Nel paese a ferro di cavallo, con la chiesa in punta e l’argine di dietro, la Matilde e Bigìn erano due vecchi con diverse preghiere.
Lei prendeva la messa dell’alba, anche d’inverno, con la neve di grana grossa e leggera.
Metteva gli orecchini d’ingranata per mangiare il suo Cristo.
Lui aveva mani cotte di pane, ossa magre e gentili, pensieri grandi come il mare. La domenica, al tocco, era con la moglie fino sul sagrato, la guardava sparire dietro la porta scura, e, fuori, seduto fra i bossi e la mortella, dava voce al suo Valdo: “ La vita è oceano, non seguite le guide cieche, i preti sono uccellacci neri. Lux lucet in tenebris. Seguite la lampada del Cristo: sette stelle ha nella sua mano. Siate poveri insieme ai poveri. Solo la croce unisce…”. Salutava così chi entrava in chiesa.

Poi, all’ ‘andate in pace’, la vecchia usciva, con l’incenso addosso, contenta della sua ostia benedetta, si toglieva lo scialle, copriva le spalle del suo uomo, se c’era freddo, e lo lisciava bene.
Senza una parola, dritta e impettita, andava a casa.

L’onda della voce intanto si perdeva.