Il giorno non è questo, ma è un altro ancora, di poco tempo fa.
Le date non scappano, però: sono talpe che scavano cunicoli nel fondo e lasciano la terra smossa di piccoli rimorsi, di ricordi puntuti come spilli.
Solo non potevo, il 29; non potevo tener fede a una mia promessa silenziosa.
La racconto adesso, una storia di casa mia. Che poi non è una storia. E’ un modo di esser figli. E a casa si resta sempre figli, e pure nel paese, dove, per dare senso a un nome, occorre risalire alla paternità.
E io sono ancora figlia.
Qui.
La prima riunione ebbe un chè di carbonaro o di massone.
Si doveva andare nella casa del biolco che stava nella corte del padrone.
Si camminava al buio, zitti zitti, con fare circospetto e sovversivo. Mica si poteva dar nell’occhio, ché poi sarebbe stato il biolco a trovarsi qualche grana. Per via dei rossi in casa.
Anche la ghiaia pareva aver capito e se ne stava quieta nell’argilla.
La porta si aprì sulla cucina, la tenda coi fili tenuta con la mano, le sedie già prese, le donne sedute attorno al tavolo di formica. Gli uomini in piedi.
La ragazza entrò col cuore in gola, suo padre dietro e Nedo a chiudere la fila di quelli che venivano da piazza per dir le cose lì, nella cellula lontana, una spiga di case e di stradelli, campagna e poi campagna.
In macchina suo padre aveva detto: qui non c’è da far la machiavelli, vai semplice, chiara e senza storie. Non basta avere ragione, bisogna farsela dare.
La ragazza aveva detto sì, con le idee di colpo in confusione.
Il discorso, che aveva preparato, friggeva nella tasca: meglio lasciarlo sul sedile della bianchina scassata del piccì.
Spiegare la cosa alle magliaie, della serrata che bisognava fare, fermare le macchine tutta settimana per fare uscire la rabbia allo scoperto: almeno conoscersi fra donne, trovarsi tutte insieme…
Le disse queste cose, tutte col cuore e con la vergogna della prima volta, quella che sale dal collo e poi parcheggia, stabile, sul viso.
E anche si lasciò un poco andare, ché le lavoranti a domicilio son le mondine nuove, disse, le più sfruttate. Loro, via, con le gambe a marcire dentro l’acqua, e voi in casa, sempre in casa, a parlare col muro e a fare due lavori, uno pagato niente, l’altro pagato uguale.
Quando vide le donne assentire con la testa, guardò il padre.
Il padre non diceva niente.
Le donne diedero i nomi, per esserci alla prossima riunione: volevano capire, sapere come fare, sentire le altre.
E il padre non diceva niente.
Gli uomini le andarono vicino: ah ma parli come tuopapà, si sente che sei brava a scuola.
Ma il Gi era già uscito e bisognava andare.
Il padre, che non cantava mai, in macchina si mise a fischiettare son la mondina son la sfruttata, sono la proletaria che giammai tradìììì…
Brava, le disse con una pacchetta leggera sul coppino.
Lei ci lesse tutte le parole che servivano ad essere felici.
t. ha detto:
Grande Gi.
Non meno la figlia.
“Non basta aver ragione”… la migliore scuola di vita.
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colfavoredellenebbie ha detto:
cara T., questa figlia avrebbe ancora molto bisogno di una pacchetta sul coppino… Sempre di più, direi.
Ti abbraccio,
zena
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poetella ha detto:
c’ho un fazzoletto di carta in mano.
M sto asciugando le lacrime.
Ci credi, vero?
Un bacio, due, tre, quattro, mille e mille, zena…
Mille e mille…
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colfavoredellenebbie ha detto:
Sì che ci credo, cara Poetella, perché tu hai il cuore tenero e affettuoso.
grazie grazie:)
zena
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poetella ha detto:
non più del tuo….
:-)
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colfavoredellenebbie ha detto:
:)
domani verrò a leggerti:)
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poetella ha detto:
:-) :-) :-) :-) :-) :-) :-) :-) :-) :-) :-) :-)
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guido mura ha detto:
Non solo storie, ma pezzi di vita vera, e a me le storie vere piacciono. Solo che in quella realtà si capiva come agire e da che parte stare. Adesso invece sembra di vivere in una commedia dell’assurdo.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Sì, Guido, l’angoscia sta proprio in questo teatrino dell’assurdo che indebolisce punti di riferimento e democrazia. Alle certezze posso rinunciare (ho rinunciato), ma agli strumenti per capire no: e questi invece si assottigliano sempre più… Intanto la democrazia si ammala in un gioco di alleanze di potere e di poteri, nella farsa dei favori e della corruzione.
(ti ringrazio)
zena
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cristina bove ha detto:
Condividere quelle motivazioni e il tempo e la voglia di battersi comunque. Ecco, il padre che tacito ammira la figlia, la figlia che ne ha assorbito e ora li trasmette quei valori che solo rendono umani gli umani.
E poi, come sempre, lasciarsi prendere dalla tua scrittura, così simile alla poesia!
“Anche la ghiaia pareva aver capito e se ne stava quieta nell’argilla.”
Starsene quieto il pietrisco, quasi nell’ammirazione di una morbidezza che però avrebbe potuto cambiare la forma, originare un modo altro di agire.
ti abbraccio forte, Zena, cara luce nelle nebbie.
cri
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colfavoredellenebbie ha detto:
Tante cose dette e anche tante cose non dette, fra noi, per un pudore schivo. Forse per questo ho deciso di vivere a sentimenti scoperti. Un abbraccio, cara Cristina.
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melogrande ha detto:
Le mondine di oggi sono i ragazzi precari, sottopagati, umiliati dal dover elemosinare un lavoro qualsiasi, per non parlare degli immigrati, sempre sotto ricatto, se perdi il lavoro perdi anche il permesso di soggiorno.
Solo che oggi nessuno ha la forza, e forse nemmeno le idee, per difenderli.
E’ un tempo triste, Zena.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Sì.
Gli ultimi cambiano nome, colore, ma lo sfruttamento non cambia mai.
Sono tempi senza voce, solo di chiacchiere.
Ciao, Francesco.
Grazie.
z.
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asfodelo50 ha detto:
A Galliate un paese intero lavorava in casa per il maglificio dei marchesi De Gresy…. poi quando questo fallì, fu disperazione e reinventarsi un lavoro… “Non basta avere ragione, bisogna farsela dare….” bellissima pagina!
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colfavoredellenebbie ha detto:
Qui da noi, negli anni ’70, il lavoro arrivava da Carpi, portato e distribuito dalle gruppiste… Donne a tirare nelle macchine di maglieria, e, ancora, donne vecchi e bambini a infilare perline e a sgarzare ricami.
Lavori pagati niente.
Grazie, di cuore, per questo passaggio e per questa ‘memoria’.
zena
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Pattinando ha detto:
Ciao, Zena. La situazione lavoro è drammatica, quello che offrono è sottopagato, difficile rinunciare a non essere trattati da schiavi. In Italia, i lavoratori, quel poco che avevano raggiunto con le lotte dei nonni e padri, è stato cancellato, grazie all’appoggio di Angeletti e Bonanni, lo sfruttamento dei lavoratori, ora è legalizzato.
Baciotto*
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colfavoredellenebbie ha detto:
Sfruttati e condannati a pagare per tutti: quando leggo le cifre dell’evasione fiscale mi viene l’orticaria…
Un abbraccio, caro Patt.
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movingooh ha detto:
quelle vecchie storie, non è vero che non ci hanno insegnato niente.
è che orde di templari si sono adoprate per quarantanni a disimpararci la vita.
la vita non è quella cosa informe che la maggior parte di noi oggi conduce.
la vita è altra. è altrove.
ci lasceremo morire d’inedia, piuttosto che ribellarci?
baci a voi. e cuore.
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colfavoredellenebbie ha detto:
Mai, Rex. proprio mai:)
un abbraccio
zena con L.
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annitapoz ha detto:
Bellissima storia di vita vera! Mi ha ricordato certe narrazioni di mia madre su suo passato. Bravissima!
Ciao, Annita
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colfavoredellenebbie ha detto:
E grazie anche qui: benvenuta in questo blog.
un saluto sorridente,
zena
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memoriedalpo ha detto:
come una staffetta partigiana…che bella scuola che hai avuto tu…che caro maestro di vita tuopapà
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francesco ha detto:
“Intanto la democrazia si ammala in un gioco di alleanze di potere e di poteri, nella farsa dei favori e della corruzione.”
Vai a risalire alle colpe, al ‘peccato originario’ : quello che mi dà più fastido e che mi fa venire l’orticaria, come dici tu, è che anche quelli in cui si poteva/voleva credere hanno i loro scheletri negli armadi. E trovano sempre giustificazioni nei giochi di alleanze di potere e di poteri… Non oso pensare al futuro delle mie figlie
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