Qui come altrove, c’è la donna che a volte s’addormenta col braccio sopra la coperta, la spalla sinistra tutta esposta al buio. Sempre pensa, la sera, che il sonno tarderà. La mano, intanto, liscia il raso: è il gioco di quando era bambina e fingeva di carezzare il mare, quasi a cercare un fresco di onda nella stoffa. Ma adesso il sonno arriva all’improvviso e il braccio non fa in tempo a rientrare: resta fuori dalla porta del tepore. Ne approfittano i sogni, quelli neri, che s’arrampicano su su, fino alla spalla. Raccontano di acqua sporca e grigia, di scale a precipizio, senza più gradini, e di perle che si fanno lacrime sgranate. Soffiano sensi  di perdita e abbandono.

L’uomo che dorme lì vicino sente il dolore di quei sogni. Aggiunge una coperta  sulle spalle, per  non  svegliarla, e aspetta che il respiro torni quieto.