impegnerò per essere all’altezza delle parole gentili che ricevo:) grazie ancora…
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Milosz, la tua storia è di grande bellezza e umanità: grazie per avermelo comunicato. Tu lo sai con quanto piacere ti leggo. Un saluto grande (e non sparire, per favore).
§§
Grazie, Passandoperme. Grazie davvero. Anch’io passerò a leggerti, perchè è importante aprire continuamente finestre, in questo luogo. A presto.
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caro Iso, hai ragione. Completamente. Ai bambini viene facilmente l’ossessione del non avere o del perdere quello che si ha… Un saluto grande, col piacere di ritrovarti qui.
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colfavoredellenebbie ha detto:
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cara Daniela, se ne parlava con amici: mi piace giocare ‘a togliere’, a ‘spolpare’ e nello stesso tempo cercare la musica. Non so se ci riesco: ci provo…
La nostra parlata possiede sia la sinteticità sia la musicalità. Vien voglia di prenderla in ostaggio:). Un abbraccio.
§§
cara cara la mia Giulia:)
Ti penso completamente ( e gioiosamente) assediata dai bambini (a loro i nostri baci a profusione, da dividere in parti uguali).
In questi giorni ti penso anche con la preoccupazione degli incendi: ne siete lontani, vero?
Fa già così caldo: non vorrei valori aggiuntivi…
A proposito del racconto, sì, ci sono tante esse a sonaglio a serpeggiare, perchè le esse, come le i, lavorano sotto pelle e sotto traccia: non hanno eco né risonanza, scavano e secano. Non a caso, sono ossessive.
Mi sono mancate le tue letture. Tanto.
Grazie cara per questo tuo trovare un po’ di tempo anche per me: un abbraccio formato famiglia:)
§§
Buone vacanze, cara Annamaria:)
§§
Benvenuta, Camelia: è bello ampliare il giro delle letture. Verrò a trovarti, con piacere:)
A tutti e a ciascuno, buona notte.
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ubaldoriccobono ha detto:
Un caro saluto domenicale, Zena.
U.
Amici di Pirandello, Sciascia, Empedocle
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martafiumara ha detto:
“quale genio malvagio”…
Dico una bestemmia? Ci ho pensato più volte, questa settimana. “Sentivo” raccontare questa storia in una delle mille lingue d’Africa.
Quel genio le sa tutte, le lingue.
Buon inizio settimana, cara Zena.
t.
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Grizabella1 ha detto:
Consueta bravura nei tuoi racconti che sono quadri ad olio bellissimi. :)
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colfavoredellenebbie ha detto:
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caro Ubaldo, rilancio con un saluto notturno, in cerca di un po’ di frescura:)
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cara Martafiumara, sì, è lo stesso genio malvagio che avvelena la vita alle radici. Un abbraccio.
§§
Griza bella! allora sei tornata. Domani vengo a leggerti.
Ora buona notte, a tutti.
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