Il fatto è che la Noemi nasceva ogni sera, quando la gente della corte si trovava nella stalla. Erano ore di buio, dopocena, che in letto non mandavano nessuno: la casa era col gelo sventagliato ai vetri e l’osteria lontana. Ah, se era lontana l’osteria, nella nebbia che rugava la gola e si mangiava pure l’insegna di ferro. Una nebbia che neanche i fanali, che neanche le preghiere… Ché poi, se preghiere c’erano, erano quelle delle vecchie, e pure a rovescio: il piacere era tenerseli attorno, gli uomini, la sera. Non fuori. Lì, nella stalla, invece. A guardare le figlie nei filòs, a tenerle in riga. C’era poco da fidarsi con gli sterratori in giro. Cavatori a giornata, al canale, braccia forti e mani svelte, presi a figlio per compassione e messi a dormire nella stalla, dopo, ad usci chiusi…
La Noemi scendeva fiorita nel bustino, con la camicetta delle feste, scura a piegoline, e lo scialle a coprire, ché la Rosina suamamma, se la vedeva prima, la faceva tornare su, a cambiar veste.
La Noemi aveva gli occhi neri e dritti, di certe bellezze spigolose che non si sciolgono in dolcezze di sorrisi, ma si stringono nei vuoti della faccia. Aveva il petto fermo e la vita ben fasciata: di nascosto, s’imbustava anche di notte per mettere la carne in posa – diceva – o per sentire che effetto fa esser stretti al buio, col soffoco, rideva la Nella suasorella, che dormiva con lei nella stanza delle mele campanine a far tappeto brusco, sotto le finestre.
Entrava nella stalla per ultima e come una regina. Sedeva lì, vicino alla Rosina, nella striscia bassa, di mezzo, fra le poste delle vacche, che voltavano la schiena. A tirare dentro al sanguinello, che dentella le dita, e alla robinia, che cede latte amaro, per le ceste dell’uva e delle pere. E a cercare con gli occhi, fra i tanti, il Doru, bello come un dio, di sguardo frugatore.
Si lasciava che le mani andassero, che i bambini si nascondessero sotto le sottane, che le storie facessero il giro delle volte. La Noemi le sapeva tutte, anche le storie di Sonia di Talem; le ripeteva piano, con gli accenti giusti e coi sospiri; il contatore Calanca, sterratore del cavo, guardava lei, se perdeva il filo, ché tanto lo trovava sulla bocca.
Così mi scaldo– diceva lei: ch’ era un bel volere star caldi con sei vacche su uno strame fermentato. Il fieno dava d’acido, nella stalla pregna dei vapori delle bestie. Anche di parole. Quelle rosse, con i baci e il tremore della gola, la Noemi le diceva con gli occhi ben piantati in faccia al Doru. Le sentiva dentro, che picchiavano nel petto: allora tirava i salici del cesto, come fossero i capelli della donna, che l’uomo le aveva preferito. Il Doru la guardava, la guardava.
Quando una sera la aspettò, giù dalla scala, nello sbieco di ombra della porta, la prese per un braccio…“ Se vuoi…” Disse di no, la Noemi, e tornò di sopra, senza volere.
Le sorelle si tagliarono i capelli, di martedì, il giorno di mercato, per vendere le trecce. Coi denari la Noemi prese il vapore. Partì da Genova, senza dir niente a nessuno.
colfavoredellenebbie ha detto:
Son cinque sorelle
son tutte belle
la Dina l’è la più piculina
l’Alda l’è la più granda
la Nela l’è la più bela
la Zena la g’ha la stela in front,
la Noemi al valisin pront.
Son cinque sorelle
son tutte belle.
Cantavano così gli innamorati
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francesco ha detto:
No che non ci dispiace a noi, risentire le tue storie. Risentire, dico, perché è come sentirla, la tua voce, qui, in queste pagine come al telefono; e mentre rileggi risenti: fra occhi e orecchie si intrufolano l’odorato e il gusto. Il tatto, anche: ‘sentire’ è come ‘toccare’ gli oggetti da te menzionati, ad uno ad uno…
Per uno che ha raccolto un volumetto con le tue storie e che ha avuto addirittura l’ardire di scrivere su di te, non può che essere una piacevolissima ri-scoperta!
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colfavoredellenebbie ha detto:
caro Francesco, sai che mi emoziono sempre quando rileggo le pagine che hai scritto per il mio blog sul libro di Ibridamenti.
E mi commuovo perché penso al regalo che mi hai fatto, al tempo, alla cura, alla pazienza, e poi alle competenze e alla sensibilità confluite in quel lavoro che è bellissimo e che ho sempre paura di non meritare.
E penso con grande affetto alle amicizie formato famiglia che abbiamo costruito in tutti questi anni.
grazie, amico caro e un abbraccio da condividere in casa.
z.
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katherine ha detto:
Ah! Che belle queste storie! Mio padre mi raccontava sempre che, da giovane, andava ” a viè” che penso si potrebbe tradurre in “a vegliare” o qualcosa del genere. I giovanotti compivano percorsi, anche piuttosto lunghi, a piedi, per raggiungere le stalle delle case in cui vivevano le ragazze. Nella stalla, dove si stava per stare al caldo, stavano gli anziani, le nonne e le mamme con il loro lavoro a maglia, e le giovani. Si trascorreva la serata chiacchierando e gli anziani raccontavano le loro storie vissute da giovani, mentre i giovanotti cercavano di interessare le fanciulle, sperando nella nascita di un amore. Quante storie e quanti sospiri si intrecciavano in quelle stalle! Sarò molto lieta di leggere quelle della tua famiglia.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Pensa Kat, a parte la Dina mianonna, io non ho frequentato le altre zie: di striscio, ma piccolissima, a tre anni, credo, ho conosciuto la vecchissima zia Alda, che mi leggeva le fiabe saltando le pagine per il gusto di farmi arrabbiare: non è così non è così, dicevo e le raccontavo quello che mancava. E, alla stessa età, la Nella. Attimi brevissimi, insomma, ma queste storie han girato per casa e mi è piaciuto farne un mazzetto, per inaugurare questo luogo nuovo in continuità con il vecchio:)
Grazie. raccontaci anche le tue:)
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melogrande ha detto:
E che devo dire ?
E’ perfetto, questo racconto.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Ma daaaai, Melo, che poi divento rosso pito:))
(grazie: io spero solo che si colga questa figura di donna volitiva e innamorata, che sogna l’amore ma scappa proprio perché non vuole sporcarlo)
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deli ha detto:
:-) :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
cara lei:)
Ti abbraccio Deli, amica mia.
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mitedora ha detto:
Letta e riletta. Per il piacere di entrare nello splendore delle righe. Come un fuocherello che diventa luce piano piano. Così questa Noemi me la sono vista davanti, in tutta la sua forza di femmina, affabulatrice “ fiorita nel bustino “ “gli occhi neri e dritti, di certe bellezze spigolose che non si sciolgono in dolcezze di sorrisi, ma si stringono nei vuoti della faccia”. I tocchi d’ambiente s’aprono a una fotografia d’epoca che non trascura alcun dettaglio dei sensi. Ed appare ogni particolare, come un presepe che si compone un pezzo alla volta e gli occhi, il naso, si beano dei particolari, “A tirare dentro al sanguinello, che dentella le dita, e alla robinia, che cede latte amaro, per le ceste dell’uva e delle pere.”E, dice di no, Noemi. Per sacrificio di capelli. Ché la libertà, la scoperta d’un nuovo mondo, chiede prezzi. Leggerti è ripagarmi dell’insonnia. Grazie infinite.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Un prezzo condiviso e ripartito. Le sorelle si tagliarono i capelli, solidali e decise, per procurare a Noemi il denaro per partire e non dissero niente in casa, mute come il marmo: ci pensò la Noemi a dire le cose,poi, quando arrivò in Costarica, dove trovò libertà e vita nuova, marito e figli…
Non so cosa darei per leggere le lettere fra sorelle.
Cara Mitedora, che bello averti qui, con la tua poesia:)
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annaritaverzola ha detto:
Un gran piacere leggere e rileggere della Noemi fiera, curiosa del mondo, e di queste veglie di campagna. Inutile ripetere come siano interessanti e vivi i tuoi racconti, ma mi fa sempre piacere. Un caro saluto, Annarita
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colfavoredellenebbie ha detto:
Grazie, Annarita.
Sono sempre stupita quando scopro che queste storie possono far piacere:) Io sono convinta di galleggiare controcorrente, ma a me piace ri-leggere i mondi (possibili e reali) che ruotano in tempi diversi.
Se rinascerò, rinascerò gambero.
Forse:)))
Un caro saluto a te.
z.
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farsergio ha detto:
Meraviglia…
Un abbraccio e un augurio di giorni sereni
S & M
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colfavoredellenebbie ha detto:
Anch’io un’abbracciatona, a voi tutti e a Ida e alle altre sorelle: spero che in tempi un poco più morbidi ci si possa trovare qui, nella bassa.
Ciaoooo e giorni belli:)
zena
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Francesca Canobbio - rosadstrada ha detto:
Bellissimo racconto, Zena.
Dolce di atmosfere passate e dettagli agresti, come del profilo di Noemi tua, fanciulla fiorita nella paglia, creatura canterina. E amara in un finale di forbice, che taglia capelli e storia, come se per crescere ancora la donna e la vita dovessero recidere quel qualcosa che narra di loro foltezza e lunghezza vissute, di passato, che si vuol superare al fine di rinnovare le punte e la puntata di una vita.
Che vocabolario. Che intensità
Sei bravissima :-) davvero.
saluto caro, maestra di prose. f.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Ti ringrazio, Francesca: mi pareva un modo per rompere il ghiaccio il ripercorrere orme che mi sono care.
Io non avevo mai scritto ‘per me’, prima del blog: sempre scritture di lavoro e di ‘servizio’, creative, anche, ma non libere.
Quando mi è stato regalato un blog, otto anni fa, è uscito invece questo bisogno di far granaio con i miei pesci di nebbia (dolce).
Grazie ancora e un caro saluto.
zena
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eva carriego ha detto:
ciao Zena, ci troviamo tutti qui. quando capirò come spostare le masserizie, lo farò anch’io
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colfavoredellenebbie ha detto:
Eva! ma questa è una apparizione, forse una visione :)))))
Dai che ti aspettiamo, da brava.
z
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anna setari ha detto:
Misteriosa la Noemi. Tanto più misteriosa nei suoi pensieri quanto più evidente è la sua figura, il suo busto, gli occhi neri – la sua bellezza spigolosa.
Come sempre, si tratta di un romanzo: le sorelle, la madre, i bambini, la camera con il profumo delle mele, la stalla e il suo vapore, le storie, gli sguardi – il Doru…
E infine il porto, il bastimento, lo spazio libero del mare…
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colfavoredellenebbie ha detto:
Sa un po’ di rapsodia, questa storia ‘rusticana’, neh?
:)
Ma davvero il mistero crea miti e fantasie: il viaggio, la fuga che non doveva riparare ma scuotere da finimenti stretti.
Grazie Anna, tu cogli sempre sensi aggiuntivi.
Un abbraccio,
z.
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ancorapoesia ha detto:
storie di nebbia, pur tuttavia translucide.
capelli venduti per comprare una vita migliore…
ha il calore di stalle e di stelle, il tuo raccontare.
ed io incantata, come sempre.
cri
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colfavoredellenebbie ha detto:
sai, Cristina, qui da noi, ai primi del novecento (pensa, mio papà era del ’20), le notti erano lunghissime, d’inverno, e le si trascorreva in modo molto corale: si cercava il calore delle bestie, delle persone e delle parole.
Non ho nostalgia di tempi che non ho conosciuto, ma ho la curiosità/piacere di tentare di capirne le atmosfere, i rapporti, le vicende, per farmi un’idea del ‘chi siamo stati’ per essere così, ora.
Un abbraccio.
z.
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Carriego ha detto:
Zena, ho letto della Noemi. Non so se fa parte di una storia più lunga, ma hai creato un’atmosfera così definita e coinvolgente che queste poche righe bastano a se stesse.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Lina, è un pannello che si compone con le storie delle altre 4 sorelle, storie tutte diverse, donne tutte diverse. Di una di loro io porto il nome:)
Ho deciso di riproporle tutte, ad una ad una.
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00chicca00 ha detto:
il tuo modo di raccontare mischiando la memoria ai pensieri ai ricordi e alle piccole cose della vita mi ha sempre affascinato
ci sono particolari che rendono questo racconto una vera perla
come ad esempio “s’imbustava anche di notte per mettere la carne in posa” è un dettaglio di rara bellezza
sei davvero brava
chicca
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colfavoredellenebbie ha detto:
grazie, Chicca: mi fa proprio tanto tanto piacere.
io m’incanto dei dettagli: l’intero lo perdo subito, per principio:))
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giulia ha detto:
Finalmente riesco a commentare e a leggere le tue meraviglie. Mi mancavi.
Un abbraccio
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colfavoredellenebbie ha detto:
cara Giulia-Emilia anche a me mancavi tanto: ho sempre voglia di scriverti e non trovo mai il tempo. Ti abbraccio, intanto.
Con affetto.
z.
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graziagardenia ha detto:
Mi par di vederla la tua Noemi.
Assomiglia a una contadina polesana (tutto il mondo è paese, ben lo sappiamo). E ai filò nella stalla ho fatto a tempo ad assistere.
Mi spiace,però, che abbia preso il vapore.
Verso quale vita sarà andata?
Abbraccissimo.
g*
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colfavoredellenebbie ha detto:
Cara Grazia, fu una bella bella vita: un marito amorevole, molti figli, conosciuti per lettera e due anche di persona :)
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falconieredelbosco ha detto:
mio padre era dell’11 e la zia Lucia del ‘9 , fornai insieme ad impastare la notte dietro le finestre che guardavano su un grande cortile a U ai cui estremi c’erano due stalle: la più frequentata quella verso est. Ho fatto a tempo a sedermi sulla paglia a guardare rumimare le mucche mentre i vecchio saggio Luigì leggeva la Bibbia. Come uscivi dalla stalla gli occhi venivano catturati da un lumicino sullo sperone ovest del monteorfano. In questi giorni ho spento quel lumicino per raccontare la mia storia al buio dell’amarcord (li chiamano così i miei semplici racconti). Sono un nostalgico, il corpo nel 2011 che sta per finire e la testa indietro negli anni, sempre più indietro a raccogliere e impastare quello che ho vissuto rivestendolo di antico.
Certo se sapessi scrivere come scrivi tu, le mie piccole storie sarebbero ROMANZI.
Continuerà a leggerti è superfluo che lo scriva, come potrei farne a meno ora che ho trovato il sapore delle cose che amo, che ho sempre amato. Ringrazio qui Marosit, è inseguendo le sue splendide immagini che ti ho trovata sul cammino.
Ora leggo la Alda, (ho quasi dimenticato il terribile mal di schiena) se mi immergo ancora un po’ nelle tue storie son sicuro che dopo starò meglio.
A presto
fausto il falconier che da te si firmerà falco perchè il falconier ha i piedi a terra ma il
vola
vola
vola
falco.
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ioviracconto ha detto:
Allora c’erano queste persone, come la Noemi, capaci di negare le passioni, di sfuggire ai loro grovigli, cambiando aria. Molti i sogni e poche le parole inutili. Uno che conoscevo, quando era già vecchio, si chiamava Gino e stava per sposarsi quando suo fratello gli rivelò che era andato a letto con la sua futura moglie. Allora Gino (il Gino, direbbero da te) partì per la guerra in Albania e lì cominciò a sparare in aria, perché a lui gli albanesi non avevano fatto niente. Ma aveva già insuppato il dolore nel vino, il Gino degli Incompiuti….
Lasciami dire che mi PIACE sempre di più il tuo scrivere e qualcuno mi perdoni per l’enfasi…..:-)
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ioviracconto ha detto:
P.S. Ho scritto “insuppato” ma volevo dire “inzuppato”, ovviamente.
Colpa della tastiera del pc e della distrazione….:-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
Sono qui di striscio, perché devo scappare, ma ho visto, ieri, un gran bel racconto a casa tua: devo tornarci con calma, per assaporarlo come si deve.
Buona giornata:)
z
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lillopercaso ha detto:
Che fortuna, una sorella che mi era sfuggita.
Ecco, io la Noemi la capisco proprio; non è un fuggire, è un preservare, un incastonare in una nuova possibile vita. Una vita che non è solo la sua, ma anche delle sorelle che complici hanno aggiunto le loro trecce alle sue, e anche dells Rosina che pensa ai nipoti oltremare, e anche tua, che la racconti. Brava Noemi, intrepida; e brava tu!
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