Parallele alle avventure di pesca di mio padre si davano, col tempo buono, le scorribande mie e di mio nonno, sull’argine, pigre e cadenzate dal fischiettare fra i denti.
Con mio nonno si era sempre dentro a una faccenda che sembrava una fiaba o giù di lì, e io non sapevo se, le cose, le diceva per davvero o per gioco.
Non sapevo neanche se le parole che usava esistevano o se le tirava fuori dalla giacca, insieme ai foglietti tinti di segni verdi.
E forse proprio quell’ incertezza era la cosa fra noi.
L’argine di aprile aveva increspature leggere di gramigna e le prime roselline di radicchio selvatico. Aveva l’odore della maggiorana, che è di menta fiorita fra mele verdi.
E un’aria così leggera, ma così leggera.
Si andava di pomeriggio e io reggevo la sua cartuccia di pelle, in cui, lucidi e ben puliti, stavano gli strumenti della visita.
Mio nonno faceva il mediatore dì formaggi e ne era il medico, l ‘annusatore, l’ascoltatore, l’assaggiatore, anche.
Al caseificio della palazzina si arrivava prendendo la strada lunga, perché tutto doveva avere il sapore del mistero.
“Ci sarà aperto al caseificio?”-chiedevo, per avviare il gioco.
“Mah. Se la porta sarà chiusa, canteremo la filastrocca della porta che si apre, dell’acqua che bagna, del forno che cuoce, della scopa che spazza….”, e tutte le cose del mondo affioravano, allora, a vestire l’argine di Po e a muoverlo in infinite azioni….
“E se non si apre?”
“Se la porta non si apre, andremo a cercare la topina delle sette chiavi….”
“Ma sta nel fosso e le sette chiavi son attaccate alla coda” – continuavo io – “E se non troviamo la topina??”
“Inventiamo la parola magica per aprire la porta.”
“Per me è “spalanca la bocca “….
E spalancalaboccaspalancalaboccaspalancalabocca diventava, ripetuto mille volte, una biscia di suoni senza capo né coda.
Si arrivava al caseificio a porte spalancate, senza cancello senza chiavistello, e si attraversava la sala dove la caldaia rossa cuoceva. Nell’altra stanza i formaggi giovani venivano messi nello stampo e rifilati.
Si apriva la camera chiusa, col catenaccio rugginoso che sfregava.
Il buio.
Per un momento solo il buio, perché lì i formaggi covavano, nella loro scorza nera, un po’ unta e un po’ cerosa.
Poi la stanza, con la luce della porta, guadagnava in altezza e in profondità: sulle assi le forme di grana si arrampicavano fino al soffitto, tutte uguali, in attesa del responso.
Se prima mio nonno mi sembrava un bel vecchio, con il cappello inclinato, adesso era un giocoliere ballerino, che faceva prillare una forma sulle mani, per saggiare la salute dell’intera partita, e la faceva suonare picchiettandola con le nocche e la trivellava piano, per annusare l’odore della polpa e infine la tassellava, estraendo dalla pancia della forma una carota bianca, un cilindro pallido di formaggio, da provare.
Il primo assaggio era per me, seduta sul primo ripiano, come su un trespolo.
“Se assaggi questo, diventi la principessa del formaggio, ninina”.
Mi piaceva il formaggio magico, che non si scioglieva in bocca di colpo, ma si sgranava in puntini duri.
“E’ magico come il fungo cinese della zia?” – chiedevo, quando, sulla bicicletta si tornava indietro, e il nonno era un po’ più lento ad andare, un po’ più stanco.
“Di più. Questo qui fa apparire le biciclette. Ne mangi un pezzettino, pensi la parola giusta e alla fermata della corriera, la corriera si ferma e viene fuori la bicicletta “.
“Ma io non so qual è la parola giusta “.
“Eh, quella non la posso dire, perché altrimenti l’incantesimo non si fa….”
Allora, alle cinque e mezza, giusto quando cominciava la televisione, scappavo un momento in strada, con le briciole di formaggio in tasca.
Era a cinque passi la fermata della corriera: si poteva rischiare una sgridata, per essere corsa fuori. Pensavo e ripensavo a tutti i nomi che mi passavano per testa, ma mi pareva che ne occorressero di più, di parole.
Un pomeriggio, però, il nonno scese davvero dalla corriera con la bicicletta sotto il braccio.
Rossa.
Molto rossa.
E io non sapevo neanche qual era stata la parola giusta del miracolo, perché, aspettando la corriera, ne avevo pensate un bel po’.
Chi poteva mai ricordarle tutte.
mariateresasav ha detto:
Sono in lacrime e mi chiedo qual e' la parola magica che scatena sempre questa emozione cosi' forte…leggendoti.mi sento abbracciata dal mio passato ..ecco forse e' proprio questo….Grazie !
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barchedicarta ha detto:
un'aria così leggera, ma così leggera. //che si poteva anche volare su quel'arginee io con te ritorno bambina davveroma forse sto regredendo perchè quando vado per argini ora mi sto riprendendo un po' del mio tempo di ragazza e vado per moreper guardare i fossi verdi e scatto foto poi me le porto a casa le scarico sul pc e me le mangio quasi con gli occhi…ho avuto strade di polvere e una bici biancaora ho argini di Po e una bici nera che fa 20 anni il prossimo annoè un regalo di nozze della mia vecchia amica del paese Antonella ed era indispensabile qui per questo fiumeper questi campi che ora sono bellissimicon il grano prontose passi per l'isola da metrovi la fattoria di Lucalui è una persona eccezionaleche fa il formaggio con il latte delle sue mucchee usa tutte cose naturali…tu me lo hai ricordato con il tuo caro nonnoè stato un bellissimo incontrotanto come avere incontrato te Zenaabbraccioe ancora grazie
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Atward ha detto:
L’argine/margine (ogni riferimento è puramente casuale, e tu sai a cosa mi riferisco, Zena!) dove nascono sogni e magie, dove tutto diventa improvvisamente vero, perché qualche parolina magica l’argine insegna sempre.Non ho avuto un argine da bambino, ho argini oggi e strade arginali e profumi e suoni e colori … sogni, silenzi e magie, tutto mio con grandi pedalate nel primo mattino. E oggi, visto il cattivo tempo, pedalo con le tue parole. Grazie.Buona domenica e un abbraccio a te e a Lino.
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arden ha detto:
La parola magica dei racconti, mano nella mano, si ripete qui in questi tuoi, Zena – e non resta che abbracciarti.
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farsergio ha detto:
Grazie per avere portato con il calore dei tuoi ricordi un po' di sole nell'inverno di queste giornate!Sapessi come invidio, io che non li ho mai conosciuti, tutti i bimbi che hanno la fortuna di avere i nonni con loro.Ed è forse per questo che cerco ora di essere un buon nonno…Un abbraccio a voi tuttiS (senza M. che è al sole del suo sud con Ida)
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aitan ha detto:
E' tutto questo racconto che è pervaso di magia e ricordi belli che ti sembra di averli vissuti anche tu, leggendoli. E ogni cosa sembra incantesimo, o fiaba…
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HannaSchygulla ha detto:
Non conosco argini, ma solo rive lambite dal mare. E per me i racconti di acqua dolce hanno un gran fascino.Così come i sapori e i profumi della campagna.Ma pensi che i nonni si assomiglino tutti?
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linodigianni ha detto:
molto, molto bello, Zena.(Secondo me, da piccola, eri uguale uguale ad adesso.Solo, più corta:-)
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annaritav ha detto:
Sono sempre così saporiti e profumati questi tuffi nel passato che ci regali! Non so mai che dire, se non che leggere le tue lievi storie è una gioia per il cuore e per la mente. Grazie, cara Zena! Un bacione…Salutissimi, Annarita
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Luciano47 ha detto:
Semplicemente parole che riaddensano ricordi…Grazie.
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Senza ha detto:
Che nonno!… mi ricorda un po' l'intesa forte con il mio, ma lui era carabiniere burbero e taciturno, finchè non rideva… ma niente magie.e che nipotina!
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elisnelpaese ha detto:
Che delizia questa fiaba!Il nonno, i granelli di formaggi, la parola magica, la bicicletta rossa…e Ninina ha imparato ad assaporare le parole e a comporre fiabe dorate e croccanti come forme di formaggio pregiato!:))
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sgnapisvirgola ha detto:
Che meraviglia di sapori e ricordi e sentieri tracciati per la vita. La Ninina non dimentica mai niente e porta tutto nel cuore.Anche la bici rossa. Soprattutto la bici rossa e le parole del formaggio che fanno miracoli.Ti/vi abbraccio forte.A prestoS.
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Gardenia ha detto:
un bacio al volo (momentaneamente a casa per controlli ben riusciti)Smack, nebbiolina.g*
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sistercesy ha detto:
che invidia,mai avuto un nonno che mi raccontase fiabe e men che meno una bicicletta.si, rossa l'avrei voluta….un abbraccio grande,come sempre mi incanti
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colfavoredellenebbie ha detto:
Sono tanto in ritardo con i saluti.Perdonatemi: mi riprendo un po' di tempo blog, dopo una settimana irreale.Non bella.Ho appoggiato qui uno dei primi racconti che ho scritto in questo spazio, per un disegno che avevo in testa e mi è piaciuto ripercorrere.Mi piace ripensare l'infanzia.La cosa parte da molto lontano: da un libro di Vittorini che ho amato tanto, anche se ne preferisco altri, di questo autore.Il libro è Uomini e no.E' la storia di un partigiano che, pur nella lotta armata, conserva un amore delicato e impossibile. Ama una donna che non può avere e ne trattiene un abito, nel suo armadio, un abito che ne è il 'guscio', ma anche il deserto.Coltiva una nostalgia, questo personaggio: avrebbe voluto conoscere Berta da bambina, vivere con lei giornate, insieme, nell'infanzia, perchè conoscere nell'infanzia significa conoscere l'essenziale e per sempre.Mi è rimasta dentro questa cosa.Parlare della mia infanzia rientra dunque nel desiderio di condividere qualche piccola, sghemba scheggia di conoscenza.Un saluto grande a tutti. Intanto. E grazie, come sempre.A dopo.z.
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sistercesy ha detto:
ho letto quel libro,è ancora nei miei ricordi…buona domenica
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colfavoredellenebbie ha detto:
Allora, per riprendere il filo del discorso,§§vorrei salutare Mariateresa, che lascia qui un'immagine molto bella: credo che sentirsi abbracciare dal proprio passato deponga a favore di una grande, sensibile serenità. Ti ringrazio tanto :)§§vorrei dire a Cri-barche di carte che i giretti sull'argine sono i nostri preferiti. Si diceva ad un amico quanto prezioso è questo m/argine che consente di costeggiare (ed anche corteggiare) la vita…Un caro saluto.§§e pure vorrei confermare quello che dici, Edoardo: l'argine della tua poesia non è mai barriera, è nastro di scorrimento dei pensieri. E meno male che c'è, così sentito e così presente e vivo. Ciao, eh:)§§Ad Arden vorrei che arrivasse il mio abbraccio: il tuo me lo tengo ben stretto, amica cara.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§Caro Sergio (solo temporaneamente senza M…), secondo me sei il prototipo di tutti i nonni che i bambini potrebbero desiderare:) E guarda che è un complimento bellissimo. Saluti d'affetto: ci si sente presto, eh…§§Aitan, è il mondo dei bambini ad essere pieno di stupori: io rivedo i miei nella sorpresa con cui la bambina di mio fratello guarda le cose. Scriverei solo di lei, in questo periodo…Un caro saluto.§§Sì, Hanna, un certo tipo di nonno credo sia il contenitore/stampo trasversale di molta infanzia: quello che sta al gioco, eppure orienta alla realtà. Ciao, eh…:)§§Ehm, Lino carissimo: sicuramente più corta, ma anche più stretta:((Ciaoooooo§§cara Annarita, ma grazie:) Mi hai detto una cosa molto bella: mi fa piacere che questi trucioli di racconto siano lievi. Un saluto grande.§§Sì, gentile Luciano: proprio così. Ricordi che si addensano o si arrotolano attorno ad un bastoncino sottile. Grazie per i tuoi passaggi. Un saluto.
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colfavoredellenebbie ha detto:
§§caro Senza, sicuramente in viag-giud, sono abbinamenti stellari certe accoppiate nonno/a/nipote. Guardo mia mamma alle prese con la piccola I. e mi rendo conto che si appartengono completamente: sono due attrici impareggiabili, ad esempio. Ciaoooo.§§Cara ELis, non ho ancora capito bene se sono più attirata dai granini di parole o dalle parole in forma …. ma è una bella gara:))) Ti abbraccio.§§Sgnapis, non, per ora ora non si dimentica nulla… Per questo ci sono giorni troppo fitti, troppo alimentati… Aspettiamo che si sgonfino, piano piano. Un abbraccio, carissima.§§E' un sollievo, cara Gardenia: cerca di goderti la tua estate. :)§§CAra Cesy, non condividiamo un nonno e neppure una bicicletta, ma le emozioni di un bel libro, questo sì: e non è piccola cosa, vero? Un saluto d'affetto.A tutti e a ciascuno, buona notte buona.z
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Deli ha detto:
oggi anche il mio nipotino ha ricevuto la sua prima biciclettina… rossa :-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
ciao, cara Deli.
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