Qui vicino c’è un paese che t’accoglie con la sbarra del passaggio a livello.
Non è né bello né brutto: è un paese e basta, coi portici diseguali e una chiesa che non dice niente.
Mediatori in piazza, la domenica mattina.
Qui, però, c’è una donna vecchia, con gli occhi scuri di contadina furba: si tira bene i capelli sulle tempie e li ferma dietro le orecchie, mette le perle al collo per le fotografie e la camicia con il fiocco davanti.
Ha lavorato la terra, dove la chiamavano, ha fatto i figli e se li è tenuti attorno perché non s’arrampicassero sugli alberi del padrone, per via dei frutti.
Poi ha salutato il suo uomo, che se ne è andato sotto terra, e una notte ha tirato fuori dall’armadio un lenzuolo, che non avrebbero più consumato insieme.
A due piazze, grande, di dote.
Il letto era vuoto e lei se l’è spianato bene sul cuscino, e l’ha percorso, da un capo all’altro, con la penna a punta grossa, nera, e la scrittura di chi ha fatto poche scuole.
La Clelia ha scritto la sua vita su un lenzuolo di tela forte.
Avanti e indietro, coi numeri a sinistra per non perdere il conto,… i pensieri sì, … il filo sì, qualche volta si è perso, perché è lunga la strada da un bordo all’altro del lenzuolo, c’è un mare bianco in mezzo e le parole s’inchiodano dentro le rime in are, dentro le doppie che non fanno musica. Le parole acchiappano al volo gli accenti…, gli accenti sì che occorrono, per fermare la voce.
E i ricordi, anche i ricordi vanno e vengono…Non c’è orologio a dar la dritta.
La mano non corre ballerina sulla tela, non scivola, fa onde, invece, che salgono e che scendono: rigano malferme malcerte il bianco, a dire quel che c’è dentro la vita e che può stare in un lenzuolo lungo e largo.

Sa di corpo, ‘sto lenzuolo. Solo a muoverlo, solleva tanti nomi, quanti nomi: uno sciame di bruscoli, se una fascina cade.
È voglia di libro, ‘sto lenzuolo, e poesia.

A pensarci vien da chiedersi quanta tela occorrerebbe per scaldarci con la nostra vita.

Dedicato a Clelia Marchi, che, nel suo “Gianca na busìa” (Fondazione Mondadori), sa dire : “Vorrei tornare indietro, rubare un giorno di felicità, per farmi un presentimento”.